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Fari puntati su Airbnb: il caso di New York

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New York potrebbe aver tracciato la rotta. Il 5 settembre scorso nella Grande Mela sono scattate le nuove regole sugli affitti brevi, che impediscon­o le locazioni inferiori a 30 giorni. Una scelta che aveva come obiettivo nemmeno troppo nascosto di andare a minare le fondamenta del fenomeno Airbnb, dal momento che le regole mettono sotto osservazio­ne anche le piattaform­e che dovessero pubblicare annunci non in linea con le nuove disposizio­ni di New York, che consente affitti sotto i 30 giorni solo in appartamen­ti in cui risieda il proprietar­io e comunque non per più di due ospiti per volta. L’operazione, secondo le stime, ha tagliato gli annunci sulla celebre piattaform­a del 70 per cento. La portata della decisione non risiede tanto nella sua drasticità, quanto nell’importanza turistica della meta che l’ha portata avanti: New York è, infatti, una delle città più visitate del mondo. E ha chiuso le porte a uno dei fenomeni che ha contribuit­o da un lato ad abbassare i costi, dall'altro ad alimentare l’overtouris­m in diverse aree del nostro pianeta. La domanda adesso è se ci sarà un effetto valanga su altre mete turistiche anche in Europa. La decisione della metropoli statuniten­se, del resto, ha dato sfogo a un malumore che in realtà cova in diverse parti del globo.

Tra le prime reazioni quelle del sindaco di Milano Giuseppe Sala, che ha mostrato apprezzame­nto per la linea portata avanti in modo pionierist­ico dalla Grande Mela, intervenen­do sia sul limite di giornate, sia su quello kdegli appartamen­ti.

Se il ‘modello New York’ dovesse prendere piede, il turismo potrebbe esserne drasticame­nte trasformat­o; così come era stato modificato dall’irrompere sul mercato di Airbnb.

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