Romy Schneider
Ti ricordi, Alain (Delon, suo compagno dal 1958 al 1964, ndr) di quando mi accogliesti all’aeroporto di Parigi con un mazzo di rose in mano, per girare il nostro primo film insieme? Sono passati dieci anni da allora, ed eccoci di nuovo qui, aeroporto diverso (quello di Nizza,
ndr), film diverso (La piscina, 1969, ndr) ma ancora io e te, a ricordare l’amore che ci ha uniti. Ero estasiata quando seppi che il “bel tenebroso” più famoso di Francia voleva avermi come partner, e ancor più felice perché finalmente mi liberavo del ruolo sdolcinato (quello de La principessa Sissi, ndr) che mi aveva dato la celebrità. Non solo non avrei mai voluto interpretare un personaggio del genere, ma non mi importava nemmeno di recitare: fu mia madre a trascinarmi sul set a soli 15 anni. Il quarto film della serie era già pronto per essere girato quando dissi basta e strappai il contratto. Se proprio dovevo fare l’attrice, allora avrei scelto io i miei ruoli, mostrato al mondo che dietro l’aspetto da “fatina viennese dagli occhi azzurri”, c’erano talento, passione e coraggio da vendere.
IL SUCCESSO NON MI BASTA
Me ne andai a Parigi e dai set zuccherosi di Vienna e mi ritrovai catapultata nel cuore del cinema d’autore.“Una maturità inattesa per una ragazza incantevole ma grezza, che si è cimentata soltanto in personaggi stucchevoli” scrissero i critici dopo che lavorai con Orson Welles e LuchinoVisconti, facendomi sentire al settimo cielo. E poi naturalmente c’eravamo noi, i baci, le promesse di un amore che è stato eterno finché è durato. “Ti avrei reso infelice, mia Puppelé (“bambolina”, come la chiamava Delon, ndr), lasciandoci, sarà più facile restare amici” mi scrivesti in un biglietto di poche righe. Avevi ragione, siamo rimasti amici, tanto da condividere la tenerezza dei ricordi. Mi chiedi se sono felice? Ho un marito e un figlio meravigliosi, ma mi hai insegnato tu a non fidarmi dei “per sempre”. Magari un giorno la vita mi toglierà tutto, e non basterà il successo a curare le ferite dell’anima. Carmen Scotti