Alberghi sotto la lente Tariffe in discussione
La carenza di personale ha spinto qualche imprenditore ad alzare eccessivamente i prezzi. Ma c’è chi si dissocia
In bilico tra la necessità di fare margini e il rischio di perdere i repeater. Sul fronte del pricing quella che si sta concludendo è stata un’altra stagione di sfide per gli hotel e lo spunto arriva da un’indagine condotta da Albergatore Pro su più di mille strutture italiane. Ebbene, quasi 6 alberghi su 10 hanno subito una carenza di personale quest’estate. Fin qui nulla di nuovo, essendo proprio questo il nodo irrisolto, il tallone d’Achille dell’hospitality made in Italy. La particolarità è che, però, il 13 per cento di loro ha reagito alzando le tariffe ben al di sopra del prezzo di mercato. Meno camere vendute, dunque, ma marginalità mantenuta e, nel contempo, garanzia di servizi adeguati alle aspettative della clientela, pur con meno personale.
Un rischio calcolato, quello di rinunciare a una parte degli ospiti per il timore di non riuscire a gestirli tutti, o una mossa irragionevole, soprattutto dopo aver attraversato - e superato - la più grande crisi del turismo mondiale?
“AL LAVORO NON RINUNCIO”
“Dopo tutto quello che abbiamo passato, al solo pensiero di rinunciare anche a una piccola parte della clientela mi vengono i brividi - esordisce Daniela Baldelli, direttore sales & marketing del gruppo alberghiero romano Omnia Hotels -. Ma com’è possibile ragionare così? Il problema del personale, certo, permane, ma non si deve perdere alcuna occasione di business, è un delitto. Noi diciamo sempre di sì a tutte le richieste, grazie a uno staff che ci aiuta anche nelle situazioni complicate, come quelle dovute a un last minute che, su Roma, è ancora marcato”. Il caso della Capitale, però, presenta delle differenze rispetto alle altre zone del Paese: qui, infatti, il rincaro è stato marcato e generalizzato, ma non ha inciso sull’andamento dell’incoming anche perché, si sa, la componente internazionale di clientela - soprattutto quella proveniente da oltreoceano - è da sempre poco sensibile ai rincari, al contrario di quella nazionale. Per mantenere quest’ultima, dunque, gli alberghi che, ad esempio, si trovano nelle località balneari hanno dovuto fare un enorme sforzo di calmieramento delle tariffe, come nel caso di CDSHotels: “Un conto sono le città d’arte - precisa Ada Miraglia, direttore commerciale del gruppo -, un conto le location di mare del Sud Italia. Un ulteriore distin
guo va poi fatto per una realtà come la nostra, in cui quasi un cliente su quattro è un repeater”. Ospiti fedelissimi, dunque, che non si possono deludere: “I clienti - sottolinea Miraglia - non sono degli sprovveduti. Noi abbiamo optato per aumenti contenuti, in linea con il tasso inflattivo, e siamo stati premiati con un più 13 per cento di ospiti italiani”.
LA FLESSIBILITÀ È UN MUST
Ottima stagione anche per il toscano Garden Group: “Chi si lamenta del crollo delle presenze italiane - sostiene il general manager, Luca Tonelli - in realtà subisce le ripercussioni di una politica tariffaria sbagliata, che sconta la mancanza di una visione prospettica”. L’errore di molti albergatori, aggiunge, è stato quello di tenere un pricing rigido, basato sulle tariffe del 2022: “Peccato, però, che nel frattempo i mercati esteri si siano aperti e la concorrenza sia tornata a farsi sentire: la componente italiana di clientela è diminuita e chi ha peccato in mancanza di flessibilità si è ritrovato a dover cedere con le offerte al ribasso, perdendo in marginalità”. Il Garden Group, invece, ha scelto un’altra via e i risultati lo hanno premiato: “Abbiamo avuto un early booking eccellente - spiega Tonelli - e sui listini abbiamo utilizzato un sistema di prezzo dinamico. Non abbiamo fatto sconti, abbiamo mantenuto una politica lineare e abbiamo visto che i riempimenti erano costanti, per cui abbiamo continuato così”. Il risultato? Il Garden Toscana Resort, 430 camere e 350 addetti, ha chiuso giugno con un toc del 90 per cento, così come luglio, mentre ad agosto - in controtendenza con molti competitor - è salito al 93 per cento, pur avendo l’ 85 per cento di clientela italiana.
Zacchera: rincari senza qualità portano a una fase regressiva
“Anche per noi - sostiene Manuela Miraudo, events & communication manager di Blu Hotels - l’estate è andata molto bene, sia per le presenze straniere, sia soprattutto per quelle italiane. Ad agosto siamo arrivati ad avere un toc anche dell’85 per cento, con alcuni villaggi che hanno superato la media del 95 per cento”. Soddisfatto, seppur per motivi opposti, Antonio Zacchera, presidente di Zacchera Hotels: “Il nostro gruppo - racconta - ha dovuto forzatamente rivedere le tariffe al rialzo. Preciso però che quelle contrattualizzate con i t.o. internazionali erano ferme al 2019. In ogni caso la stagione è stata molto positiva e non abbiamo risentito del calo della clientela italiana, in quanto la nostra destinazione, il lago Maggiore, è frequentata per oltre l’80 per cento da turismo estero”.
“Non potevamo esimerci dai rincari, visti i crescenti costi di gestione che dobbiamo sostenere - sottolinea Fabrizio Prete, direttore generale di Garibaldi Hotels -. Abbiamo però sempre agito con attenzione, nel rispetto delle possibilità, a dire il vero sempre inferiori, del ceto medio del nostro Paese, nostro mercato di riferimento”. Cautela sul fronte del pricing anche per Bluserena Hotel & Resorts: “La linea del rincaro selvaggio non ci appartiene” sottolinea il ceo del gruppo, Marcello Cicalò, ammettendo però che la sfida è difficile: “Nel nostro caso l’aumento medio delle tariffe è stato tra l’8 e il 10 per cento - sostiene -, a fronte di un incremento di servizi che, a sua volta, ha comportato per il gruppo un investimento complessivo di ben 55 milioni di euro. Tuttavia non condanno chi ha optato per un pricing più aggressivo: se nella fascia alta c’è chi ritiene giusto acquistare a un costo elevato lo faccia pure, ma questa non è la nostra politica”.
ATTENZIONE AI SERVIZI
E sulla necessità di offrire, in cambio di un prezzo più alto, un servizio più curato insiste anche Antonio Zacchera: “Quella di alzare le tariffe senza un corrispondente miglioramento del servizio - commenta - non credo sia la soluzione corretta: secondo il mio parere questa linea porterà, a breve, a una fase regressiva dei prezzi”.
Più sfumata la posizione di Mario Cardone, ceo di Autentico Hotels: “L’idea di vendere meno camere, ma a prezzi più alti non è irrealistica - sostiene -, soprattutto nell’alto di gamma, dove occorre fare di tutto per mantenere alto il livello di servizi e di conseguenza, con carenza di personale, si preferisce dare la precedenza alla soddisfazione degli ospiti”.
La prudenza nella composizione dei listini, però, è d’obbligo anche per le strutture che di fascia alta non sono; il miglior approccio secondo Liliana Comitini, presidente e a.d. di B&B Hotels Italia, Ungheria e Slovenia, è quello del value for money e privo di sprechi, “con una standardizzazione dei servizi percepiti ormai come fondamentali, un design moderno e funzionale nelle camere e in tutti gli spazi dell’hotel e una costante attenzione ai bisogni della clientela, sia leisure che business”.