Fosun, l’osso duro del turismo
Dopo aver conquistato il Club Med, il fondo cinese mette le mani sul marchio Thomas Cook per 11 milioni di sterline
Fino a pochi anni fa, nominando Fosun in Europa era sempre necessario precisare di chi si stava parlando. L’aggiunta obbligatoria era ‘fondo di investimento cinese’. Negli ultimi tempi, chiunque si occupi anche alla lontana di economia o finanza nel Vecchio Continente ha imparato a conoscere bene quel nome.
In particolare, chi lavora nel turismo associa Fosun al clamoroso testa a testa per la conquista di Club Med nel 2015, quando i cinesi combatterono a colpi di rilanci con l’italiano Andrea Bonomi e la sua Investindustrial.A spuntarla, come tutti ricordano, fu proprio il Dragone.
Ma dopo che Fosun prese le redini di uno dei maggiori player europei del settore, forse non molti immaginavano che qualche anno più tardi lo stesso fondo cinese sarebbe entrato in gioco nei giorni del più clamoroso fallimento che il settore del turismo ricordi.
Nei mesi scorsi, quando Thomas Cook navigava già in acque pericolose, Fosun si era fatta avanti per rilevare una parte consistente del tour operator e della compagnia aerea. Sul piatto aveva messo 450 milioni di sterline, che rientravano in un piano di salvataggio più ampio, da 900 milioni,ottenendo il 75 per cento della divisione operativa e il 25 per cento della compagnia aerea.
Poi erano arrivati i giorni difficili, i conti del colosso europeo del turismo avevano mostrato segni di debolezza sempre più allarmanti e il management aveva chiesto un’iniezione ulteriore di capitale all’azionista Fosun. La cifra di cui si parlava era di 200 milioni di sterline.
La risposta era stata negativa. Nel giro di poco tempo la situazione è precipitata e così gli asset Thomas Cook sono arrivati sul mercato. Risultato: i cinesi di Fosun si sono portati a casa il marchio per 11 milioni di sterline. Una cifra decisamente inferiore ai 200 milioni di sterline necessari pochi mesi fa per il salvataggio.
Insomma, Fosun ha allungato il passo sul turismo in Europa mettendo le mani sul brand più longevo del Vecchio Continente, di cui ora è l’unico detentore.Al fondo mancano ovviamente tutti gli asset della compagnia, dai contratti alla compagnia aerea. Ma l’investimento messo in campo alla fine è stato molto più contenuto rispetto a quanto avrebbe richiesto il traino del gruppo fuori dalla melma della crisi estiva.
L’INTERVENTO
Sullo sfondo della vicenda Thomas Cook, che ha tenuto banco nelle cronache di fine estate del turismo, si muove dunque il fondo di investimento cinese che ha dimostrato già una volta (con la vicenda Club Med) di avere obiettivi chiari e soprattutto voglia di perseguirli.
Dopo il passaggio del tour operator francese nelle mani di Fosun, l’asse degli investimenti si è spostato ovviamente verso la Cina. Un mercato sicuramente promettente sotto molti aspetti, ma che talvolta non ha mancato di tradire qualche attesa troppo ottimistica. L’idea, almeno per quanto riguarda il turismo, è che i player cinesi non vogliano affidarsi a terze parti ma preferiscano gestire il business tramite realtà strettamente legate al Dragone.
Ora arriva l’operazione Thomas Cook, che lancia una nuova luce sulle scelte di Fosun. Il fondo è sempre avaro di dichiarazioni, come spesso accade nella finanza. Ma l’intenzione sembra chiara: Fosun vuole avere un posto di primo piano in Europa. E vuole farlo con le sue regole.
IL QUADRO IN ITALIA
Prima la Francia di Club Med, poi la Gran Bretagna di Thomas Cook.Verrebbe naturale chiedersi se c’è un posto anche per l’Italia nello scacchiere turisico di Fosun. Difficile supporre che i cinesi non ci abbiamo già pensato. E altrettanto difficile pensare che negli ultimi, convulsi anni di compravendite nessun player italiano abbia ipotizzato che qualche acquirente, presto o tardi, potrebbe affacciarsi da oltreconfine.
Per il momento non sembra muoversi nulla all’orizzonte, ma spesso la finanza internazionale segue vie insolite.
Che si tratti di Fosun o che in campo scenda qualche altro soggetto, in fondo, poco importa: in Europa tira aria di shopping e il vento arriva da Oriente. Se in Italia ci sono soggetti appetibili l’interesse delle economie emergenti, o meglio di quelle già affermate, potrebbe farsi sentire.
Del resto è già da un po’ che a Sud delle Alpi si parla del possibile arrivo di un soggetto estero. Che giunga dall’Oriente (la Cina) o dall’Occidente (la Spagna), la sua venuta potrebbe essere solo questione di tempo.
È un dato di fatto: gli equilibri in Europa stanno cambiando.