Fermo immagine Jeanne Moreau
Tu, ragazza mia, hai charme da vendere!» mi dice Coco Chanel, e lei non è una dal complimento facile. Ha chiesto d’incontrarmi dopo avermi visto camminare per le strade di Parigi accarezzata dalle note di Miles Davis (in Ascensore
per il patibolo di Louis Malle, 1957, ndr) e ha voluto a tutti i costi che indossassi la sua mitica little black jacket! Adoro le donne indipendenti come Coco, perché in loro rivedo me stessa e il mio amore per le sfide da affrontare a testa alta. Non ho mai abbassato lo sguardo di fronte a nulla, né a mio padre che, ubriaco, urlava a mia madre cose indicibili, né a tutti quelli che mi dicevano di lasciar perdere il cinema, perché ero “brutta e poco fotogenica”. «La vedremo», pensai dopo aver visto l’Antigone a teatro e aver capito che niente mi avrebbe distolto dal mio intento di recitare.
NON SONO UN RAGAZZACCIO
Di volontà, più che di sensualità, mi sentivo carica dalla testa ai piedi, e più ostacoli incontravo, più mi convincevo che sarebbe arrivata la mia grande occasione. «Sei diventata matta?Vuoi recitare per un tizio che ha fatto il subacqueo per Jacques Cousteau?», esclamò inorridito il mio agente riferendosi a Malle (che aveva girato con Cousteau il documentario Il mondo del silenzio, ndr) quando accettai la parte in Ascensore per il patibolo. Era un bellissimo giorno di primavera quello in cui io e Louis ci incontrammo, ma l’acquazzone che si scatenò di lì a poco fu un presagio del nostro rapporto “tempestoso”. Spiriti liberi, ci amammo perdutamente, ma tutto finisce, anche l’amour fou, e ti ritrovi a tu per tu con te stessa. È questo che fa un’attrice: passa il suo tempo a voltare le spalle, a scrollarsi di dosso ciò che è stato per accogliere altre persone, nuove storie, gli imprevisti della vita. Qualcuno mi accusa di vivere come un ragazzaccio, ma io preferisco pensare a me stessa come a una donna libera, convinta che la vita sia una lunga storia, e che bisogna finirla bene.