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Giovane arte canadese

Grazie al premio Sobey, artisti poco conosciuti accedono al palcosceni­co internazio­nale.

- di Martina Corgnati

PRIMA ERANO 25, adesso soltanto cinque. Poi, il 14 novembre, ne resterà uno solo, il vincitore, che si porterà a casa 100 mila dollari canadesi (circa 65 mila euro) e una discreta dose di notorietà internazio­nale, da spendersi ovunque. Il Sobey Art Award, creato nel 2002 dalla fondazione omonima per sostenere la giovane arte canadese, è uno dei più importanti premi del mondo, considerat­i ormai un passaggio quasi obbligato per qualunque new entry che aspiri a espugnare la cittadella del successo mondiale. Molti sono riservati agli artisti di un certo Paese o area e per lo più prevedono un limite di età; ma per tutti la posta in gioco, ben più del denaro, è la piattaform­a mediatica che la vittoria o anche solo la nomination assicurano, e di cui un giovane ha assolutame­nte bisogno.

Il Sobey prende in consideraz­ione solo under 40 di nazionalit­à canadese, riservando una speciale attenzione alle minoranze etniche e alle poco note tradizioni indigene del suo territorio immenso e culturalme­nte complesso: già entrare fra i 25 finalisti assicura un rimborso spese di due mila dollari canadesi e la partecipaz­ione a un programma di «residenze d’artista», mentre i primi cinque partecipan­o a una mostra (quest’anno dal 3 ottobre fino al 10 febbraio 2019 alla National Gallery of Canada di Ottawa).

I loro nomi circolano poco fuori dal Paese di origine ma i loro lavori schiudono paesaggi immensi e situazioni diversific­ate non solo socialment­e ma secondo tradizioni, culture, lingue autoctone e gruppi etnici di cui il Canada è ricchissim­o. «Non abbiamo mai ricevuto tante candidatur­e come quest’anno e ne sono felice»

gongola Josée Drouin-brisebois, senior curator per l’arte contempora­nea alla National Gallery e responsabi­le dei lavori della giuria (cinque canadesi divisi per regioni e un curatore internazio­nale, quest’anno Séamus Kealy, direttore del Kunstverei­n di Salisburgo). «Vogliamo stringere legami con le diverse comunità artistiche e usare il premio come una piattaform­a per un decollo internazio­nale». In effetti, le comunità e le diverse regioni sono tutte programmat­icamente rappresent­ate nel premio.

DEI FINALISTI, Jordan Bennett viene dalla provincia di Terranova ed esplora le possibili connession­i fra lingue, culture locali e alta tecnologia in produzioni che al primo sguardo sembrano «semplici» quadri astratti ma in realtà sono «traduzioni visive» di cultura, paesaggio e conoscenze ancestrali.

Vicina a questi mondi è anche l’affascinan­te Jeneen Frei Njootli, membro del Vuntut Gwitchin Nation dello Yukon settentrio­nale, uno dei luoghi più remoti del grande Ovest. Lei è un’artista multimedia­le, cofondatri­ce del gruppo Rematriate Collective e specialmen­te interessat­a a esplorare l’identità indigena grazie a installazi­oni che spesso includono tessuti, ma anche attraverso performanc­e e altri interventi. Jon Rafman, invece, viene da Montréal e si occupa di internet e sotto-culture digitali, indagando il loro impatto sul nostro immaginari­o e percezione della realtà, includendo nuove possibili progettual­ità e idee ma escludendo anche continuame­nte milioni e milioni di persone forzosamen­te costrette in condizioni «low-tech».

Kapwani Kiwanga è interessat­a alle storie, soprattutt­o quelle che «non si sentono abbastanza», alle memorie e alla possibilit­à di trasformar­le in installazi­oni, performanc­e o film; ha combinato una laurea in Antropolog­ia con un training da regista e il suo lavoro è straordina­riamente originale. Infine, dal grande Nord arriva Joi T. Arcand, membro del Muskeg Lake Cree Nation, specialist­a in collage digitali che difendono lingue autoctone e culture indigene, sempre più assediate dalla contempora­neità avanzata, anche in luoghi così remoti. A prima vista le opere di Joi sembrano figurazion­i coloratiss­ime, quasi iperrealis­te, ma dietro a ciascuna c’è una profonda ricerca nei segni sillabici della lingua cree. E, ovviamente, vinca il migliore….

IL SOBEY PRENDE IN CONSIDERAZ­IONE SOLO UNDER 40 DI NAZIONALIT­À CANADESE CON MOLTA ATTENZIONE VERSO LE MINORANZE ETNICHE

 ??  ?? White Gold:Morogoro, opera di Kapwani Kiwanga, vincitrice l’anno scorso del premio Frieze. Nata in Ontario è di lontane origini africane e vive a Parigi.
White Gold:Morogoro, opera di Kapwani Kiwanga, vincitrice l’anno scorso del premio Frieze. Nata in Ontario è di lontane origini africane e vive a Parigi.
 ??  ?? Ice Fishing del finalista del Sobey Art Award Jordan Bennett: qui l’artista ha unito un’installazi­one (la baracca da pesca) a diverse proiezioni video-audio.
Ice Fishing del finalista del Sobey Art Award Jordan Bennett: qui l’artista ha unito un’installazi­one (la baracca da pesca) a diverse proiezioni video-audio.

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