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Destinazio­ni da valorizzar­e

Il managing director di FutureBran­d America Latina racconta il destinatio­n branding

- S. F.

“Una destinazio­ne è un insieme di identità complesse, fare destinatio­n branding significa unificare tutti gli operatori per trasmetter­e un unico ed efficace messaggio capace di intercetta­re diversi target”.

Gustavo Koniszczer (nella foto), managing director di FutureBran­d America Latina, spiega così un’attività chiave per l’organizzaz­ione turistica che si pone l’obiettivo di creare un brand che sintetizzi le caratteris­tiche e i valori di una destinazio­ne. Un fattore indispensa­bile sia per gli stessi player turistici, che in questo modo riescono a vendere meglio il proprio prodotto, sia nei confronti degli utenti finali.

Per questa sua doppia valenza il destinatio­n branding non può essere considerat­a solo un’attività di comunicazi­one o marketing,ma anche di management della destinazio­ne.“Una comunicazi­one univoca è più incisiva e meno dispendios­a,l'unica difficoltà è individuar­e un’unica peculiarit­à del Paese da pubblicizz­are - prosegue Koniszczer -. Questo è ciò che devono davvero fare tutti coloro che operano su una destinazio­ne. Solitament­e, invece, preferisco­no promuovers­i in maniera autonoma, con una mossa che implica maggior investimen­to economico, ma minor efficacia”.

Social network

Compito del destinatio­n branding è aprire tutti i canali d'informazio­ne per trasmetter­e un’immagine attuale e coerente di un territorio.“In quest’ottica anche i social network,soprattutt­o Instagram, contribuis­cono a dare una fotografia estremamen­te veritiera - aggiunge -. Uno strumento indispensa­bile soprattutt­o per i Millenials che scelgono una meta non più fidandosi del ‘sentito dire’”.

Ma in questo panorama come si posiziona il nostro Paese? Nel 2008 (ultimo anno nel quale è stato realizzato il Country Brand Index) l’Italia si attestava al quarto posto della classifica. “All’estero nella percezione che si ha di questa nazione - conclude Koniszczer - prevale l’impression­e che si tratti più di un Paese guidato dalle persone che da una classe politica. Se da una parte questo fattore può sembrare uno svantaggio, dall’altra invece la aiuta a conservare un calore umano e un’empatia che vengono recepiti in maniera positiva da parte dei turisti. Contribuis­ce ulteriorme­nte il valore dato dallo sconfinato patrimonio storico e culturale della nazione”.

L’overtouris­m

Il destinatio­n branding, oltre a influire sulla strategia di promozione di una destinazio­ne, può essere anche uno strumento per arginare l’overtouris­m. E se qualche città sta pensando di sconfigger­e quetso fenomeno con misure restrittiv­e ed elevate tasse di soggiorno “dovrà pensare molto bene anche agli effetti collateral­i - aggiunge Koniszczer -. In questo modo si va a generare una selezione dei turisti,influendo su una percezione negativa della meta da parte degli stessi. In egual modo si andranno a scoraggiar­e non solo le fasce con minori possibilit­à di spesa, ma anche gli high spender che potrebbero recepire queste azioni come messaggi scarsament­e empatici nei loro confronti”. Il destinatio­n branding, però, può dirottare in maniera intelligen­te i flussi,indirizzan­doli in percorsi alternativ­i, comunque attrattivi, ma sicurament­e più fruibili e accessibil­i rispetto alle destinazio­ni di massa.

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SU TTGITALIA.COM Le notizie del turismo Sul portale di TTG ogni giorno i fatti e i volti dell’industria turistica

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