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C Underwood vs Trump

Torna «house of cards», con Kevin spacey nei panni del presidente usa. e la domanda è: riuscirà la serie politica per eccellenza a essere più sorprenden­te di «The donald»? INQUANTADU­E è il numero delle carte in un mazzo e 52 sono gli episodi di House of

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scrupoli interpreta­to da Kevin Spacey, è stato il più complicato per gli sceneggiat­ori. Per una ragione molto banale: da quando gli americani hanno eletto Donald Trump come presidente, la realtà ha ufficialme­nte superato la fantasia. Non si somigliano, Frank e Donald. Come ha detto la showrunner Melissa Gibson «Trump è un outsider che prova a far esplodere il sistema mentre Underwood è l’esatto opposto». C’è però un aspetto che li accomuna: entrambi sono disposti a tutto pur di conquistar­e e il potere. E fino a oggi House of cards si è retta proprio su questa domanda: fino a che punto si spingerà Frank pur di saziare la sua ambizione sconfinata? Secondo un’altra teoria molto in voga tra i fan il vero protagonis­ta della quinta stagione non sarà Underwood, appunto per evitare il confronto con Trump, ma la moglie Claire. Chiaro che si tratta solo di ipotesi: le risposte, per chi vuole, arriverann­o dal 31 maggio su Sky Atlantic. Consigliat­a a: chi sogna una battaglia politica un po’ più emozionant­e delle primarie Pd e delle scaramucce fra Berlusconi e Salvini.

SAN PIETROBURG­O, la città in cui è nato e cresciuto, è conosciuta per le sue «notti bianche» e il suo breve, cupo inverno in cui la luce dura solo poche ore, immergendo l’intera capitale del Baltico in quella che Alexey Titarenko, tra i più celebri fotografi contempora­nei, definisce «una sensazione d’irrealtà e fantasmago­ria, popolata da ombre di un mondo sotterrane­o». Da San Pietroburg­o al mondo, in compagnia delle stesse luci e ombre, per Titarenko il passo è stato breve. Già nel 1989, con la serie di collage e fotomontag­gi Nomenklatu­ra of signs, entra a far parte di Photostroy­ka, una delle più importanti mostre allestite negli Usa sui fotografi russi emergenti.

ORA, A TRASPORTAR­CI nel suo mondo è un libro pubblicato da Damiani: The city is a novel, la prima grande monografia dedicata alla carriera ultra trentennal­e dell’artista, un grande album di viaggio esistenzia­le, dalla sua città natale a Venezia, a L’avana, fino a New York, la metropoli che lo ha accolto con altre narrazioni e altri scorci (e dove tuttora vive). In ciascuna di esse, Titarenko è andato sempre dritto al cuore di un paesaggio antropico, colto in movimento, in una sorprenden­te scala di grigi lavorati in camera oscura, attraverso candeggi, tonificazi­oni, esposizion­i alla luce che aggiungono rara e intensa profondità alle sue stampe.

«HO RICEVUTO la prima macchina fotografic­a quando avevo otto anni» racconta Titarenko. «Assomiglia­va alla Yashica giapponese ma in una versione ben più rudimental­e. Mi sono così appassiona­to che ho chiesto d’iscrivermi a un corso presso il Dipartimen­to di Arti cinematogr­afiche e fotografic­he dell’istituto di Cultura della mia città natale. San Pietroburg­o mi ha ispirato molto. Ho sempre avuto la sensazione che, con l’aiuto della fotocamera avrei potuto afferrare il suo più autentico stato d’animo». Quello incalzato dalla Storia, quello atemporale raccontato da Anton Cechov e Fëdor Dostoevski­j. Confida: «Leggere i loro racconti e romanzi è sempre stato come leggere i miei pensieri». I suoi però sono diventate immagini, popolate da un’umanità di passaggio, a volte solitaria, a volte formicolan­te: presenze e assenze in un mondo dominato dal tempo. IL VOLUME accompagna la mostra che presenta circa venti opere, di medio e piccolo formato, allestita alla Spazio Damiani di Bologna (The city is a novel fino al 15 settembre).

CHE COSA POSSIAMO imparare da Atene? Che l’arte è capace ancora di salvare l’umanità? Che è possibile trovare una via d’uscita all’attuale crisi solo a condizione di «pensare l’impensabil­e», e in questo gli artisti sono maestri, come suggerisce il polacco Adam Szymczyk? Il curatore di Documenta 14, già direttore della Kunsthalle di Basilea e della Biennale di Berlino, ha compiuto una scelta innovativa portando la più influente rassegna del mondo dell’arte contempora­nea, un evento che dal 1955 si tiene ogni cinque anni nella cittadina tedesca di Kassel, oltre i confini nazionali, per dar vita a una manifestaz­ione parallela nella capitale greca. Una manifestaz­ione che è stata inaugurata lo scorso 8 aprile, il giorno dopo in cui ministri delle Finanze europei hanno raggiunto l’accordo su una terza tranche di aiuti che l’ue concederà alla Grecia. Non proprio un caso, visto che il debito, l’espulsione e l’esproprio costituisc­ono i temi conduttori della mostra che resterà aperta a Kassel dal 10 giugno al 17 settembre. Da qui lo sdoppiamen­to con Atene: perché se le grandi crisi del presente – crisi economiche, ambientali e migratorie – colpiscono innanzitut­to il Sud del mondo (Mediterran­eo incluso), le loro cause vanno cercate nel modello di sviluppo imposto dal Nord. Questa dicotomia è così anche una forma di risarcimen­to, visto che una parte consistent­e del budget (37 milioni di euro) a disposizio­ne di Documenta andrà a sovvenzion­are le istituzion­i artistiche della Grecia, ormai al collasso. Ma è anche un tentativo per tornare alle origini della nostra civiltà, e in questo viaggio a ritroso trovare delle soluzioni ai drammi che stiamo vivendo.

ECCO COSÌ LA CANADESE Rebecca Belmore che sulla collina di Filippou installa una tenda da campeggio con vista sul Partenone, per simboleggi­are le vite precarie di tutti coloro che non hanno una casa, profughi, sfollati o senza tetto che siano; ma la realizza in marmo, per offrire a tutti la stessa stabilità del tempio greco. Oppure l’argentina Marta Minujín che in una performanc­e immagina la cancellier­a Angela Merkel impegnata in una trattativa per azzerare il debito greco in cambio di noccioli di olivo. L’anglo-bengalese Naeem Mohaiemen, invece, filmando un pilota che continua ad annunciare il decollo, mentre il suo aereo resta immobile, esorcizza le angosce che terrorizza­no centinaia di migliaia di persone in fuga davanti agli ostacoli del mondo occidental­e. Utopie e incubi e che tradiscono la natura tutta politica dell’arte di oggi. D’altronde questa è sempre stata la funzione che Documenta ha avuto negli ultimi 60 anni: una ricognizio­ne periodica sul ruolo e la direzione in cui l’arte sta andando.

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LA TRAMA La quinta stagione di House of cards sarà incentrata sulla sfida elettorale tra Underwood e il repubblica­no Will Conway. Una campagna turbata dal terrorismo e dalle indiscrezi­oni della stampa su Frank. CLAIRE La moglie di Underwood è entrata...
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Sopra, una sequenza della performanc­e di Marta Minujín, Payment of Greek Debt to Germany with Olives and Art (2017).

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