Ewan McGregor
Mi mancano solo un po’ gli Oasis
«A Edimburgo, ho guardato negli occhi i miei 20 anni». A giudicare dal tono in cui lo dice, l’emozione gli ha preso lo stomaco. È già passata qualche settimana dal red carpet di T2: Trainspotting, il sequel più atteso dell’anno (il primo Trainspotting è oggetto di culto mondiale), ma Ewan McGregor sente ancora l’adrenalina. «L’entusiasmo del pubblico è stato travolgente, toccante» dice tamburellando sul borsalino: «Un’esperienza fantastica». E sì che McGregor, il mitico Obi-Wan Kenobi di Star
Wars (episodi I, II e III), in oltre 20 anni di carriera di “esperienze fantastiche” deve averne vissute parecchie. Capelli rasati per esigenze di copione - sta girando la terza serie di Fargo, il dramma di Sky Atlantic di cui è il nuovo protagonista - maglione nero e skinny jeans, Ewan ha 45 anni, ma ne dimostra molti, ma molti meno. Scozzese, sposato da quasi 22 anni con la scenografa francese Eve Mavrakis, ha quattro figlie: Clara, ventenne aspirante fotografa e modella, Esther (14 anni) e le adottive, Jamyan (14) e Anouk (6), e deve la sua fama proprio a Trainspotting. Nel film del 1996, tratto dall’omonimo romanzo di IrvineWelsh e diretto da Danny Boyle, interpretava Mark Renton, un eroinomane che insieme a un gruppo di amici, i tossici Sick Boy e Spud, più il violento Franco Begbie, decide di salvarsi dall’autodistruzione abbandonando Edimburgo e lo squallore del quartiere dove vive. Ma andandosene tradisce i vecchi amici. Ed è qui che entra in gioco T2: Trainspotting, nelle sale dal 23 febbraio e sempre diretto
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da Danny Boyle. Mentre lui conduce una vita più o meno felice ad Amsterdam, gli altri se la passano male e meditano vendetta. Begbie è in carcere, Spud continua a lottare contro la dipendenza, Sick Boy si è dato al mercato del porno. E dopo tanto tempo si ritroveranno.
Cosa ha reso speciale questa reunion?
«Scoprire che il nostro legame fosse ancora forte anche se non ci eravamo più visti, come accade ai protagonisti del film. Ma anche scoprire che cosa era successo ai nostri personaggi in questi 20 anni. Esplorandone la vita e la giovinezza. Un’opportunità che a un attore non capita quasi mai».
Che cosa le manca di più del 1996?
«La musica, soprattutto quella degli Oasis. Forse perché ai tempi sognavo di diventare una rock star».
Per inseguire quel sogno, a 16 anni ha abbandonato la scuola. Ma quando sua figlia Clara ha chiesto di fare altrettanto, non è mica stato d’accordo.
«Infatti ci ha ripensato! E ora è a NewYork, alla Tisch School of the Arts, dove frequenta un corso di fotografia».
Voi però state a Los Angeles: che cosa ha provato quando se n’ è andata?
«All’inizio, non averla per casa è stato strano. Poi, ti ci abitui. E dato che si tratta di un processo inevitabile, se vuoi che i tuoi figli crescano, devi lasciare che vadano per la propria strada».
A proposito, che effetto le ha fatto tornare a Edimburgo? Sono anni che ha lasciato la Scozia.
«Me ne sono andato che avevo 17 anni. E l’ho riscoperta grazie a questo film. Sono nato a Perth, circa 70 km da Edimburgo, ma la capitale fa parte della mia infanzia, ci venivo con la mia famiglia durante i weekend, e grazie a mio fratello Colin che vi ha frequentato l’università, anche un po’ della mia adolescenza. Tornarci è stato bellissimo. All’inizio, come Renton, sono rimasto colpito dai cambiamenti e dall’atmosfera. Giovane, vibrante, diversa. Poi, giorno dopo giorno, ho stabilito una profonda relazione con questa città. Soprattutto con l’Arthur Seat, la collina che la domina nonché la meta delle mie corse quotidiane insieme a Jonny Lee Miller (l’attore che interpreta Sick Boy, ndr)».
Per Ewan McGregor, invece, cos’è veramente cambiato in questi 20 anni?
«Fondamentalmente sono lo stesso. Anche se sono più vecchio, sono padre e ho finalmente diretto il mio primo film (Pastorale Americana, ndr)».
Rimpianti?
«Nessuno che riguardi la carriera - sono orgoglioso dei film che ho fatto - o la vita privata. Però, aver tagliato i ponti con Danny Boyle e non avergli rivolto la parola per 10 anni mi è pesato parecchio».
Che cosa era successo?
«Ci siamo allontanati nel 2000 a causa di Leonardo DiCaprio. Con Boyle oltre a Trainspotting avevo girato Piccoli omicidi tra amici e Una vita esagerata. Eravamo amici, avevamo una sintonia perfetta e pensavo che per The Beach, il suo primo film a budget hollywoodiano, avrebbe scelto me. Invece scelse DiCaprio. E io ci rimasi malissimo. Mi sentii tradito. E gli tolsi il saluto. Una reazione esagerata, lo ammetto».
È stato T2 a farvi riavvicinare?
«In realtà è stato un avvicinamento graduale. Ci siamo incontrati diverse volte, ma ho sempre “mancato” il momento giusto per parlargli. L’ultima volta a Londra, poco prima della sua partenza per Edimburgo. Ci stava andando con Irvine-Welsh, i produttori e lo sceneggiatore, per pensare a Trainspotting 2. Il film, mi disse finalmente, in cui avremmo di nuovo lavorato insieme». T