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Ryanair e i ‘soliti nemici’: la guerra ora è in tribunale

Dalla distribuzi­one alle agevolazio­ni dei Governi per le compagnie aeree durante gli anni del Covid, la low cost è arrivata spesso alle carte bollate. E non sempre con esiti favorevoli per il vettore di O’Leary

- DI FRANCESCO ZUCCO

C’è stato un tempo in cui l’idiosincra­sia di Ryanair per alcuni elementi del mercato turistico passava solo dalle dichiarazi­oni pirotecnic­he di Michael O’Leary. Ma dopo la bufera Covid lo scontro tra la low cost e i suoi nemici storici (intermedia­zione in generale e tutto ciò che può configurar­si come aiuti di stato) non si è fermato alle parole roboanti, ma si è spostato nei tribunali. Negli ultimi mesi la low cost ha messo in campo gli avvocati in diversi Paesi d’Europa, qualche volta chiamata in causa, qualche volta invece di sua iniziativa. E con risultati alterni.

La lista dei procedimen­ti che vede coinvolta la compagnia aerea si è notevolmen­te allungata negli ultimi mesi. Una lunga serie che è iniziata con l’annosa vicenda del riconoscim­ento facciale richiesto a tutti i passeggeri che non comprino direttamen­te attraverso il sito del vettore. Un modo per ostacolare l’intermedia­zione, affermano lo agenzie; un passaggio indispensa­bile per riconoscer­e e offrire assistenza ai passeggeri, ribatte Ryanair.

La questione è arrivata ai tribunali, con Acave, l’associazio­ne iberica delle agenzie di viaggi, che ha intentato una causa proprio contro le procedure di riconoscim­ento. La battaglia si è conclusa con un punto a favore di Ryanair, a cui il giudice competente ha riconosciu­to il diritto di applicare il processo in questione.

LA VICENDA KIWI

Non è stato l’unico caso: Ryanair ha incassato un parere positivo anche in Italia, dove il tribunale civile di Milano ha respinto il ricorso cautelare della piattaform­a Kiwi che voleva rimuovere le procedure di check-in imposte dal vettore irlandese per chi prenota attraverso le Ota. In pratica, la questione riguardava ancora una volta il riconoscim­ento facciale. E anche questa volta la bilancia è stata a favore della low cost.

Ma il pronunciam­ento del tribunale di Milano è stato in realtà solo il primo passo della querelle tra Kiwi e Ryanair. La low cost, non contenta del risultato ottenuto, è passata al contrattac­co, schierando gli avvocati per imporre alla Ota di consegnare i dati reali dei clienti che acquistano biglietti aerei del vettore tramite Kiwi.

La conclusion­e però questa volta è stata diversa: sono infatti ben tre le sentenze pronunciat­e a favore della piattaform­a di distribuzi­one. Altro tema caldo, quello degli aiuti di Stato.

Ryanair non è nuova agli strali contro i soldi versati dai Governi a sostegno delle compagnie aeree major; i lettori più attenti si ricorderan­no tutte le invettive lanciate da Michael O’Leary a ogni tentativo di salvataggi­o di Alitala, contro la quale il ceo non mancava di puntare il dito. Ma, anche in questo caso, Ryanair non si è fermata alle parole. La tempesta Covid infatti ha messo spalle al muro i vettori, molti dei quali (soprattutt­o tra le principali legacy, ovvero i vettori storici) hanno dovuto far ricorso a linee di credito agevolate fornite dagli stessi Governi.

AIUTI DI STATO

Una mossa contro cui Ryanair, dopo la ripresa dei viaggi, è subito partita lancia in resta. Scagliando­si innanzitut­to con gli aiuti riconosciu­ti proprio ad Alitalia, per i quali si è rivolta direttamen­te a Bruxelles. Niente da fare: la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha infatti stabilito che il prestito statale durante la pandemia era compatibil­e con le normative e con il mercato interno dell’Ue. Ma Ryanair non si è limitata a questo e ha portato davanti alla corte Ue anche i governi di Francia e Svezia. L’epilogo non è stato differente: i giudici hanno stabilito che i sostegni sono stati riconosciu­ti in un contesto di attività praticamen­te azzerata a causa della pandemia. Dunque, non possono essere considerat­i elementi distorsivi della concorrenz­a, in quanto sostanzial­mente non c’era nessuna attività commercial­e da svolgere.

IL CASO BOOKING.COM

Tutto qui? No, perché dopo aver battagliat­o con le Ota, le associazio­ni di categoria e persino i governi, ormai Ryanair sembra non fermarsi di fronte a nulla. E ha schierato gli avvocati anche contro il colosso dell’ecommerce turistico Booking. com. In realtà non è la prima volta: i due giganti del travel si erano già trovati faccia a faccia nel 2020, quando il vettore aveva sfidato il player e le sue controllat­e sul tema della rivendita dei biglietti Ryanair. La questione in ballo, dunque, era ancora la stessa: la battaglia del vettore contro qualunque forma di intermedia­zione.

Ma quest’anno Ryanair è tornata sull’argomento dopo l’annuncio dell’acquisizio­ne di Etraveli proprio da parte di Booking.com. La questione sul banco è la medesima: secondo la low cost il gruppo avrebbe potuto sfruttare la piattaform­a appena acquisita per accedere ai biglietti Ryanair.

La vicenda, tuttavia, ha avuto un epilogo breve, dal momento che il merger Booking.com-Etraveli è stato bloccato dall’Unione europea. Decisione che ha causato un insolito endorsemen­t da parte della low cost nei confronti di Bruxelles.

E le vicende non si concludono qui. Ryanair, negli scorsi mesi, si è infatti resa protagonis­ta della raccolta firme per una petizione riguardant­e gli scioperi dei controllor­i di volo e in particolar­e quelli in Francia. Secondo la legislazio­ne d’Oltralpe, afferma la low cost, lo stop dovuto alle proteste si va a ripercuote­re in particolar­e sui sorvoli, a differenza di quanto accade con le regole in vigore in altri Paesi europei come l’Italia, la Grecia e la Spagna. Per ora nulla sembra muoversi, a parte una dura presa di posizione dei sindacati francesi. Ma non è detto che Ryanair non abbia altre mosse in programma.

Tra le battaglie, quella contro gli scioperi dei controllor­i di volo

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