Casey Affleck
Se mi fate i complimenti, ci credo
Q«Quando ha deciso che avrebbe fatto l’attore?» gli chiedo. «Non sono ancora sicuro che lo farò» mi risponde il 41enne Casey Affleck (fratello di Ben). Quest’anno è il favorito nella corsa all’Oscar come miglior attore protagonista di Manchester by the Sea (al cinema dal 16 febbraio; recensione a pag. 99), eppure a Hollywood rimane un outsider. Il talento naturale, messo in luce da film come L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007), finora non è bastato a lanciare la sua carriera, disseminata di alti e bassi. Forse è colpa del carattere schivo, che scoraggia persino i paparazzi più indomiti. Però il giorno del nostro incontro aToronto, in occasione della première di Manchester
by the Sea, Casey è tutt’altro che ritroso: è brillante, ironico, molto alla mano. Il look - capelli lunghi, barba incolta e aria stralunata - conferma l’indole un po’ ribelle. Di lui la definizione più bella la offre l’amico Matt Damon: «Casey è un puro, ha più integrità morale di me e Ben messi insieme». Ed è stato proprio Matt, rinunciando al ruolo del tormentato tuttofare di Manchester by the
Sea (che finora è valso a Casey oltre 20 premi, compreso il Golden Globe), a
concedergli l’occasione di una vita. Nel film, il minore dei fratelli Affleck è Lee Chandler, un uomo taciturno alle prese con l’elaborazione di un terribile lutto. Lee Chandler sembra un tipo pacato, ma quando si arrabbia esplode: a lei è mai capitato di dover gestire così tanta rabbia? «Siamo tutti bravissimi a mentire! Fingiamo spesso di stare bene, mentre abbiamo dentro una bomba a orologeria. L’unica soluzione è tirar fuori tormenti e malumori e circondarci di persone che ci amano davvero per quello che siamo. Sono le uniche pronte a sopportare la nostra parte più sgradevole». Nel passato del suo personaggio è nascosto un dramma atroce... «Per interpretarlo ho cercato di esplorare i miei sentimenti più reconditi. Per essere credibile un attore non può fingere: deve provarle quelle emozioni». Come fa, al termine delle riprese, a liberarsi dal dolore? «Da un lato non vedo l’ora di prenderne le distanze e tornare dai miei figli (Indiana di 12 anni e Atticus di 9, avuti dall’ex moglie Summer Phoenix, sorella di Joaquin, ndr), dall’altro ho subito voglia di rituffarmi in quell’atmosfera. Sono come un soldato che torna a casa e continua a sognare la guerra, nonostante sappia che è orrenda». Ma recitare è come andare in guerra? «Diciamo che è un mestiere strano e che non ha niente di magico: tutti, messi nelle giuste condizioni, potrebbero farlo. L’unica cosa davvero particolare degli attori è che lavorano per un breve periodo con certe emozioni e che investono il periodo successivo per liberarsene». Interpreta sempre uomini angosciati: non si trasformerà mai in un eroe romantico? «Ho sempre scelto personaggi in cui mi identificavo. L’unico svantaggio è non poter mostrare quei film ai miei figli perché, in genere, o uccido qualcuno o vengo ammazzato. Ho pensato di rimediare recitando in L’ultima tempesta (film Disney del 2016, ndr). I miei ragazzi l’hanno visto, ma si sono talmente annoiati che mi sono ripromesso di non tradire più i miei gusti. Per quanto riguarda gli eroi romantici, credo che siano dei grandi bugiardi, ma magari sono io a essere ignorante in materia. In amore sono un disastro!». Parlano di lei come di un probabile premio Oscar: che effetto le fa? La sua carriera non è mai stata lineare... «Infatti ho anche pensato di smettere: preferivo cambiare lavoro piuttosto che accettare film solo per tirare a campare. Ora considero Manchester
by the Sea una pellicola speciale, ma ormai ho sviluppato un meccanismo di sopravvivenza che mi rende impermeabile alle aspettative. Certo è che se le persone continuano a farmi complimenti finirò per crederci!». Presto tornerà alla regia. Dove ha trovato il coraggio dopo il flop del mockumentary (finto documentario) da lei diretto
I’m Still Here con Joaquin Phoenix? «Io e Joaquin volevamo risultare credibili pur proponendo qualcosa di assurdo. Pensavamo che gli spettatori avrebbero riso, invece l’hanno presa maledettamente sul serio: alla première ridevamo solo io e lui. Spero che il nuovo film abbia un percorso diverso. Bisogna confidare nell’intelligenza del pubblico». T