Alitalia e la legge del rinvio
Le trattative per la ricerca del partner industriale si sono di nuovo arenate e ora si parla di una soluzione probabilmente solo dopo le elezioni europee
Una cosa è certa: la partita per Alitalia non si è ancora chiusa. E non si chiuderà nell’immediato, nonostante le promesse del Governo di arrivare a una soluzione entro la fine di gennaio e nonostante l’ingresso in scena delle Ferrovie dello Stato. Anzi, tutti i segnali degli ultimi giorni lasciano presagire che si andrà avanti ancora un po’, forse anche fino a dopo le elezioni europee del prossimo mese di maggio. Andando così a ridosso della nuova scadenza sulla restituzione del prestito ponte da 900 milioni di euro, fissata per il 30 giugno.
ULTIMI SVILUPPI
Come detto, gennaio doveva essere il mese decisivo per la svolta di Az. Affidato a Fs il mandato per la ricerca del partner industriale in base al quale ricostruire l’assetto azionario della nuova compagnia, sul tavolo sono arrivate sostanzialmente tre proposte, che hanno fatto partire una serie di incontri one to one per approfondire i contenuti e valutare insieme limiti e opportunità.
La prima a essere stata messa da parte è stata la proposta di easy Jet: l’idea di rilancio elaborata dal vettore low cost aveva infatti troppo i contorni dello ‘spezzatino’ mai apprezzato dai commissari straordinari da una parte e dal Governo dall’altra. Ad Alitalia sarebbe infatti rimasto il ruolo sul lungo raggio, mentre la parte di corto-medio raggio sarebbe passata in carico agli aerei arancioni. Una soluzione troppo ‘smi- nuente’ per essere accettata.Tra i colpi di scena che si sono susseguiti tra fine 2018 e inizio 2019 c’è stato anche il ritorno in pista dei tedeschi di Lufthansa. A Francoforte i vertici del Gruppo non hanno mai fatto mistero dell’interesse per l’aerolinea tricolore, una preda ambita per completare quell’espansione sul Vecchio Continente avviata con Swiss, Brussels e Austrian oltre alla low cost Eurowings.
Tuttavia, anche i nuovi incontri hanno fatto emergere i limiti (dal punto di vista italiano) della proposta di Lh, considerata penalizzante sia dal punto di vista degli esuberi, sia da quello del ruolo azionario: i tedeschi puntano ad avere il 51 per cento e non vogliono Governo e Fs mentre la controparte vuole giocare un ruolo di controllo.
L’ASSE USA-FRANCIA
Il progetto su cui si concentravano le attese più forti era quello che portava triplice bandiera: quella americana di Delta Air Lines e quella (mai confermata ufficialmente) franco-olandese di Air France-Klm. Interessi concreti e soprattutto la volontà di collaborare con le controparti rispettando gli intenti governativi.
Il ‘pacchetto’ sembra prevedere una quota intorno al 40 per cento ai partner, una presenza di Fs non superiore al 30 per cento e la conversione di una parte del prestito ponte in azioni che avrebbero garantito all’esecutivo un 15 per cento all’interno della compagine azionaria.
L’accelerazione arriva verso fine gennaio, con la convocazione di due cda delle Ferrovie durante i quali sarebbe dovuto emergere il prescelto. Poi, l’ennesimo colpo di scena. Nulla di fatto.
Fs chiude la porta e opta per il rinvio della scelta di almeno un mese. Nessuna delle proposte arrivate ha convinto, nemmeno quella di Delta-Af-Klm, la cui cifra offerta (pare intorno ai 400 milioni) è stata giudicata toppo bassa. Senza poi dimenticare il clima teso dentro al Governo, che di certo non ha permesso di mettere la parola fine alla telenovela.
Tutto fermo, quindi. Meno Alitalia, che va avanti, anche se i conti destano preoccupazioni. I dati parlano di un Ebitda in rosso per 154 milioni (312 l’anno prima, quindi in miglioramento); ma i soldi in cassa stanno diminuendo e sono scesi a poco più di 500 milioni. Anche questa volta il tempo stringe.