Javier Bardem Mi è andata bene: non ciondolo al bar
JAVIER BARDEM «IL MONDO È PIENO DI ATTORI SCONOSCIUTI E IN DIFFICOLTÀ» DICE LUI, CHE HA INVECE SUCCESSO E FASCINO DA VENDERE (È CALIENTE!). NEI PANNI DEI PERSONAGGI BRUTTI E CATTIVI, PERÒ, CI STA DA DIO. L’ULTIMO È UN CAPITANO CHE VUOLE FARE LA FESTA AL S
E E tre. È la terza volta che Javier Bardem, nei suoi 48 anni e oltre 50 film, diventa mostruoso. Lo ha fatto da Oscar quando ha dato il volto all’assassino folle di Non è un paese per
vecchi dei fratelli Coen, primo attore spagnolo a conquistare la statuetta nel 2008. Poi ha dato filo da torcere a James Bond in Skyfall nel ruolo di un criminale biondo, glaciale e spietato (2012). E ora arriva la versione più fiabesca della sua furia da grande schermo: è lui il “villain” di Pirati
dei Caraibi - La vendetta di Salazar, per la regia di Joachim Rønning e Espen Sandberg, nei cinema dal 24 maggio (recensione a pag. 115). Nel quinto capitolo della saga iniziata nel 2003, il corsaro Jack Sparrow (Johnny Depp) è inseguito da questo capitano soprannominato “macellaio del mare”, una specie di zombie in cerca di vendetta con ciurma di fantasmi marinai al seguito. Con tre ore di trucco quotidiano sul set aggiunte alle magie digitali, la faccia scolpita di Bardem è un vero spavento. Ma anche da bruto, Javier è uno che piace da matti.Voce roca, fisico massiccio (giocava a rugby), sembra aderire perfettamente al cliché dello spagnolo caliente. Chissà quante romantiche hanno invidiato la moglie, l’attrice Penélope Cruz, quando le ha dedicato il premio come miglior attore ricevuto a Cannes nel 2010 (per Biutiful di Alejandro G. Iñárritu) dicendo: «Voglio dividerlo con te perché ti sono grato e sei il mio amore».Allora
stavano per sposarsi e ora hanno due figli, Leonardo e Luna (di 6 e 4 anni). Bardem è stato sulla Croisette anche lo scorso anno per presentare il film di Sean Penn The Last Face (nei cinema dal 29 giugno), storia d’amore tra un medico in missione in Africa durante una guerra civile e la portavoce di una Ong (Charlize Theron).
I suoi “mostri”, però, non sono finiti. Presto la vedremo in Escobar, film sul narcotrafficante colombiano, e in Frankenstein. Prova attrazione per i personaggi neri e ombrosi?
«Noi attori siamo curiosi e un po’ avvocati del diavolo: cerchiamo di capire e difendere i nostri personaggi anche quando sono i peggiori killer. Capirne le motivazioni profonde è il bello del mestiere».
Cosa spiega la fame di vendetta di Salazar?
«L’ho immaginato come un uomo d’onore, forte e orgoglioso come erano gli ammiragli della flotta spagnola. Salazar insegue il giovane pirata che lo aveva affrontato e tradito anni prima. Per interpretarlo ho pensato a un toro ferito, colpito alla schiena ma ancora capace di tirare fuori la grinta e combattere. Ho dato un tocco latino a un personaggio che parla inglese, perché i registi volevano che avesse qualcosa di speciale, che non fosse già stato visto».
Lei si è sempre detto pacifista: non è dura prestare il volto a uomini brutali?
«I film sono pieni di violenza perché purtroppo la vita lo è, il cinema cerca di guardarla dritta in faccia. E poi non è facile neppure interpretare Gandhi. Quando vidi il film con Ben Kingsley, a 12 anni, restai così colpito che continuai a disegnarlo per giorni come se volessi catturarne l’anima».
È vero che voleva fare il pittore?
«Mi piaceva molto disegnare volti, a volte caricaturali, tipo fumetto».
Lo fa ancora?
«Solo quando parlo al telefono, ma sono scarabocchi».
Lei è nato alle Canarie da una famiglia di artisti e registi; ha recitato per la prima volta a sei anni insieme a sua madre, ma da giovane non sognava di fare l’attore. Cosa le ha fatto cambiare idea?
«Ho avuto fortuna: ho provato, mi è andata bene ed eccomi qui. Ma ci sono nato dentro, sapevo quanto può essere difficile e quanti non riescono a sbarcare il lunario, almeno il novanta per cento di chi fa il mio mestiere. Si parla degli attori celebri, ma il mondo è pieno di sconosciuti e sfortunati che ciondolano al bar. E poi in questo ambiente capita a molti di diventare improvvisamente una star e di essere dimenticati il giorno dopo».
A proposito di celebrità, com’è il chiacchierato Johnny Depp?
«Molto divertente, sempre gentile con tutti. Ed è rimasto lo stesso da quando l’ho conosciuto nel 1999, sul set di Prima che sia notte (diretto da Julian Schnabel, ndr) dove interpretava una drag queen. Il primo giorno di riprese arrivo, vedo una figura femminile da dietro, sinuosa, sottile, e dico ad alta voce: “Bel culo”. “Guarda che è Johnny” mi dicono. “E vabbè, bel culo lo stesso” (ride, ndr).A parte questo, stare con lui è una festa: è un vero clown, alla Jack Sparrow».
Nel prossimo film, Escobar, recita con sua moglie Penélope. Com’è stato tornare sul set insieme dopo l’esperienza di The Counselor, due anni fa?
«Bello.Abbiamo atteso anni per girare questa storia (Bardem è anche produttore, ndr). Penélope interpreta una giornalista, è bravissima, gran lavoro».
In comune avete, tra le altre cose, l’Oscar (Penélope Cruz l’ha vinto nel 2009 per Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen). Ne parlate mai?
«No. Se poi le statuette si parlino tra loro, questo non lo so». T
È vero, i film sono pieni di violenza. Perché la vita purtroppo è così. Il cinema, semplicemente, cerca di guardarla dritto in faccia