Style

Tubero eclettico

Nutrienti e fusion ante litteram, le patate sono all’origine del gattò.

- CUCINO IO DI ALLAN BAY FOTO DI FEDERICO MILETTO - STYLING DI VERONICA LEALI

UNA PREMESSA, perché quando si parla del gattò una precisazio­ne va fatta subito: il nome (bellissimo!) non c’entra con gli amati felini, è una traduzione in napoletano di gâteau, ossia torta in francese. Sì, il gattò è stato messo a punto dai monzù (traduzione napoletana di monsieur), i capocuochi francesi di ricchi nobili napoletani attivi nel XVIII e XIX secolo e che molto hanno dato alla nostra cucina. La fusion è nata prima di quanto si pensi…

Io amo le patate. Per quattro motivi. Il primo: mi piace moltissimo il loro sapore, di tutte, da quelle standard, le «bintje» – è un cultivar olandese diffuso un po’ dovunque, adatto a tutti gli usi – a quelle (poche) di montagna ancora prodotte, dalle ottime «ratte» francesi alle ancor migliori peruviane quando le trovo (ma sono rare, ahimé).

Il secondo: ho letto e studiato (ci ho fatto una tesi in Storia economica) quanto le patate sono state importanti nella storia dell’alimentazi­one. Hanno da sempre ben nutrito l’area andina, dove sono state domesticat­e circa dieci mila anni fa, e, dopo la scoperta dell’America, la loro diffusione in Asia orientale, Europa e infine nel resto del mondo è stata il primo motore della rivoluzion­e agricola che ha permesso di sconfigger­e la secolare fame, dato che le patate si sono aggiunte ai cereali ma essendo coltivate in terreni diversi non hanno rubato spazio a questi. Rispetto assoluto, quindi.

Il terzo motivo: sono un ingredient­e che più eclettico non si può, si sposano bene con tutto arricchend­o senza prevaricar­e.

Infine, sono il mantra che cito sempre quando mi chiedono se io sia favorevole o meno all’introduzio­ne, nella cucina italiana ed europea, di ingredient­i di altre tradizioni: non posso che essere favorevole dato che amo le patate. Pochi capiscono al volo ma questo è un colpo ben assestato per tutti quegli sciovinist­i alimentari e non che ahimé prosperano nel nostro Paese. Fra tutte le ricette di patate quella che amo di più è proprio il gattò.

C’È ANCHE UN MOTIVO DI FAMIGLIA . Il nonno materno, Arturo, napoletano, che viveva a Milano e si era sposato con Irma, biellese, era un bravissimo cuoco amatoriale (di mestiere invece allevava levrieri da corsa). Io purtroppo non l’ho conosciuto, dato che è morto prima che nascessi, però nonna e mamma lodavano i suoi piatti, fra i quali il più amato da loro era il gattò, che mi magnificav­ano pur senza saperlo rifare. È così che ho incomincia­to ad amare questa ricetta ancor prima di assaggiarl­a... Inoltre è veramente eclettico, il che per me è un valore importante: è nobile, borghese e popolare allo stesso tempo, è al contempo antipasto, primo e secondo ma anche piatto unico, e per chiudere è facile da fare. E poi mi piace la sua anima franco-napoletana: sarà che adoro il meticciato…

Lo faccio molto spesso, credo almeno una volta al mese, e ne godo sempre. E se lo trovo in carta in un ristorante, quasi inevitabil­mente lo ordino.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy