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La febbre long haul

- R. P.

La grande corsa al lungo raggio è inziata. La sfida delle major al mondo low

cost, dopo le sferzate sulle rotte a corta gittata, ora si è spostata sul long haul. Ma lo scontro non è solo tra business model: l’altro fronte incandesce­nte è quello che vede fronteggia­rsi le compagnie europee con quelle del Golfo.

In queste settimane, molti dei principali player hanno schierato i propri pezzi sullo scacchiere internazio­nale. In molti casi (ad esempio Lufthansa e Alitalia) agendo anche sulla flotta o addirittur­a, come ha fatto Air France, lanciando un nuovo vettore.

Insomma, il vero diktat del comparto ora appare uno solo: investire. Anche perché negli ultimi tempi, stando alle cifre Iata, i conti del mondo del trasporto aereo nel suo complesso sembrano migliorare.

Un’altra partita importante, poi, si giocherà sulle rotte. Ma su questo i vettori sono ancora al lavoro. Per il momento, due sembrano i punti fermi delle strategie: il lungo raggio e gli impegni economici.

La competizio­ne, ora, si fa serrata: anche perché molti player hanno capito che è arrivata l’ora di innovare i modelli di business, guardando maggiormen­te a quello che sarà il futuro del trasporto aereo. Major europee, vettori degli Emirati e low cost si devono spartire la torta. E nessuno sembra intenziona­to a voler lasciare le proprie posizioni. La caccia alle rotte più promettent­i sembra essere appena iniziata.

Le grandi compagnie aeree europee non hanno più scelta. Per vincere la sfida globale contro la concorrenz­a dei vettori low cost e per rimanere sul mercato insieme ai big player asiatici, soprattutt­o quelli del Golfo, la sola strada è investire. Sembrano davvero averlo capito tutti:o si guarda avanti o si è finiti.

Il caso Alitalia

A cominciare dal mercato italiano, dove Alitalia è alle prese con un nuovo programma che punti concretame­nte a risollevar­e i conti. Del resto il suo presidente Luca Cordero di Montezemol­o lo aveva detto nei giorni scorsi: “Siamo pronti per un nuovo piano”. E le linee guida sembrerebb­ero essere tracciate, stando alle prime indiscrezi­oni, anche se attendono ancora il via libera del cda che dovrebbe riunirsi il prossimo 23 novembre.

Si tratterebb­e di una cura dimagrante piuttosto incisiva per Alitalia, con tagli forti che arriverebb­ero a quota 2mila esuberi. A incidere sul destino del personale della compagnia sarà anche la scelta di mettere a terra tra i 15 e i 20 aeromobili della famiglia degli A320 attivi sul medio raggio. Ma a fare da contraltar­e c’è l'intenzione di rilanciare ulteriorme­nte sul lungo raggio con una stima di 20 nuovi aeromobili in flotta per attaccare il segmento.

La ricetta per vincere

Del resto, anche una grande società di consulenza come McKinsey, alcune settimane fa, lo diceva: una delle ricette per non sbagliare è quella di rinegoziar­e i contratti con i fornitori, comprare nuovi aeromobili e portare in house la manutenzio­ne.

Una ricetta che la società di consulenza ha stilato per i vettori full service europei, stretti nella morsa tra gli aggressivi attori del Golfo e gli ancor più arrembanti player low cost.

Ciò che il big player della consulenza consiglia, in sostanza, è di fare buon uso del tesoretto che le compagnie aeree sono riuscite a mettere da parte nel corso dell’anno, grazie a un ridotto costo del carburante.

Le cifre messe in luce parlano chiaro: a livello di revenue i dati Iata, ripresi da McKinsey, registrano per il 2015 un totale di 718 miliardi di dollari; di questi 478 sono stati costi operativi, mentre solo 181 miliardi sono stati impiegati per il fuel. Ne deriva un avanzo da 59 miliardi che rappresent­ano un tesoro da sfruttare per i vettori europei, tornati ai profitti dopo decenni.

Proprio sui profitti, in diversi hanno già emesso il warning: Iag, Lufthansa, Air France-Klm sono stati solo akcuni dei grandi del Vecchio Continente a lanciare l’allarme.

Una delle principali minacce è innegabilm­ente quella che arriva dal Golfo. Sulla direttrice Europa-Asia i big europei hanno perso il 22 per cento el mercato, dice McKinsey, mentre i big degli Emirati - Emirates, Etihad, Qatar Airways in primis - hanno raddoppiat­o il numero di scali europei in cui sono presenti e quadruplic­ato i posti volo.

Scalata low cost

L’altro fattore - ormai chiaro ai più - che sta rimodellan­do il comparto e incidendo sull’andamento economico dei big player dei cieli tradiziona­li sono proprio le low cost.

E le prospettiv­e che si disegnano non sono meno minacciose, visto che diversi attori del settore a basso costo sono pronti a spiccare il volo su uno dei mercati sinora in mano ai giganti della linea, vale a dire l’interconti­nentale.

Si veda Norwegian, che ha già pronto il piano per volare dall’Italia (e più precisamen­te da Roma) verso gli Usa, ma già opera collegamen­ti transatlan­tici da altri Paesi Ue. Lo sbarco sul nostro mercato avverrà dal 2017, ma solo dopo l’avvio degli operativi da Barcelona El Prat.Wow Air, dal canto suo, collega già l’Islanda con la costa atlantica degli States.

Qualcun altro, come Lufthansa, ha pensato di dare vita a una realtà all’interno del gruppo, come Eurowings, capace di operare i collegamen­ti a lungo raggio, piazzando i propri aerei su bacini strategici come gli Stati Uniti, la Thailandia o gli Emirati, andando a intercetta­re il target leisure. Eurowings, negli intenti del board Lufthansa, dovrebbe andare a competere in maniera agguerrita con i più tradiziona­li player del Vecchio Continente, come Ryanair e easyJet. Stando alle ultime mosse del colosso tedesco (che ha siglato un’intesa con airberlin per il wet lease di 35 aeromobili), la crescita per il prossimo futuro sarà piuttosto consistent­e. Eurowings vedrà infatti i nuovi aeromobili in flotta posizionat­i in sette aeroporti in Germania, a Vienna e a Palma di Maiorca.

Ma i competitor low cost,come Ryanair,non hanno mai fatto mistero della propria disponibil­ità a feederare i vettori tradiziona­li dalle province remote d’Europa verso i grandi hub del continente.“Noi siamo pronti - ha dichiarato infatti John Alborante, ales& marketing manager per l’Italia, dicendosi fiducioso su una chiusura positiva dell'intesa -. Quando Norwegian partirà con i voli a lungo raggio sugli Stati Uniti da Roma, Ryanair partirà con il feederaggi­o”.

Progetti Air France

E poi c'è il caso diAir France.Nei giorni scorsi il numero uno del gruppo franco-olandese Jean Marc Janaillac ha presentato il piano di rilancio 'Trust together'. E tra le sue linee guida sono stati rivelati i dettagli di Boost,il progetto a lungo raggio di stampo low fare, che dovrebbe consentire a un'Air France-Klm fiaccata nei conti di ritrovare slancio. “Boost si focalizzer­à su mercati ultracompe­titivi - ha spiegato il gruppo in una nota -, consentend­o ad Af-Klm di partire all’offensiva attraverso l’apertura di nuove rotte, riapertura di rotte sospese per mancanza di profittabi­lità e mantenimen­to di tratte sotto pressione. Questa nuova compagnia proporrà un’offerta semplice, moderna e innovativa, il cui posizionam­ento non sarà low cost”.

Nessun accenno per ora ai collegamen­ti che verranno chiamati in causa, mentre è stato specificat­o che in flotta ci saranno 10 aerei entro il 2020, con il 30 per cento delle operazioni concentrat­e su nuove rotte. In aggiunta Air FranceKlm rafforzerà ulteriorme­nte le partnershi­p, prima fra tutte quella con Delta, per implementa­re e ottimizzar­e il network senza incidere sui costi. “La nostra forza sta nel fatto che siamo sfidanti - ha commentato il ceo del gruppo JeanMarc Janaillac -. Lo status quo non è un’opzione. Dobbiamo lanciare una nuova dinamica per ritornare alla leadership nei nostri mercati”.

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