San Felice Circeo
Un romano torna nel luogo di villeggiatura di tutta la vita. Con un bagaglio di sociologia, ricordi, cinema. E un occhio da reporter.
Da Roma ci sono più o meno 100 km: per molti il Circeo è il luogo di villeggiatura di tutta la vita. Per il fotografo romano, laureato in Sociologia e appassionato di cinema e musica, una miniera di memorie e di malinconie anni Sessanta. «Mi sono concentrato sugli aspetti un po’ marginali di questa località turistica, ripercorrendo i posti meno noti. Ho cercato in ogni modo di evitare l’effetto Pro Loco». Compiendo così una sezione trasversale dell’intera zona: dalle aziende agricole fino al bagnasciuga.
S econda casa e luogo di villeggiatura di tutta la vita per molti romani, compreso l’autore delle foto di questo servizio: il Circeo. «Come tutti i posti di mare ha un fascino incredibile d’inverno, così carico di quella malinconia degli anni Sessanta che si ritrova nel lavoro dei vari esponenti dell’architettura mediterranea che hanno abbellito il versante Sud del promontorio, il cosìddetto Quarto Caldo, a pochi passi dai resti delle mura ciclopiche dell’acropoli, con le loro tipiche costruzioni in calce bianca e infissi verdi. Ma la campagna di San Felice è anche terra di coltivazioni intensive, che proprio nel periodo tra aprile e maggio impegnano molte persone nella raccolta nei campi. Un fermento sintomatico di un territorio e di una popolazione tipicamente votata al lavoro fin dai tempi delle bonifiche mussoliniane» (come ben raccontato nel romanzo Canale Mussolini ,di Antonio Pennacchi). «È questo spirito, complice una ossigenante fuga dai ritmi di lavoro del mio studio» (D’amico, 40 anni «ma senza barba ne dimostro 25», lavora a Roma, prevalentemente per la moda) «che mi ha spinto a esplorare luoghi cui il turismo estivo è indifferente, e in cui ci si può ritrovare totalmente soli anche per parecchie ore. Una sorta di sospensione temporale, da eterno presente, che ho voluto ricreare nei miei scatti. Nei quali il soggetto non è mai l’essere umano, ma l’eco della sua presenza. Dietro alla presunta oggettività della scena, lo sguardo su un luogo per me carico di tante memorie è volutamente distaccato». Uno sguardo indagatore che a ben vedere rivela più di una traccia di quegli studi di Sociologia che D’amico ha compiuto. Prima di ritrovarsi, al bivio tra le passioni per il cinema e la musica, con una macchina fotografica in mano. (p.a.c.)