Portfolio Arizona Muse. Più che apparire bisogna agire
SONO LE 13 e una luce leggera filtra dai lucernari dello studio fotografico di Rankin nel cuore di Kentish Town, a Nord di Londra. Intenta a mangiare un’insalata cercando di non sbavarsi il trucco c’è Arizona Muse, modella statunitense cresciuta a Santa Fe, che dopo aver calcato le più famose passerelle al mondo da quattro anni a questa parte si è data al sociale, appassionandosi di ambiente e sostenibilità. La ragazza che a 22 anni si era trasferita dal Massachussetts, dove viveva con sua madre, a New York, dandosi sei mesi di tempo per sfondare («se non ci fossi riuscita, avrei lasciato perdere il mio sogno), oggi a 31 anni appena compiuti si divide tra eventi mondani, due figli (Nikko dieci anni e Cy, uno, ndr) e una missione ecologista: è ambasciatrice dell’associazione Synchronicity Earth che tutela la biodiversità ed è attivamente coinvolta in realtà che mirano a sensibilizzare i brand di moda portandoli verso una produzione più green, come The Sustainable Angle, Fashion Revolution ed Eco Age, agenzia di consulenza e comunicazione a servizio della sostenibilità fondata da Livia Firth. «Vorrei riuscire a cambiare le cose e fare davvero la differenza per il pianeta. Mi piacerebbe lavorare come consulente per brand di moda e di design, partecipare attivamente al processo di produzione, provare a cambiare i sistemi con cui vengono realizzati abiti e oggetti».
Non è troppo tardi per salvare il pianeta? La terra ci insegna da sempre una grande lezione: la resilienza. Mi rendo conto che può essere deprimente a volte leggere le notizie di ciò che succede nel mondo – foreste che bruciano, ghiacciai che si sciolgono, oceani inquinatissimi –, ma sono certa che se tutti ci impegniamo nel nostro quotidiano ci sarà ancora speranza di un mondo migliore in grado di accogliere le future generazioni.
Da dove inizierebbe? Dal migliorare il nostro stile di vita, utilizzando meno plastica, scegliendo prodotti biologici per la lavatrice e le pulizie domestiche e consumando cibo a chilometro zero. Per non parlare di quello che si può fare per l’aria: se riducessimo le emissioni di gas inquinanti ci esporremmo a molti meno rischi e la nostra salute ne gioverebbe. Di cose da dire ne avrei tantissime, vi servirebbero 20 pagine per raccoglierle tutte...
Vivi a Londra che è una metropoli, come riesci a vivere green? Ci provo. Evito le confezioni in plastica per quanto possibile e preferisco i panetti di sapone. Tutti i prodotti che scelgo sono naturali, faccio la spesa in piccoli negozi e quando posso vado nelle campagne inglesi, dove trovo carne, frutta e verdura da fattorie biodinamiche.
Non mangia pesce? No, i mari sono inquinatissimi e tossici, non potrei mai.
Anche nella moda è in corso una rivoluzione green. Chi sono i suoi stilisti preferiti? Amy Powney di Mother of Pearl prima di tutti: è un vero genio e ne sa tantissimo in materia. Poi, Ganni, Lilian von Trapp e Officina del Poggio, una pelletteria bolognese con cui ho anche collaborato per creare una capsule collection di borse sostenibili.
Quando un brand può dirsi sostenibile? Deve prima di tutto utilizzare i giusti materiali e metodi di produzione. Spesso si fa confusione tra sostenibile ed etico: un’azienda può pagare adeguatamente i propri lavoratori senza sfruttare la manodopera ma non avere un impatto positivo sull’ambiente per la maniera in cui crea le
«NON POTREI MAI MANGIARE PESCE: I MARI SONO TROPPO INQUINATI»
Figlia di un mercante d’arte americano e di una psicologa inglese, Muse ha due figli: Nikko
dieci anni e Cy, uno.
ABITO IN MAGLIA, GENNY
«NON CONFONDIAMO ETICA E SOSTENIBILITÀ: NON SFRUTTARE I LAVORATORI NON SIGNIFICA SALVAGUARDARE L’AMBIENTE»
collezioni, e allora siamo punto e a capo. Essere etici è indubbiamente positivo, ma per salvare il pianeta è fondamentale essere sostenibili.
La fast fashion spesso non è né etica né sostenibile. Come si pone al riguardo? Se potessi la farei sparire. Provi a pensare a quanti capi non compreremmo tra una generazione e l’altra se mia figlia ereditasse una giacca che io ho portato per 30 anni e a sua volta la desse poi a sua figlia. Certo, mi rendo conto che perché tutto ciò avvenga è importante che i brand rivedano le loro tecniche di produzione e creino abiti con materiali molto più durevoli nel tempo. Sembra impossibile ma non lo è. E sicuramente è utile anche educare le nuove generazioni al riutilizzo. Vintage è bello.
Quali sono i suoi consigli per scegliere cosa è meglio comprare? Guardare l’etichetta, capire quali materiali sono stati usati. È importante accertarsi che per produrre un capo non vengano utilizzate sostanze chimiche, o che quanto meno queste ultime siano riciclate. I prodotti in cotone organico, ad esempio, sono una scommessa sicura perché si tratta di un materiale che quando ha fatto il suo corso si decompone e non danneggia l’ambiente.
Mamma, modella e attivista: come fa a fare tutto? Separo molto le cose. Nel weekend per esempio non lavoro e mi dedico esclusivamente ai bambini. Cerco di non stare mai troppo al telefono e se mi accorgo di farlo mi do un tempo limite e poi lo rimetto giù. Ogni mattina preparo loro la colazione e quasi ogni sera ceniamo insieme. Gli anni volano velocemente e tra non molto tempo so che rimpiangerò i momenti che non ho passato con loro.
Come trasmette ai suoi figli l’impegno per l’ambiente? Insegno loro tutto ciò che imparo io. I bambini sono così logici, comprendono sempre subito quali sono le priorità, a differenza degli adulti. Nikko poi è curiosissimo e il suo modo di pensare è così netto, definito e immediato. Per lui è assurdo che gli oceani siano stati inquinati per mano dell’uomo, non si spiega come sia stato possibile.
Quali sono i suoi hobby? Amo la maggior parte degli sport, dalla corsa al pilates allo yoga. Quando ho tempo partecipo a corsi sulla sostenibilità: ne ho appena concluso uno molto interessante all’università di Cambridge. Poi amo la lettura. Ogni giorno (o quasi) leggo il Financial Times.
Che idea si è fatta della Brexit? Che sia stata e continui a essere un’enorme perdita di tempo. Centinaia di giornali e milioni di persone pongono l’attenzione (e spendono soldi) per parlare di una situazione la cui importanza è irrisoria se pensiamo a problemi come la deforestazione, il surriscaldamento globale, le piogge acide... Mi dispiace prendere una posizione così netta, ma la trovo una cosa vergognosa, soprattutto perché, da come è stata approcciata la questione, sembra che tutto il mondo giri attorno al Regno Unito e all’Europa.
Ha mai pensato di lanciare il suo brand sostenibile? Sì, era un’idea che ho portato avanti fino all’anno scorso. Superficialmente la credevo buona, ma poi analizzando meglio la questione ho capito che avrei generato un ulteriore impatto anziché alleggerire il sistema.
E allora cosa farà? Sto lavorando al lancio di un’associazione senza scopo di lucro per raccogliere fondi a sostegno della rigenerazione del suolo, che è uno dei più grandi problemi che abbiamo oggi e di cui molti non sono consapevoli.
«LA BREXIT È UN PROBLEMA CHE HA UN IMPATTO MENO TRAUMATICO RISPETTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO»