Ryanair e i ‘soliti nemici’: la guerra ora è in tribunale
Dalla distribuzione alle agevolazioni dei Governi per le compagnie aeree durante gli anni del Covid, la low cost è arrivata spesso alle carte bollate. E non sempre con esiti favorevoli per il vettore di O’Leary
C’è stato un tempo in cui l’idiosincrasia di Ryanair per alcuni elementi del mercato turistico passava solo dalle dichiarazioni pirotecniche di Michael O’Leary. Ma dopo la bufera Covid lo scontro tra la low cost e i suoi nemici storici (intermediazione in generale e tutto ciò che può configurarsi come aiuti di stato) non si è fermato alle parole roboanti, ma si è spostato nei tribunali. Negli ultimi mesi la low cost ha messo in campo gli avvocati in diversi Paesi d’Europa, qualche volta chiamata in causa, qualche volta invece di sua iniziativa. E con risultati alterni.
La lista dei procedimenti che vede coinvolta la compagnia aerea si è notevolmente allungata negli ultimi mesi. Una lunga serie che è iniziata con l’annosa vicenda del riconoscimento facciale richiesto a tutti i passeggeri che non comprino direttamente attraverso il sito del vettore. Un modo per ostacolare l’intermediazione, affermano lo agenzie; un passaggio indispensabile per riconoscere e offrire assistenza ai passeggeri, ribatte Ryanair.
La questione è arrivata ai tribunali, con Acave, l’associazione iberica delle agenzie di viaggi, che ha intentato una causa proprio contro le procedure di riconoscimento. La battaglia si è conclusa con un punto a favore di Ryanair, a cui il giudice competente ha riconosciuto il diritto di applicare il processo in questione.
LA VICENDA KIWI
Non è stato l’unico caso: Ryanair ha incassato un parere positivo anche in Italia, dove il tribunale civile di Milano ha respinto il ricorso cautelare della piattaforma Kiwi che voleva rimuovere le procedure di check-in imposte dal vettore irlandese per chi prenota attraverso le Ota. In pratica, la questione riguardava ancora una volta il riconoscimento facciale. E anche questa volta la bilancia è stata a favore della low cost.
Ma il pronunciamento del tribunale di Milano è stato in realtà solo il primo passo della querelle tra Kiwi e Ryanair. La low cost, non contenta del risultato ottenuto, è passata al contrattacco, schierando gli avvocati per imporre alla Ota di consegnare i dati reali dei clienti che acquistano biglietti aerei del vettore tramite Kiwi.
La conclusione però questa volta è stata diversa: sono infatti ben tre le sentenze pronunciate a favore della piattaforma di distribuzione. Altro tema caldo, quello degli aiuti di Stato.
Ryanair non è nuova agli strali contro i soldi versati dai Governi a sostegno delle compagnie aeree major; i lettori più attenti si ricorderanno tutte le invettive lanciate da Michael O’Leary a ogni tentativo di salvataggio di Alitala, contro la quale il ceo non mancava di puntare il dito. Ma, anche in questo caso, Ryanair non si è fermata alle parole. La tempesta Covid infatti ha messo spalle al muro i vettori, molti dei quali (soprattutto tra le principali legacy, ovvero i vettori storici) hanno dovuto far ricorso a linee di credito agevolate fornite dagli stessi Governi.
AIUTI DI STATO
Una mossa contro cui Ryanair, dopo la ripresa dei viaggi, è subito partita lancia in resta. Scagliandosi innanzitutto con gli aiuti riconosciuti proprio ad Alitalia, per i quali si è rivolta direttamente a Bruxelles. Niente da fare: la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha infatti stabilito che il prestito statale durante la pandemia era compatibile con le normative e con il mercato interno dell’Ue. Ma Ryanair non si è limitata a questo e ha portato davanti alla corte Ue anche i governi di Francia e Svezia. L’epilogo non è stato differente: i giudici hanno stabilito che i sostegni sono stati riconosciuti in un contesto di attività praticamente azzerata a causa della pandemia. Dunque, non possono essere considerati elementi distorsivi della concorrenza, in quanto sostanzialmente non c’era nessuna attività commerciale da svolgere.
IL CASO BOOKING.COM
Tutto qui? No, perché dopo aver battagliato con le Ota, le associazioni di categoria e persino i governi, ormai Ryanair sembra non fermarsi di fronte a nulla. E ha schierato gli avvocati anche contro il colosso dell’ecommerce turistico Booking. com. In realtà non è la prima volta: i due giganti del travel si erano già trovati faccia a faccia nel 2020, quando il vettore aveva sfidato il player e le sue controllate sul tema della rivendita dei biglietti Ryanair. La questione in ballo, dunque, era ancora la stessa: la battaglia del vettore contro qualunque forma di intermediazione.
Ma quest’anno Ryanair è tornata sull’argomento dopo l’annuncio dell’acquisizione di Etraveli proprio da parte di Booking.com. La questione sul banco è la medesima: secondo la low cost il gruppo avrebbe potuto sfruttare la piattaforma appena acquisita per accedere ai biglietti Ryanair.
La vicenda, tuttavia, ha avuto un epilogo breve, dal momento che il merger Booking.com-Etraveli è stato bloccato dall’Unione europea. Decisione che ha causato un insolito endorsement da parte della low cost nei confronti di Bruxelles.
E le vicende non si concludono qui. Ryanair, negli scorsi mesi, si è infatti resa protagonista della raccolta firme per una petizione riguardante gli scioperi dei controllori di volo e in particolare quelli in Francia. Secondo la legislazione d’Oltralpe, afferma la low cost, lo stop dovuto alle proteste si va a ripercuotere in particolare sui sorvoli, a differenza di quanto accade con le regole in vigore in altri Paesi europei come l’Italia, la Grecia e la Spagna. Per ora nulla sembra muoversi, a parte una dura presa di posizione dei sindacati francesi. Ma non è detto che Ryanair non abbia altre mosse in programma.
Tra le battaglie, quella contro gli scioperi dei controllori di volo