L’abito (che vince) fa il cosplayer
DA MODA ADOLESCENZIALE GIAPPONESE ISPIRATA AI MANGA A FENOMENO MONDIALE CON DECINE DI MIGLIAIA DI ADEPTI. ANCHE L’ITALIA, DURANTE TORINO COMICS, HA ELETTO I SUOI CAMPIONISSIMI DEL TRAVESTIMENTO
DDimenticate stelle filanti, trombette e dozzinali costumi da cartoleria. Il cosplay non è un pacchiano Carnevale, ma una vera arte trasformistica. Il suo elemento chiave è la capacità di giocare con le identità, incarnando un personaggio che può essere, di volta in volta, ispirato ai manga, ai videogames o anche alle star della scena musicale e dello showbiz. Richiede doti interpretative e un costume originale, cioé un pezzo unico e autoprodotto di grande fattura sartoriale. Così, impersonando la templare e nobildonna MariaThorpe del celebre gioco Assassin’s Creed, la milanese Sheila Alessandrini è stata eletta campionessa italiana dell’International Cosplay League, lo scorso 23 aprile a Torino Comics (Salone del fumetto, dei giochi e dei videogiochi). Mentre i gemelli Marco ed Enrico Callioni, di Bergamo, con l’interpretazione di Ruby e Sapphire, personaggi creati dalla disegnatrice nipponica Sakizou, hanno vinto la gara a coppie. Il prossimo settembre, durante il Japan Weekend, andranno a Madrid per rappresentare l’Italia nella finalissima del Campionato mondiale dei cosplayer. Nata negli anni 90 in Giappone, questa sofisticata moda teen si è diffusa rapidamente tra i giovani di tutti i Paesi occidentali, travalicando i confini dei personaggi dei manga e degli anime da cui era nata. A Tokyo, capitale del cosplaying, c’è un quartiere alla moda, Harajuku, dove ogni fine settimana centinaia di ragazzi interpretano in costume i loro idoli per la gioia di turisti, curiosi e fotografi. Chi è tentato dalla risata liquidatoria, ricordi le parole dello stilista britannico John Galliano: «La moda è soprattutto arte del cambiamento». Un cambiamento che, nel cosplaying, tocca anche l’identità attraverso un costume che diventa, quasi per gioco, una seconda pelle da indossare.