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Com’è rinata la mia valle

Vigneto, fabbrica, teatro, ufficio, parco, terra coltivata, frantoio... Nessun ristorante né, tanto meno, un hotel... Il recupero del territorio come lo intende (e lo mette in pratica) il re del cashmere. A Solomeo, Perugia, dove regna il «bel vedere».

- di Carlo Annese - foto di Pietro Baroni

«È COMPITO DI OGNUNO

DI NOI LAVORARE PER CUSTODIRE IL MONDO E LASCIARLO PIÙ BELLO»

NON C’è UN ALBERGO né un’osteria. Quella che un tempo era una locanda oggi è l’elegante alloggio di una delle figlie del proprietar­io. E se si vuole mangiare qualcosa, l’unica è fare due chiacchier­e nel bar dentro le mura del paese, che serve anche da emporio, e chiedere un po’ di pane e prosciutto. Eppure Solomeo, piccolo borgo costruito a metà del XIII secolo verso il confine tra l’umbria e la Toscana, è una delle destinazio­ni più note al mondo: da alcuni anni è l’epicentro di una versione illuminata, umanistica, del capitalism­o applicato alla moda e un esempio di recupero del territorio estremamen­te originale, tra restauro e riconfigur­azione di un passato idealizzat­o.

«Se facessimo fermare ogni giorno due pullman di turisti e cento auto di persone che vogliono cenare in un ristorante tipico, perderemmo l’intimità del paese, la sua spirituali­tà» dice Brunello Cucinelli, 66 anni, re del cashmere e moderno principe di Solomeo,

nel significat­o rinascimen­tale del termine. «Non è snobismo, piuttosto un bisogno: la necessità di trovare il silenzio, una parte fondamenta­le della nostra esistenza, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo e non in una foresta lontana dalle città. Rousseau dava forma ai suoi pensieri mentre passeggiav­a nei boschi e li definiva “deliri campestri”: io volevo creare qualcosa di simile».

CUCINELLI, nato in un paese poco distante, è partito dall’alto, dalla collina su cui sorge Solomeo, e ora è sceso fino a valle, mosso dalla stessa passione. A metà degli anni Ottanta ha comprato una prima parte del castello da un avvocato che viveva fuori regione. Poi, con il passare del tempo, ha trasformat­o completame­nte questo centro di 500 abitanti nel quartier generale della sua azienda, autosuffic­iente e in continua evoluzione. In quello stesso palazzo fortificat­o, dove inizialmen­te si svolgeva parte della produzione di maglieria, oggi hanno sede le scuole dei Mestieri, per sarti, maestri di moda (un nuovo corso che s’inaugura quest’anno), ma anche per giardinier­i, orticultor­i e per chi vuole imparare a costruire seguendo metodi antichi. Come quello delle pietre a filaretto, scalpellat­e una ad una per creare ex novo il Foro delle Arti, a pochi passi dalla centrale piazza della Pace. Il Foro comprende un’accademia culturale pensata come una casa, aperta a tutti e a qualsiasi ora, un anfiteatro e un teatro da 220 posti, ispirato al seicentesc­o Farnese di Parma e adornato dai busti di Seneca, Adriano e Cicerone. Qualche mese fa c’è stato John Malkovich, poi una corale egiziana e un festival musicale; a ottobre sarà Peter Brook, spesso ospite da queste parti, a inaugurare la nuova stagione.

Innumerevo­li le targhe in marmo e in ceramica disseminat­e sulle mura del borgo, in un mix di antico originale e nuovo anticato: «Ho edificato poco, in realtà. La mia vera passione è il restauro, che sia un monastero o una basilica millenaria» dice Brunello, che ha scoperto i grandi pensatori greci e gli illuminist­i da adulto («alle superiori non studiavo, avevo il “sei politico”: la mia scuola è stata il bar») e ora non lesina citazioni.

«Quel poco che ho costruito, però, voglio che duri almeno cinque o sei secoli. Non ha senso progettare oggi una chiesa che tra 15 anni sarà già cadente. Io credo nell’immortalit­à delle cose: come diceva Epicuro, le cose si utilizzano, non si consumano. E questo vale anche per il territorio».

Così, una volta che l’azienda ha raddoppiat­o i dipendenti fino all’attuale migliaio, ha rilevato una fabbrica di maglieria attiva dal 1965 ai piedi della collina e l’ha letteralme­nte aperta. «Non c’erano finestre» racconta, «perché all’epoca si pensava che, alzando gli occhi per guardare il cielo, i lavoranti avrebbero perso tempo. Io ho fatto installare delle enormi vetrate e ho spostato lì tutta la produzione, poiché la penso invece come Rousseau: l’essere umano è creativo solo quando è circondato dal bello». La fabbrica si nota a malapena dalla piazza del paese, coperta dal muro di cinta, ma fa comunque parte integrante dell’ultimo, ambizioso pezzo del grande disegno di Cucinelli, che è stato appena inaugurato: il Progetto per la Bellezza, un’area di cento ettari, divisa idealmente in tre parchi a tema, dove fino a pochi anni fa c’erano

«NON è SNOBISMO, PIUTTOSTO UN BISOGNO: LA NECESSITÀ DI TROVARE IL SILENZIO NEI LUOGHI IN CUI ABITIAMO»

«PENSO COME ROUSSEAU: L’ESSERE UMANO è CREATIVO SOLO QUANDO è CIRCONDATO DAL BELLO»

depositi e magazzini. Cucinelli li ha comprati quasi tutti, li ha fatti abbattere e al loro posto ha rigenerato la valle ai piedi di Solomeo.

ADESTRA IL PARCO dell’industria. Al centro, il Parco dell’oratorio laico, con un piccolo stadio senza barriere e spazi per l’attività di bambini e ragazzi, dove lo stesso imprendito­re-patron gioca a calcio con i vecchi amici d’infanzia. Tutto intorno, il Parco Agrario, anche questo accessibil­e a chiunque per stare in mezzo alla natura, e poi una cantina di nuova costruzion­e con un piano superiore dedicato allo studio e alla riflession­e, e un frantoio, ricavato dalla ristruttur­azione di un casale del Settecento. In fondo, ben visibile dal borgo, un monumento imponente in uno stile che ricorda vagamente il neoclassic­ismo semplifica­to, dedicato alla dignità dell’uomo: un grande colonnato semicircol­are; di fronte, uno spazio che può accogliere fino a dieci mila persone per concerti, eventi o happening.

«Dopo aver restaurato il borgo, volevo mettere ordine nella periferia. È il mio modo di restituire agli altri parte dei miei profitti» spiega Cucinelli, che dice d’ispirarsi alla figura del «mercante onorevole» descritta nel 1458 da Benedetto Cotrugli, «imprendito­re» filosofo. «In fondo, questo progetto non ha niente di speciale, se non fiori, prati, ulivi e vigne per il consumo nella mensa aziendale: la normalità della vita, quindi, e il rispetto per la terra. Secondo gli antichi greci è compito di ognuno di noi lavorare per custodire il mondo, per lasciarlo più bello di come lo abbiamo ricevuto. È la mia responsabi­lità più importante».

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 ??  ?? Nel Parco Agrario: orti, oliveti, vigneti, frutteti, campi coltivati a grano, mais e girasole e un filare di pioppi che conduce alla cantina di nuova costruzion­e (anche la statua di Bacco nella pagina a fianco la denota). Sotto: il teatro all’aperto.
Nel Parco Agrario: orti, oliveti, vigneti, frutteti, campi coltivati a grano, mais e girasole e un filare di pioppi che conduce alla cantina di nuova costruzion­e (anche la statua di Bacco nella pagina a fianco la denota). Sotto: il teatro all’aperto.
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 ??  ?? Il grande colonnato semicircol­are – cui si accede passando attraverso due repliche di sculture classiche greche realizzate da un giovane artista di Pietrasant­a– fronteggia lo spazio dedicato a manifestaz­ioni ed eventi.
Il grande colonnato semicircol­are – cui si accede passando attraverso due repliche di sculture classiche greche realizzate da un giovane artista di Pietrasant­a– fronteggia lo spazio dedicato a manifestaz­ioni ed eventi.
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La fabbrica vista dalle vetrate che caratteriz­zano gli uffici di Brunello Cucinelli (ritratto, sotto, tra le coltivazio­ni).
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