Jake Gyllenhaal. Serio, io? Adesso vi faccio ridere
JAKE GYLLENHAAL HA INTERPRETATO RUOLI TOSTI E INDIMENTICABILI (RICORDATE I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAIN?). E, DOPO AVER CANTATO A BROADWAY, ORA SFODERA PURE LA VENA COMICA. UNA SVOLTA? «NON PROPRIO. PERÒ MI SONO SUCCESSE MOLTE COSE, DI RECENTE, CHE MI HA
JJake Gyllenhaal si presenta con la stessa aria vagamente malinconica che gli abbiamo visto in molti film, da I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee al più recente Animali notturni di Tom Ford. Ma poi all’improvviso, con una specie di lampo tra le chiacchiere, ecco che ride e sfodera la battuta ironica. «Scelgo sempre ruoli seri e storie drammatiche? Eppure nella vita c’è chi si diverte a frequentarmi, sa?». Ora la vena comica emerge anche in un film. In Okja di Bong Joon-ho (vedi recensione a pag. 110), presentato all’ultimo Festival di Cannes e ora su Netflix, il 36enne attore americano è l’esuberante presentatore di un programma tivù su natura e animali: un tipo sopra le righe, malato di celebrità e tanto popolare quanto umanamente ridicolo. Voglia di divertirsi o questa è una svolta nella carriera? «È vero che la gente sembra sempre aspettarsi performance simili a quelle già viste. Qualche mese fa, vedendomi a Broadway nel musical Sunday in
the ParkWith George, si sono tutti sorpresi del fatto che so cantare. In realtà io cerco sempre ruoli che abbiano un senso per me, non elaboro ragionamenti e strategie sulla mia immagine. Ho accettato di girare Okja per lavorare col regista Bong Joon-ho e, in effetti, mi sono molto divertito». Le piaceva l’idea di un ruolo comico? «Non solo. Per qualche strano motivo, con lui succede sempre qualcosa di buffo, anche fuori dal set. Una volta stavamo chiacchierando insieme e, sul tetto di una casa che vedevamo bene dalla finestra, c’era una coppia che faceva sesso». Però non ci ha detto se questo film, o l’esperienza a Broadway, marcano una svolta nella sua carriera... «Negli ultimi anni mi sono successe cose che hanno provocato cambiamenti a catena. A cominciare dal divorzio dei miei genitori, pochi anni fa, che erano sposati da una vita.Tutti noi abbiamo dovuto cercare nuovi equilibri». E tutto questo si riflette sul lavoro? «Sì, perché fai un “reset”. Se qualcuno in famiglia inizia a svelare i suoi veri desideri, spinge anche gli altri a fare lo stesso. Nella vita e nel lavoro».
Mio padre è cristiano, mia madre ebrea. Io ho cercato un approccio diverso alla spiritualità studiando religioni orientali e facendo meditazione
Non ha sofferto per il divorzio? «Certo, ma ho anche cercato di capire le loro ragioni. Da genitori ci hanno dato un buon esempio, cercando la loro strada, l’autenticità e la felicità. Sono comunque grato ai miei per avermi aiutato nella professione (il padre è un regista tivù, la madre una sceneggiatrice e Jake ha esordito a 11 anni comparendo in Scappo dalla città con Billy Cristal, ndr). E poi so che qualunque cosa succeda, loro saranno sempre al mio fianco: se mai facessi scelte rischiose e fallissi, non mi giudicherebbero». È un amante del rischio? «Da un punto di vista creativo, sì. Molte persone cercano di restare in zona comfort, io adoro sperimentare». In generale, che cosa la fa stare bene? «Cose molto semplici, per non dire ovvie. Gli amici. La famiglia. Magari un bagno caldo. E il mio lavoro, che mi permette di esprimermi». Il successo? «È un’idea molto forte per noi americani, che ha messo radici profonde anche nella mia psiche. Con il tempo, però, la mia concezione è molto cambiata. È più legata alla vita quotidiana che alla carriera. Per me significa coltivare relazioni d’amicizia e d’amore. Ed è legato all’empatia. Le persone di successo sono quelle che vedo lavorare con passione per realizzare un progetto o che danno il meglio di sé per crescere i figli». Per lei che non ha bambini, il mondo del cinema è una famiglia? «Eccome. Molti anni fa, le troupe stavano sul set per mesi e doveva essere presente anche chi aveva un ruolo marginale. Oggi le tecnologie hanno ottimizzato i tempi, ma girare un film è un’esperienza forte, che crea legami intensi. E mi sembra che, negli ultimi tempi, il desiderio di una “famiglia lavorativa” sia cresciuto anche nei colleghi». Lei ha studiato religioni orientali. Questo ha cambiato la sua visione delle cose? «Alle superiori ero rimasto affascinato da un libro scritto da un Lama. E al college ho trovato un professore di religioni orientali così straordinario che ho voluto approfondire lo studio. Sarà perché mia madre è ebrea e mio padre cristiano, ma io cercavo un mio approccio alla spiritualità e credo di averlo trovato: più che a una divinità, credo che siamo tutti profondamente connessi tra noi. E pratico la meditazione». Crede nella reincarnazione? «Sì. O forse è meglio dire che ci spero! Vorrei tanto che avessimo altre vite future e altre opportunità, milioni di possibilità, per imparare e migliorare le nostre esistenze man mano». E in questa vita, in questo mondo di oggi, come si sente? «È un mondo pericoloso, ma anche bellissimo. E io non posso lamentarmi».