PERVERSO è CIÒ
CHE SI VIVE MALE
«Agli esordi quando nelle mie canzoni parlavo liberamente e con ironia di sesso, sono stato in un certo senso escluso dal mainstream musicale. Eppure non mi sono mai sentito una vittima, piuttosto un privilegiato, perché questa esclusione mi ha reso ancora più indipendente. Ora, so che il paragone è forzoso ma credo che valga un po’ lo stesso per la comunità LGBTQI. I pregiudizi, il moralismo, la paura di tutto ciò che si presenta come diverso li ha esclusi, ghettizzati, e questo li ha resi più liberi, meno moralisti, bacchettoni e ipocriti. Perché ogni tipo di emarginazione se è vero che fa soffrire, è altrettanto vero che ti dà un’opportunità di evolvere e migliorare. L’uomo medio associa l’omosessualità alla perversione? Ha ragione, è vero! Perché la trasgressione appartiene all’indole umana e quindi anche a lesbiche, gay, bisex, transgender e intersexual. Siamo tutti sulla stessa barca, l’unica differenza è tra chi mente, predica bene e razzola male, e chi si accetta e vuole essere accettato per come è.
Io penso che oggi il concetto di perversione si sia del tutto smaterializzato. Credo che perverso sia ciò che vivi male, e cos’è la cosa che oggi si vive peggio? I sentimenti. Sono loro la cosa più difficile, perché fanno paura: a chi li prova e a chi li riceve in dono. Si è sempre meno capaci di mostrarli e sempre più spaventati quando ci arrivano addosso. Il sesso invece non è più un problema per nessuno, eppure parlarne pubblicamente è ancora un tabù. O meglio, è di nuovo un tabù. Quando ero ragazzo, si parlava molto di più di quello che riguardava la sessualità: dall’aids alla contraccezione. Oggi tira aria di neomoralismo, che purtroppo poco ha a che fare con la morale nel senso nobile del termine. Di quella ce n’è sempre bisogno».