Sean Penn Parlo forse greco ai giapponesi?
IL SUO NUOVO FILM, CHE RACCONTA UNA GUERRA, NON È STATO CAPITO. OFFESO? «NO, SOLO DELUSO». ANCHE PERCHÉ LUI, DA REGISTA, SUL SET CI STA COME MINIMO TRE ANNI. IL TEMPO, PIÙ O MENO, DI UN INNAMORAMENTO
TTutto, nella testa di Sean Penn, è scaturito da un dramma privato. «Mio figlio Hopper ha rischiato di morire dopo un incidente con lo skateboard e, quando l’hanno operato al cervello, ho scoperto quanto possa essere utile la morfina, che ha curato il suo dolore e l’ha aiutato a recuperare. Me ne sono ricordato nel gennaio 2010, quando ho visto in tv le immagini del terremoto di Haiti. Uno dei servizi spiegava che in quel momento gli interventi chirugici d’emergenza, incluse le amputazioni, spesso venivano eseguiti senza nessun tipo di medicazione o anestetico. Ho detto spesso, per scherzo, che un attore a Hollywood sa sempre dove trovare dei narcotici, ma lì servivano 350mila fiale di morfina e ketamina. Perciò ho messo insieme un gruppo di amici volenterosi per trovarle e ho parlato col governo per ottenere un posto dove atterrare. Il mio impegno per Haiti è cominciato così. Un trip partito dal più privato dei traumi: la testa di mio figlio». Quell’esperienza l’ha cambiato profondamente e ha anche stravolto l’organizzazione del suo ultimo film da regista, Il tuo ultimo sguardo (recensione a pag. 101) che si svolge nell’arco di 13 anni e due guerre civili africane, quella della Liberia del 2003 e quella attuale nel Sud Sudan. Protagonisti del film sono la direttrice di una Ong e un chirurgo militante, che si innamorano. Di quel progetto a casa Penn si parlava da 14 anni: ma con un’altra regista e un’altra protagonista (l’ex moglie RobinWright, ndr), mentre lui avrebbe interpretato un personaggio di contorno, un giornalista. Dopo l’esperienza di Haiti, però, all’attore è tornata la voglia di affrontarlo in prima persona e la formazione è cambiata: Penn regista,
Charlize Theron, allora sua fidanzata, protagonista. E il figlio Hopper nel ruolo del giornalista. Presentato a Cannes l’anno scorso, è stato un flop: fischiato dal pubblico, strapazzato dai critici e ignorato dai distributori internazionali che avrebbero dovuto comprarlo. Ed è stato paragonato a By the Sea, la pellicola diretta da Angelina Jolie e interpretata insieme al marito Brad Pitt, che ha segnato la fine del loro amore. Esattamente come è capitato a Sean e Charlize, che si sono lasciati prima ancora di finire il film, e a Cannes erano imbarazzatissimi. Penn nel frattempo è tornato a fare l’attore (The Professor and the Madman) e il playboy (ultimo flirt certificato: Leila George, figlia di Greta Scacchi eVincent D’Onofrio, 24 anni, 33 meno di lui).
Si è offeso per la reazione dei francesi?
«No, a Cannes sono sempre un ospite di riguardo.Avevo già presentato due film da regista, Lupo solitario con Mortensen e La promessa conNichol son. Vent’ anni fa mi avevano dato la Palma d’Oro come migliore attore per She’s So Lovely - Così
carina di Nick Cassavetes. Dunque, né offeso né arrabbiato. Deluso sì».
Come se lo spiega?
«L’artista propone, ma cercare spiegazioni a posteriori non è il suo compito».
Qualcuno ha ipotizzato che il suo impegno di attivista sia d’intralcio a quello d’artista…
«Chi la pensa così per me può andare a farsi fottere».
Qual era l’obiettivo del suo film?
«Combinare le tensioni fra i popoli con quelle di coppia, per dimostrare come la violenza possa sabotare entrambe.A un certo punto il personaggio di Charlize Theron dice che la sua ambizione era quella di salvare il mondo… Quando lo dice si riferisce al suo idealismo di bambina, ma ora che è adulta fa un risolino, come se ridesse di sé per averlo pensato. E per prevenire quella che penso sarà la sua domanda successiva, non c’è niente di autobiografico in quella frase: da adulto non l’ho certo mai detta né pensata».
E da bambino?
«Beh, tutti abbiamo idealmente indossato il mantello del supereroe immaginando di poter volare per sconfiggere i cattivi. Ma con l’età sono diventato più realista e pragmatico».
Sono passati dieci anni dal suo penultimo film da regista, Into the Wild - Nelle terre
selvagge, un gran successo. Recitare è più importante che dirigere per lei?
«Per me non c’è nessun legame fra l’attore Sean Penn e il regista Sean Penn: sono due omonimi che incarnano sogni diversi. Ma dirigere è il sogno primario. Il problema è che farlo come lo faccio io porta via almeno 3 anni: un sacco di tempo che può far perdere freschezza».
Succede così anche alle sue storie d’amore?
«Sarebbe bello, dopo tre anni che stai con una donna, svegliarsi la mattina col desiderio di odorarle la nuca, ma è difficile conservare quel sentimento a lungo. Nel mio mestiere la lettura della sceneggiatura è emozionante quanto la prima notte d’amore».
Quando tornerà a fare il regista?
«Quando sarò convinto di non parlare greco ai giapponesi, come temo stia accadendo in questo momento». T
Sarebbe bello conservare per una donna gli stessi sentimenti che si provano all’inizio di una relazione, ma purtroppo col tempo si perde in freschezza. Succede così anche nel lavoro