Alessandro Borghi Facevo Economia. E andavo anche bene
ALESSANDRO BORGHI È SULLA CROISETTE PER IL FILM FORTUNATA, DOVE SI TRASFORMA IN UN RAGAZZO BIPOLARE. RUOLO DIFFICILE COME QUELLO DEL CATTIVO DI SUBURRA CHE LO LANCIÒ (E CHE ORA DIVENTA UNA SERIE TV). PENSARE CHE LUI, EX UNIVERSITARIO CON LA BORGATA NEL CU
P«Per me il mondo si divide in due: ci sono i gentili e gli stronzi. Ma vinceremo noi, i gentili». Alessandro Borghi ha un’aria dolce che è un modo di essere e una scelta di vita, ma i cattivi che interpreta sullo schermo gli vengono da premio. Dopo averlo visto tatuato e spietato in Suburra di Stefano Sollima (di cui sta girando la serie tv), fa colpo per l’esatto opposto della spacconeria borgatara che l’ha lanciato nella meglio gioventù del cinema italiano. Socievole, senza pose da attore, mostra pure un’ombra di timidezza se gli si chiede del successo e dei premi recenti. Dopo il Ciak d’oro come rivelazione del 2016 e due candidature al David di Donatello (per
Suburra e Non essere cattivo di Claudio Caligari), il 21 maggio lo vedremo sul red carpet del Festival di Cannes: interpreta un ragazzo bipolare in Fortunata di Sergio Castellitto, con JasmineTrinca e Stefano Accorsi, film presentato sulla Croisette nella sezione “Un certain regard” (nei cinema il 20 maggio). Con i capelli lunghi e il volto di una donna tatuato sul braccio, sarà diversissimo da come l’abbiamo visto finora. «Un personaggio che ho amato follemente» dice il 30enne romano.
Ce lo racconta?
«Si chiama Chicano ed è il migliore amico della protagonista, Fortunata. Per interpretarlo, ho cercato testimonianze di persone bipolari e non
può immaginare quante ne abbia trovate suYoutube: ci sono ragazzi che si confessano in rete per condividere le loro esperienze».
Questa storia è ambientata in una borgata, come altre che lei ha interpretato. Aver vissuto in realtà simili è stato d’aiuto per lei?
«Certo. La borgata è il luogo dove comprendi l’indole umana: è davanti ai grossi problemi della vita che vedi la qualità delle persone. Lì i ragazzi possono diventare cattivi e prepotenti, molti però sono solo vulnerabili. Hanno un grande cuore, sono veri. Se ti vogliono bene si danno al cento per cento, senza filtri. È a loro che mi piace parlare oggi, anche attraverso i film. Se uno di questi mi dice “Sei bravo, m’hai fatto piagne” (in romanesco,
ndr), io sono felice molto più di quando i complimenti me li fa uno che sta ai Parioli. Forse è per questo che credo nel potere della gentilezza».
Non pensa che i generosi vengano spesso presi per scemi?
«Pazienza. Se dico “buongiorno” in ascensore e i presenti non mi rispondono, io insisto, faccio diventare quel “buongiorno” una coltellata. Perché sono fiero di passare per scemo davanti a uno che la gentilezza non sa cosa sia».
Vivendo in periferia non è mai rimasto invischiato in situazioni borderline?
«No, le conosco bene ma sono stato furbo a non cascarci dentro. Ho amici ai quali sono stato sempre leale, senza mai diventare come loro».
Lei ha iniziato come modello e stuntman: voleva già diventare un attore?
«E chi ci pensava! A 18 anni facevo arti marziali e, fuori dalla palestra, mi fermò un agente a caccia di volti nuovi per la serie Distretto di polizia. Mi disse: “Cerco uno con la faccia da figlio di mignotta, capace di fare a pugni”».
E lei aveva quella faccia lì?
«Mah... Allora ero rasato e quel giorno avevo un occhio nero. E poi l’avevo guardato storto, non lo conoscevo ed ero diffidente. Io non mi sarei mai proposto come attore: dopo le superiori mi sono iscritto alla facoltà di Economia».
Le piaceva studiare economia?
«Assolutamente no! (Ride). Ma sa com’è, a quell’età uno pensa che sia il modo migliore per trovare lavoro. E andavo anche bene. Il primo set, nell’agosto del 2006, è stato quello che mi ha cambiato la vita: ho capito subito che recitare mi piaceva tanto, troppo per restare solo un’esperienza».
Ora è difficile immaginarla manager in giacca e cravatta...
«Difatti poi ho lasciato l’università. I miei si erano un po’ preoccupati. Mio padre è un impiegato, mia madre fa la cuoca. Mi hanno sempre spinto a seguire quello che mi piace, però, e ora sono i miei più grandi fan».
Come ha capito di avere talento?
«Perché riuscivo a fare con naturalezza, senza fatica, qualcosa che non mi ero mai sognato di poter fare. E dopo otto anni di televisione, avere il ruolo di
Suburra è stata una conferma: quello è un personaggio profondamente disturbato e cattivo».
E ora è Chicano in Fortunata, tratto dal romanzo di Margaret Mazzantini. Com’è stata l’esperienza sul set, con Sergio Castellitto regista?
«È stata un’esperienza davvero intensa e diversa da tutte le altre. Prima ho sempre recitato “di pancia”, aiutandomi soprattutto con l’istinto. Con Sergio e Margaret non potevo fare così, perché costruiscono un universo tutto loro che è molto legato alle parole, alla sceneggiatura... eppure si muovono senza esserne schiavi. È quasi come trovarsi in una dimensione onirica».
Della serie tivù Suburra, attesa su Netflix, può anticiparci qualcosa?
«Posso solo dire che è molto diverso e interessante sviluppare un personaggio e una storia nel tempo».
A 30 anni è impegnatissimo anche nei sentimenti (è fidanzato da quattro anni con la ballerina Roberta Pitrone, ndr). È vero, come ha scritto qualcuno, che sente il desiderio di paternità?
«Anche se convivo con la mia compagna, a essere sincero non ci penso ancora seriamente. In futuro, si vedrà».T
Ho cominciato a recitare per caso, a 18 anni. Mi ha fermato un agente a caccia di volti nuovi. Cercava uno con la faccia da figlio di mignotta...