Matt Bomer Nascondo bene i miei difetti
MATT BOMER L’EX STRIPPER DI MAGIC MIKE METTE IL DOPPIOPETTO PER UNA SERIE TV DI AMAZON: INTERPRETA THE LAST TYCOON NEL RUOLO CHE FU DI ROBERT DE NIRO. E, ALLA VIGILIA DEI 40 ANNI, È FELICE DELLA “PROMOZIONE”. PERCHÉ, DICE, LUI NON SI SENTE BELLO
DDimenticate (se ci riuscite) lo stripper dagli occhi blu che potrebbe avervi stregato in Magic Mike e che è tornato a lucidare i pettorali per il seguito,
XXL. Ora Matt Bomer indossa il doppiopetto, ma continua a fare la sua figura: è infatti protagonista di The Last Tycoon, serie tv disponibile dal 28 luglio su Amazon Prime Video. Tratta dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald Gli ultimi fuochi (ed. Mondadori), è la storia di Monroe Stahr, magnate di Hollywood negli anni Trenta quando, tra crisi economica e avvento del nazismo, il mondo aveva più che mai bisogno di storie e speranze formato grande schermo. E, come nel film interpretato da Robert De Niro nel 1976, la vicenda di Stahr si dipana tra la vita negli studios e l’attrazione per una ragazza (Lily Collins) che gli ricorda la moglie scomparsa. In The Last Tycoon, Matt Bomer è elegantissimo. Alla vigilia dei 40 anni, dopo aver vinto il Golden Globe nel ruolo di un malato di Aids in The Normal Heart (2015) e aver girato il western d’autore I magnifici 7 di Antoine Fuqua (2016), vede finalmente valorizzare quel talento che l’etichetta di sex symbol rischia spesso di schiacciare. Una liberazione per lui. «Non mi percepisco come un bello e non lo dico per falsa modestia: è che sono cresciuto in una famiglia religiosa e conservatrice dove la vanità non era concessa» dice di quel marchio che, forse, gli va stretto anche per il suo orientamento sessuale. Nel 2012 ha dichiarato pubblicamente di essere gay e sposato al pierre Simon Halls (la coppia ha avuto tre figli da madri surrogate, Kit di 12 anni e i gemelli Henry e Walker di 9). L’abbiamo incontrato al Festival della Televisione di Monte-Carlo dove, doppiopetto e fazzoletto nel taschino, è arrivato a presentare la nuova serie tv. Il suo Monroe è molto diverso dai produttori di oggi? «Ne ho conosciuti tanti smili: oggi come allora, chi punta al business non sempre fa opere d’arte». The Last Tycoon ci prova: che cosa l’ha conquistata di questa storia? «C’è l’ossessione per l’immortalità. Il desiderio di essere ricordati per sempre, di lasciare una traccia, che c’era nel romanzo e anche nel film di Elia Kazan con Robert De Niro. Anche se la serie è una rivisitazione e cambia le carte in tavola».
❝Aspetto
con gioia di compiere 40 anni. Quando nei hai 30 sei preso dall’ansia di dimostrare quello che vali. Adesso che ho messo gli affetti al primo posto tutto è diventato più fluido. L’ho imparato dopo l’11 settembre: la vita può cambiare in pochi attimi.
Teme il paragone con Robert De Niro? «È un’icona per me, perciò faccia un po’ lei... In più sul set mi sono ritrovato con un altro mito della mia infanzia, Kelsey Grammer: sono cresciuto guardandolo nella serie tv Cin
Cin e vederlo recitare accanto a me è stato come tornare bambino». È vero che ha perso più di dieci chili per questo ruolo? «Sì, perché nel romanzo Monroe è descritto come un uomo un po’ ascetico, che mangia poco e sembra sempre sul punto di ammalarsi. Avevo preso la descrizione così alla lettera, che a un certo punto mi hanno detto: “Matt, fermati: non vogliamo che tu sparisca dentro al doppiopetto!”». La serie affronta anche il rapporto padri-figli: ci si riconosce? «Sì, come papà e non solo. La famiglia è importante per me, io sono legatissimo a mio padre e mio nonno: sono appena andato a trovarli in Texas. Quanto ai miei bambini, mi hanno fatto guardare le cose della vita nella giusta prospettiva. Confesso che penso un po’ a loro anche quando scelgo i progetti». L’11 ottobre compirà 40 anni: la maturità è una conquista o le mette ansia? «I 40 li aspetto a braccia aperte, perché non mi sono mai sentito così libero in vita mia. Quando ne hai 30 ti sembra di dover sempre dimostrare il tuo valore. Ora che ho messo il lavoro al secondo posto, dopo gli affetti, tutto è diventato più fluido». Cosa vorrebbe trasmettere ai suoi figli? «Spero di essere sempre aperto con loro, di incoraggiarli nelle loro inclinazioni, di aiutarli a sviluppare la loro personalità. Nella vita è importante restare fedeli a se stessi ma anche accettare le sfide con coraggio». Lei com’era a 20 anni? «Ero uno squattrinato pieno di sogni. Mi ero trasferito a New York (è nato a Houston, in Texas, ndr) e cercavo di sbarcare il lunario come cameriere mentre facevo anche la gavetta di attore a teatro. E un giorno decisivo è stato l’11 settembre del 2001». Si spieghi meglio... «Ricordo tutto di quel giorno. Avevo appena fatto un provino quando ho saputo dell’attacco alle Torri Gemelle. Quell’evento e i giorni successivi mi hanno tolto ogni dubbio sulla scelta da fare: bisogna inseguire i propri desideri, proprio perché la vita può cambiare in pochi attimi». È fatalista? «Diciamo che ho accettato l’idea di non avere il controllo totale sul mio destino, per questo mi do ogni giorno qualche piccolo obiettivo da raggiungere». Anni fa è stato ospite del Giffoni Film Festival, in Italia, e tra i ragazzini sembrava meno riservato del solito. «Merito dei bambini: con loro mi sento a mio agio, mentre i riflettori mi innervosiscono, mi fanno sentire vulnerabile. Non sono ancora abituato a espormi come vorrebbe lo showbiz». In Magic Mike si era esposto eccome... «Perché in quel caso avevo una missione: divertire il pubblico e, soprattutto, dirottare l’attenzione sulle donne anziché su di me. Quella sì è stata una soddisfazione». Fuori dal set, c’è qualcosa che le riesce particolarmente bene? «I tuffi acrobatici che faccio coi miei figli, dal trampolino. C’è una cosa però sulla quale iniziano a battermi. O meglio, lo fa Kit, il più grande: gli scacchi. Da quando ha preso lezioni con un maestro, ho dovuto riconoscere che sono molto meno bravo di quanto pensassi». Le abbiamo trovato un difetto, finalmente... «Uno? Ne ho altri, ma sono bravo a nasconderli!».