Edoardo Modenese. E la sua arte astratta
Con Act 1 – Manifesto Edoardo Modenese si presenta al pubblico con le sue opere emozionali in una mostra-evento che dura tre giorni.
LA REAZIONE VERSO «la gente, il conformismo, la celebrazione del brutto, l’instagrammabile, il politicamente corretto, il “being nice and polite”» e contro «un sistema in cui qualcuno pensa per noi mentre qualcun altro forma le nostre opinioni» può portare un 20enne a chiedersi «che cosa farò da grande?». A questa domanda dal 7 al 9 novembre 2019 risponde Act 1 - Manifesto, prima mostra di Edoardo Modenese, presso Amy-d Arte Spazio di Milano. «I miei quadri sono una risposta possibile a questo sistema e a questo modo di pensare che è arrivata nel momento in cui dovevo decidere chi ero veramente». Già, chi era? Il suo percorso poteva generare una simile confusione. Nato ad Alba nel 1992, vive a Milano dove frequenta la scuola inglese, dalla primaria al liceo. Si appassiona talmente all’arte da trascurare le altre materie e, quindi, alla fine del percorso scolastico la scelta sembra logica: il Chelsea College of Arts a Londra. «Ma prima volevo prepararmi e quindi decido per l’Art and design foundation diploma (un mezzo della scuola inglese per aiutare gli studenti a scegliere lo studio specialistico, ndr)». Due colloqui superati, al London College of Fashion per Footwear Design e al Central Saint Martins per Industrial Design. È il 2012, Edoardo ha 20 anni ma già intuisce che quella della moda non sarà la sua strada.
Due vividi occhi scuri che tradiscono la discendenza da Ruth, la nonna materna uruguaiana che «è arrivata ad Alba negli anni Sessanta ed era l’unica a portare i jeans rossi: è diventata la mia luce e la mia guida», Edoardo è nato in una famiglia che da decenni lavora nella comuncazione. Il prozio Beppe non è solo il capostipite della professione delle pubbliche relazioni in Italia ma è anche tra i massimi reponsabili della nascita del sistema della moda italiano così come lo conosciamo oggi. Il padre Rinaldo ha formato la coppia dei giovani Modenese&Modenese (con suo cugino Alessandro) che, nata nello studio di Beppe, ha poi percorso in autonomia la sua strada a partire dagli anni Novanta. Edoardo, invece, la moda la sfiora soltanto. A Londra, città multiculturale e inclusiva ma dove ci si può sentire soli seppure circondati da molta gente. «In quel momento l’arte mi si ripresenta come una salvezza. Capisco che cercavo di dare una funzione agli oggetti che invece immaginavo come opere d’arte: stavo trasformando i lavori che dovevo preparare per le lezioni all’università, che detestavo, in
qualcosa che potessi amare. È stato un attimo, un’intuizione. Succede tutto in poco tempo: taglio i ponti con le persone che frequento da anni e cerco la forza per poter essere indipendente. Decido di accettarmi per quello che sono veramente e recupero quello che ero anni prima, quando con la scomparsa di mia nonna ho subito un vero stress emotivo e l’unica cosa che mi dava serenità e di cui andavo fiero era la mia arte. Così ricomincio a creare le mie opere e decido di tornare a vivere a Milano».
Un percorso del tutto originale che sfocia in un’arte altrettanto originale. Le opere di Edoardo Modenese, infatti, non rientrano nella definizione di arte figurativa («che cosa si può dipingere ancora dopo Caravaggio?» dice) ma nascono da un superamento delle distinzioni tra pittura, scultura e prodotto industriale. Sono tridimensionali ma non sono sculture e nascono da «un’esplorazione spaziale» prendendo ispirazione dal corpo umano nella sua forma astratta, dalla natura e dalla luce.
E così si arriva a questa prima mostra. Un traguardo che prende il titolo di Act 1 - Manifesto e che comprende un progetto e un programma. Un manifesto appunto. «La mia arte reagisce alla cultura in cui viviamo e in cui siamo bombardati da immagini e la celebrazione del conformismo è più importante della ricerca del nuovo. Uso materiali adatti a superare la bidimensionalità per creare un’arte che gioca con la percezione sensoriale e nasce dal movimento: astratta ma evocativa, in cui chi guarda viene coinvolto in prima persona. Uso tessuti sintetici che sono molto contemporanei, un materiale utilizzato per indumenti e che ha praticamente preso il posto del cotone». Edoardo usa questo materiale colorato per ricoprire forme di geometrie solide che poi riveste con un tulle sintetico nero. E in realtà è come se dipingesse perché crea prospettive, profondità, chiaroscuri. Cioè, in sintesi, crea emozioni.
«Siamo abituati ad associare il tessuto all’abbigliamento: è divertente vedere la situazione al contrario perché sai che il tessuto si può toccare ma non lo fai perché, appeso al muro di una galleria, diventa un’opera d’arte. Allora il mio gioco è quello di spingere chi guarda a toccare con gli occhi» dice Edoardo. Che è cosciente di non fare arte concettuale ma di reagire a un appiattimento attraverso la reazione dell’istinto e dell’emozione. «Voglio trasmettere serenità e purezza in un mondo caotico in cui la concentrazione non esiste più perché è stata rapita dall’algoritmo dei social network». E questo, senza idealizzare un’immagine di bellezza perché «la mia è una ricerca del nuovo in una visione assolutamente pragmatica. Ecco perché ho aggiunto la parola “manifesto” al titolo della mostra». Intanto, le opere costruite con una base in materiale plastico rigido e ricoperte in lycra costruiscono una realtà diversa proprio perché è cangiante, provocano la reazione dello sguardo «che cambia per ogni persona e muta nella percezione di una stessa persona» conclude Edoardo che nella luce dell’occhio curioso sembra prevedere una possibile reazione alla sua mostra. «Mi sto mettendo in vetrina. Quale sarà la reazione?». Si può già azzardare la risposta: nel mondo caotico che ha perso la cultura dell’eccitazione, le superfici mosse, cangianti e astratte di Edoardo Modenese possono catturare lo sguardo e regalare una pausa di riflessione. La stessa in cui l’artista preparerà l’Act 2.
«VOGLIO ESPRIMERE GIOIA IN UN MONDO CAOTICO IN CUI LA CONCENTRAZIONE È STATA RAPITA DALL’ALGORITMO DEI SOCIAL NETWORK»