Cucino Io. Dessert per negati
Non prevede cottura ma solo assemblaggio: il tiramisù è sempre un successo.
IL GRANDE GASTRONOMO Brillat Savarin scrisse: «On devient cuisinier mais on naît rôtisseur». È vero, rosticceri si nasce mentre cuochi si diventa. E io stesso che rôtisseur non nacqui, cuoco lo sono diventato. Tanti altri dicono: «On devient ou pâtissier ou cuisinier», ma io i dolci non li ho mai amati, quindi preferisco cucinare e di dessert ne faccio ben pochi, il minimo sindacale, ed esclusivamente quando faccio una cena formale (perché se è meno formale chiedo a qualcuno degli ospiti di portarlo), altrimenti via con la frutta e le macedonie, che adoro. Per soprammercato, amo talmente il salato che in un ristorante assaggio più piatti possibili (anche se vado solo per piacere, per giudicare devo molto assaggiare, è il mio mestiere, o forse una deformazione professionale…) e quindi a fine pasto non gusto i dolci, e la cosa non mi crea problemi. Evidentemente da piccolo sono stato spaventato, e tanto, da una confezione di zucchero…
Questo detto, quando proprio devo fare un dessert, nove volte su dieci la scelta cade sul tiramisù. Perché piace a tutti, ma soprattutto perché non prevede cottura ma assemblaggio di ingredienti solo manipolati, e a manipolare sono bravo. È anche facile da fare: per il cibo salato le ricette complesse non mi spaventano, ma per i dolci sì. Insomma, cosa chiedere di più?
È UN DOLCE di grandissimo successo messo a punto molto di recente, di cui tanti rivendicano la primogenitura, fra Friuli, Trevigiano e anche Venezia , e le varianti sono parecchie. A me parlare di primogenitura di un piatto fa venire l’orticaria, dato che sono convinto che tutte le ricette appartengano al mondo, a chiunque cucini in tutto il pianeta, se poi li sa fare bene è meglio e se usa ottimi ingredienti è meglio ancora. Comunque il mio amico Alessandro Marzo Magno, gran segugio di biblioteche (una virtù pochissimo italiana…) sostiene che mentre i friulani sono stati bravi a trovare e a pubblicare documenti che fanno pensare che l’hanno inventato loro, i trevigiani si sono molto lamentati ma hanno poco scavato nei loro archivi, mentre i veneziani, minoritari in questa gara, hanno cercato ancor di meno. Altro dibattito è quello sul nome del tiramisù. Dato che comunque corroborante è, evidentemente serviva a smorzare la stanchezza, che fosse provocata da un duro viaggio, da un duro lavoro o da altre dure attività.
LE VARIANTI sono tante, inutile e forse impossibile elencarle tutte, ma questo è il bello della cucina: chiunque può interpretare un piatto come vuole, senza fossilizzarsi in canoni che peraltro non esistono. Più che mai resta valida la celebre frase del compositore austriaco Gustav Mahler che dice: «Tradizione è conservare il fuoco, non adorare le ceneri». Ho sempre cercato di tradurre questa frase in linguaggio corrente, ma non è possibile, è troppo perfetta. Vale per la cucina, vale per tutto.