Style

QUANDO L’AVANGUARDI­A INVENTÒ L’ABITO SENZA GENERE

Con la tuta Varst, Varvàra Stepànova e Aleksandr Ròdcˇenko immaginano la divisa della Rivoluzion­e e con Popòva, Èkster, Goncˇarova, Rozanova e Malevicˇ elaborano un ideale meccanico del corpo e del suo rivestimen­to. Dando inizio allo stretto rapporto che

- DI MARTINA CORGNATI

VARST È LA FIRMA di Varvàra Stepànova, protagonis­ta delle Avanguardi­e russe e fondatrice del Costruttiv­ismo sovietico insieme al suo compagno Aleksandr Ròdcˇenko. Ma Varst è anche il nome della tuta «T shaped» concepita da lei intorno al 1920 per diventare l’abito nuovo per l’uomo nuovo, l’operaio, un’entità inedita, uscita fresca fresca dall’uovo della Rivoluzion­e d’Ottobre. Rigorosame­nte unisex, Varst presenta tagli netti, maniche dritte, pantaloni altrettant­o dritti, tasche dal taglio obliquo, una scollatura semplice e cintura dello stesso tessuto da stringere e annodare in vita. Non è certo sexy ma è pratica, lineare, l’abito perfetto per il futuro che si voleva costruttiv­ista e operaio. La moda infatti, intesa in senso molto ampio come design, produzione e invenzione di accessori, vestiti e costumi teatrali, ha rivestito un ruolo importante nella creatività russa e sovietica, soprattutt­o fra i gruppi suprematis­ti e costruttiv­isti, cioè i più radicali. Le ragioni di questo sono in parte storiche, in parte politiche: alla fine del 1800 nelle immense distese della taiga vengono fondate diverse colonie artistiche, spesso finanziate da nobili illuminati,

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