Il sistema low cost sotto accusa
Ha cambiato il volto del trasporto aereo, ma ora il modello no frills finisce nell’occhio del ciclone. E il finale non è scontato
Avevano basato il loro modello su percentuali di riempimento da capogiro. E ora che il mondo dei viaggi è stato messo alle strette dalle limitazioni agli spostamenti, per le compagnie low cost (come per tutto il trasporto aereo) è stato un durissimo colpo. Ma a questo si va ad aggiungere la lotta spietata per la conquista dei pochi passeggeri disponibili.
Ed è proprio questo il terreno insidioso su cui si gioca la partita, sempre più tesa, tra compagnie low cost e tradizionali. Il Covid ha lasciato tutti a terra per diverse settimane e questo, per un business dagli altissimi costi fissi come quello del trasporto aereo, è stata una vera rasoiata sui conti, in grado di far vacillare anche i colossi.
Ora la ripresa dei viaggi appare ancora lenta, con cifre sicuramente diverse da quelle di fine marzo, ma comunque lontanissime dai numeri di 12 mesi fa. La luce in fondo al tunnel c’è, ma arrivarci è un altro paio di maniche.
Il trasporto aereo si è trovato ad aver a che fare con una situazione decisamente inedita: dopo anni di crescita continua ora deve affrontare una frenata che nessuno avrebbe mai immaginato. E a poco serve il petrolio ai minimi storici: quello che fino a pochi mesi fa era la vera ‘variabile impazzita’ del comparto, in grado di decidere le sorti dei bilanci, ora è solo un fattore secondario di fronte agli aerei lasciati negli hangar.
ARIA DI SFIDA
Come spesso accade, nel momento in cui le risorse scarseggiano si acuiscono le tensioni. I rapporti tra low cost e vettori tradizionali non sono mai stati rose e fiori, fin dal momento in cui le tariffe no frills hanno fatto irruzione sul mercato stravolgendo il settore dei trasporti.
Ma in quegli anni il comparto era in piena espansione. I dati annuali sul traffico aereo mondiale macinavano crescite su crescite, anche grazie all’abbassamento dei prezzi dettato dalle low cost. Riempire gli aerei non era un’utopia e i load factor sopra il 90% erano all’ordine del giorno.
La situazione di queste settimane, però, è completamente diversa. Le frontiere si aprono poco per volta, gli aeroporti schiudono le porte con parsimonia, l’intero settore gira a marcia ridotta.
A mancare sono proprio i passeggeri, quel tesoro senza il quale nessuna compagnia aerea può permettersi di sopravvivere. Una situazione inedita, dal momento che fino allo scorso dicembre l’unica cosa che non mancava erano proprio i viaggiatori. Si trattava solo di accaparrarseli, magari giocando un po’ con le tariffe o i preziosissimi (e strategici) ricavi ancillari.
In questa situazione, low cost e major stanno raccogliendo i loro alleati, con due opposte fazioni schierate sul campo.
I primi segnali sono arrivati: l’Austria ha messo tutto nero su bianco varando una legge che, di fatto, porta il prezzo minimo dei biglietti aerei a 40 euro. Una vera e propria ‘tassa’ anti low cost, destinata a mettere i bastoni tra le ruote ai vettori che hanno il loro punto di forza proprio sulle tariffe al ribasso.
SCATTANO LE ALLEANZE
Ma le no frills non sono un sistema a sé stante: il mondo delle tariffe basse (per usare un’espressione cara alla low cost per antonomasia, Ryanair) ha fatto la fortuna di diversi aeroporti che, da scali periferici, nel corso degli anni si sono trasformati in snodi di primo piano dei trasporti.
Vista l’aria che tira, a scendere in campo è stato l’amministratore delegato di Gesac Roberto Barbieri, che in un’intervista a Repubblica ha preso nettamente posizione: no alle crociate contro le low cost. Queste compagnie, afferma il manager, hanno permesso ai turisti europei di scoprire l’Italia e alla Penisola di moltiplicare gli arrivi. Giù le mani dai vettori a basso costo, dunque.
Intanto, le low cost hanno dovuto anche fare i conti con il tramonto del grande sogno a lungo raggio: il fenomeno che sembrava destinato a intaccare la roccaforte delle major ora pare chiuso in un cassetto. Il progetto, in realtà, non era mai decollato veramente. Ma lo stop del Covid-19 ha dato il colpo finale.
Insomma, per il modello a basso costo si prospettano tempi duri.Alle prese con la scarsità di viaggiatori, almeno per qualche tempo, da un lato e le aperte ostilità dall’altro.
Il periodo non è facile per nessuno e le notizie di tagli al personale nelle compagnie aeree sono purtroppo all’ordine del giorno. La crisi ha colpito in maniera dura e improvvisa e nessuno, nel settore, era preparato a qualcosa del genere. Men che meno le low cost, anche se molte delle quali possono contare su liquidità non indifferenti.
Ma c’è un altro aspetto di cui tenere conto: gli effetti di tutto questo sulle tariffe. Se effettivamente i prezzi dovessero alzarsi, per le compagnie che hanno giocato tutto sulle tariffe al ribasso sarebbe un problema non da poco. E resta il nodo delle strutture aeroportuali, vere alleate del low fare, ma ora alle prese con i costi legati a distanziamento, sanificazione e procedure varie. E dunque alla ricerca di ricavi.
Un aiuto alle compagnie è arrivato dall’ammorbidimento delle regole di distanziamento a bordo degli aerei. Ma è solo un tassello di un puzzle molto più complesso.
Low fare e major stanno radunando gli alleati per far fronte a uno dei momenti più difficili nella storia del comparto