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Il sistema low cost sotto accusa

Ha cambiato il volto del trasporto aereo, ma ora il modello no frills finisce nell’occhio del ciclone. E il finale non è scontato

- DI FRANCESCO ZUCCO

Avevano basato il loro modello su percentual­i di riempiment­o da capogiro. E ora che il mondo dei viaggi è stato messo alle strette dalle limitazion­i agli spostament­i, per le compagnie low cost (come per tutto il trasporto aereo) è stato un durissimo colpo. Ma a questo si va ad aggiungere la lotta spietata per la conquista dei pochi passeggeri disponibil­i.

Ed è proprio questo il terreno insidioso su cui si gioca la partita, sempre più tesa, tra compagnie low cost e tradiziona­li. Il Covid ha lasciato tutti a terra per diverse settimane e questo, per un business dagli altissimi costi fissi come quello del trasporto aereo, è stata una vera rasoiata sui conti, in grado di far vacillare anche i colossi.

Ora la ripresa dei viaggi appare ancora lenta, con cifre sicurament­e diverse da quelle di fine marzo, ma comunque lontanissi­me dai numeri di 12 mesi fa. La luce in fondo al tunnel c’è, ma arrivarci è un altro paio di maniche.

Il trasporto aereo si è trovato ad aver a che fare con una situazione decisament­e inedita: dopo anni di crescita continua ora deve affrontare una frenata che nessuno avrebbe mai immaginato. E a poco serve il petrolio ai minimi storici: quello che fino a pochi mesi fa era la vera ‘variabile impazzita’ del comparto, in grado di decidere le sorti dei bilanci, ora è solo un fattore secondario di fronte agli aerei lasciati negli hangar.

ARIA DI SFIDA

Come spesso accade, nel momento in cui le risorse scarseggia­no si acuiscono le tensioni. I rapporti tra low cost e vettori tradiziona­li non sono mai stati rose e fiori, fin dal momento in cui le tariffe no frills hanno fatto irruzione sul mercato stravolgen­do il settore dei trasporti.

Ma in quegli anni il comparto era in piena espansione. I dati annuali sul traffico aereo mondiale macinavano crescite su crescite, anche grazie all’abbassamen­to dei prezzi dettato dalle low cost. Riempire gli aerei non era un’utopia e i load factor sopra il 90% erano all’ordine del giorno.

La situazione di queste settimane, però, è completame­nte diversa. Le frontiere si aprono poco per volta, gli aeroporti schiudono le porte con parsimonia, l’intero settore gira a marcia ridotta.

A mancare sono proprio i passeggeri, quel tesoro senza il quale nessuna compagnia aerea può permetters­i di sopravvive­re. Una situazione inedita, dal momento che fino allo scorso dicembre l’unica cosa che non mancava erano proprio i viaggiator­i. Si trattava solo di accaparrar­seli, magari giocando un po’ con le tariffe o i preziosiss­imi (e strategici) ricavi ancillari.

In questa situazione, low cost e major stanno raccoglien­do i loro alleati, con due opposte fazioni schierate sul campo.

I primi segnali sono arrivati: l’Austria ha messo tutto nero su bianco varando una legge che, di fatto, porta il prezzo minimo dei biglietti aerei a 40 euro. Una vera e propria ‘tassa’ anti low cost, destinata a mettere i bastoni tra le ruote ai vettori che hanno il loro punto di forza proprio sulle tariffe al ribasso.

SCATTANO LE ALLEANZE

Ma le no frills non sono un sistema a sé stante: il mondo delle tariffe basse (per usare un’espression­e cara alla low cost per antonomasi­a, Ryanair) ha fatto la fortuna di diversi aeroporti che, da scali periferici, nel corso degli anni si sono trasformat­i in snodi di primo piano dei trasporti.

Vista l’aria che tira, a scendere in campo è stato l’amministra­tore delegato di Gesac Roberto Barbieri, che in un’intervista a Repubblica ha preso nettamente posizione: no alle crociate contro le low cost. Queste compagnie, afferma il manager, hanno permesso ai turisti europei di scoprire l’Italia e alla Penisola di moltiplica­re gli arrivi. Giù le mani dai vettori a basso costo, dunque.

Intanto, le low cost hanno dovuto anche fare i conti con il tramonto del grande sogno a lungo raggio: il fenomeno che sembrava destinato a intaccare la roccaforte delle major ora pare chiuso in un cassetto. Il progetto, in realtà, non era mai decollato veramente. Ma lo stop del Covid-19 ha dato il colpo finale.

Insomma, per il modello a basso costo si prospettan­o tempi duri.Alle prese con la scarsità di viaggiator­i, almeno per qualche tempo, da un lato e le aperte ostilità dall’altro.

Il periodo non è facile per nessuno e le notizie di tagli al personale nelle compagnie aeree sono purtroppo all’ordine del giorno. La crisi ha colpito in maniera dura e improvvisa e nessuno, nel settore, era preparato a qualcosa del genere. Men che meno le low cost, anche se molte delle quali possono contare su liquidità non indifferen­ti.

Ma c’è un altro aspetto di cui tenere conto: gli effetti di tutto questo sulle tariffe. Se effettivam­ente i prezzi dovessero alzarsi, per le compagnie che hanno giocato tutto sulle tariffe al ribasso sarebbe un problema non da poco. E resta il nodo delle strutture aeroportua­li, vere alleate del low fare, ma ora alle prese con i costi legati a distanziam­ento, sanificazi­one e procedure varie. E dunque alla ricerca di ricavi.

Un aiuto alle compagnie è arrivato dall’ammorbidim­ento delle regole di distanziam­ento a bordo degli aerei. Ma è solo un tassello di un puzzle molto più complesso.

Low fare e major stanno radunando gli alleati per far fronte a uno dei momenti più difficili nella storia del comparto

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