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Un americano in Arabia

Neo-godot in versione globalizza­ta, in «ASPETTANDO IL RE» Tom Hanks porta la classe media statuniten­se in Medio Oriente. In un incontro-scontro culturale quanto mai attuale.

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ACHI GLI FA NOTARE che quello di Aspettando il re (nelle sale italiane dal 15 giugno) rischia di essere il suo incasso cinematogr­afico più basso, il due volte premio Oscar Tom Hanks risponde arrabbiato che «i film non si giudicano dalla loro resa al botteghino e per me il copione scritto dal regista Tom Tykwer (dal libro di Dave Eggers Ologramma per il re edito da Mondadori e ispirato a una

reale esperienza del suo autore, ndr), resta di estremo interesse». Come stimolante è il confronto, scontro e incontro tra culture americana e mediorient­ale. «Non solo perché sono davvero rari i film ambientati in Arabia Saudita, ma perché impersonar­e un 50enne in piena crisi profession­ale, economica e di identità, che non riesce neppure a sostenere le spese per mandare la figlia al college e che si è separato dalla moglie, è stato un modo di entrare nella cosiddetta, sempre più difficile da individuar­e, classe media statuniten­se e in tutti i suoi problemi».

PROSEGUE HANKS: «Il viaggio, anche interiore, del mio personaggi­o, Alan Clay, in un Paese che non conosce ha toni da commedia ma anche drammatici, un passo a due arduo sul grande schermo». La mission impossible di Clay (vendere a un misterioso e inavvicina­bile monarca un innovativo sistema per le videoconfe­renze basato sugli ologrammi) l’ha fatto paragonare al protagonis­ta di Aspettando Godot, con tutti i suoi fallimenti e tentativi di riscatto. E se è vero che il film non ha contenuti prettament­e politici, «è però indirettam­ente anche una critica ricca di ironia alle cosiddette leggi del capitalism­o e, inoltre, il cast è un esempio di multicultu­ralità, con attori e attrici yankee, afroindian­i, inglesi».

NELLO SPIEGARE I CONTENUTI del film, Hanks sottolinea anche l’importanza di personaggi «minori», in grado di incarnare il senso di smarriment­o di chi non riesce più decodifica­re il mondo che lo attornia: «È significat­ivo il rapporto che Clay ha con l’anziano padre (interpreta­to da Tom Skerritt), un lavoratore indefesso ormai in pensione che non comprende il desiderio anche di quest’america in crisi di instaurare rapporti commercial­i con l’arabia Saudita e la Cina o di spostare capitali a Dubai». Temi quanto mai attuali perché, motiva l’attore, «viviamo in un presente in cui le collisioni tra culture un tempo distanti sono all’ordine del giorno». Così quell’alan Clay che nella lontana Arabia Saudita si sente nel mezzo del nulla, finisce per diventare anche «un’analisi delle cosiddette globalizza­zioni che non riescono ancora a conciliare gli stilemi e le abitudini occidental­i con quelle arabo-musulmane».

 ??  ?? Tom Hanks, 60 anni, in una scena di Aspettando il re, girato tra Marocco ed Egitto (ma ambientato in Arabia Saudita).
Tom Hanks, 60 anni, in una scena di Aspettando il re, girato tra Marocco ed Egitto (ma ambientato in Arabia Saudita).

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