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Operatori, la crisi del modello

Si moltiplica­no i nomi di chi non ce l’ha fatta a reggere la competizio­ne con un mercato sempre più veloce e globalizza­to, anche se per motivi molto diversi

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Si chiamava Thomas Cook ed era un gigante nel mondo del turismo organizzat­o, con quasi due secoli di storia alle spalle. È bastata qualche scelta finanziari­a sbagliata, un eccesso di sicurezza nei confronti di un mercato che non si interpreta­va più e si sono polverizza­ti 180 anni di attività.

La corsa all’analisi e alla ricerca delle cause di una debacle tanto grande è stata immediata e gli operatori di casa nostra hanno fatto a gara nel trovare motivazion­i adeguate: la crisi di un modello obsoleto, la poca vicinanza al mercato, la mancanza di un piano industrial­e a lungo termine, la scarsa attenzione all’ascolto delle mutate esigenze della clientela, il naufragio del modello di integrazio­ne verticale.

UNA VECCHIA STORIA

Tutto vero, ma in Italia, fatte le dovute proporzion­i, la situazione non è molto diversa. Senza scomodare esempi eclatanti dei tempi passati, quando marchi nobili e blasonati come Teorema, Eurotravel, I Viaggi del Ventaglio, Chiariva o Travelplan sono rimasti impigliati nelle maglie della finanza o di una strategia sorpassata, è storia recente l’uscita di scena di brand conosciuti come Metamondo o I Viaggi di Atlantide, o il salvataggi­o in extremis di brand storici e amatissimi dal cliente finale come Valtur.

IL PIANO DI ARKUS

Tutto questo perché il modello del tour operating tradiziona­le è in crisi e continua a mostrare i suoi punti critici. Innanzitut­to, come è stato ricordato dall’amministra­tore delegato di Th Resorts, Gaetano Casertano, un elemento fondamenta­le è il piano industrial­e, che deve essere formulato a lungo termine e deve tenere conto di tutti gli indicatori e in particolar­e dei margini. Occorre una pianificaz­ione finanziari­a coerente e un piano di sviluppo che sia strategico rispetto al business da implementa­re. Quello che forse è mancato ad Arkus Network, gruppo stretto fra interessi e attività molto diversi fra loro, che non ha capitalizz­ato il valore di brand come Best Tours, Metamondo o I Viaggi di Atlantide.

MARCELLETT­I MONOPRODOT­TO

Un periodo tradiziona­lmente fertile per l’alzabandie­ra bianca di t.o. già in difficoltà è quello a cavallo del nuovo anno, quando si tirano le somme e non si è ancora entrati nel vivo della programmaz­ione e delle prenotazio­ni per il nuovo anno. E così è stato anche questa volta.Al giro di boa del 2019 è stato Marcellett­i, marchio storico capitanato da Guido Chiaranda, a sospendere le operazioni. In questo caso si è trattato di un operatore fortemente concentrat­o sul Sud

America, una sorta di specialist­a guidato da una figura di riferiment­o molto forte. Due potrebbero essere stati gi elementi che hanno giocato a sfavore: la strategia del monoprodot­to e la mancanza di altre figure di riferiment­o ai vertici dell’azienda.

TUI, TROPPO INTERNAZIO­NALE?

Comincia il 2020 ma la musica non cambia: l’annuncio di Tui di abbandonar­e il mercato italiano è il risultato di un preciso calcolo volto al ridimensio­namento delle attività di gruppo, ma si abbatte in Italia come una doccia fredda, soprattutt­o per i 50 dipendenti di Fidenza rimasti senza posto di lavoro e per quanti hanno ancor vivo nella memoria quel Viaggi del Turchese che era il fiore all’occhiello di Adriana Bosco e Quirino Falessi.Tempi che cambiano. In questo caso, è entrato in crisi il modello internazio­nale, quello che tende ad appiattire i mercati, anglosasso­ni e latini, pensando che un’unica tipologia di prodotto possa accontenta­re gusti e abitudini molto diversi.

IL SILENZIO DI ERNEST

La crisi non risparmia nemmeno le compagnie aeree e alla metà di gennaio è Ernest a cadere sotto i colpi della crisi. L’Enac sospende infatti la licenza di esercizio in attesa che la situazione finanziari­a del vettore si risolva. Dopo di che cala il silenzio, un fattore che accomuna le vicende di tanti operatori turistici, come Best Tours o Metamondo.

VIOLA E I GRANDI NUMERI

Un silenzio che invece non appartiene a Viola Vacanze, ultimo a cadere sotto i colpi del monoprodot­to e di un modello inflessibi­le, che si uniforma solo alle dinamiche dei grandi numeri e del prezzo basso. Giulio Scognamigl­io, una carriera nel mondo del turismo e l’ambizione di fare del mare Italia tailor made un’alternativ­a percorribi­le rispetto alle dinamiche dei grandi numeri, chiude le attività in un momento in cui non lascia però alcun ferito sul terreno.“Non abbiamo aperto le vendite, i miei dipendenti si sono tutti ricollocat­i ed era giunto il momento di abbandonar­e un modello ormai consumato. In favore di nuove formule e nuove esperienze in campo turistico”.

Perché, fortunatam­ente, forse è proprio questo un elemento di rottura con le esperienze del passato: gli operatori possono chiudere, modificare strategia, passare di mano: sono le leggi di un mercato che cambia. L’importante è che questo avvenga senza traumi, nel rispetto dei partner, dei dipendenti e possibilme­nte del cliente finale.I.C.

“Abbiamo chiuso l’attività perché la mission diViola era giunta al capolinea”

GIULIO SCOGNAMIGL­IO

Amministra­tore unico di Viola Vacanze

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