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La Cardiopost­a di Pulsatilla

- a cura di Eleonora Molisani

Detto chiaro e tondo, il mio lavoro mi fa schifo.Anche se mi ha dato la possibilit­à di avere due figli e di sostenermi economicam­ente per una vita, adesso sono stanca di stare al computer tutto il giorno, non ce la faccio più. Mi interessan­o molto le proprietà dei cristalli, ho un’ottima manualità e adoro realizzare orecchini e collane con le pietre. Però riesco a venderli solo a una cerchia ristretta di conoscenti e, come dice mio marito,“Non è un lavoro”. Ma ogni volta che entro in ufficio ho la sensazione di andare a buttare la mia vita invece di viverla. Tanya Molte persone detestano il proprio lavoro ma non hanno idea di cosa vogliono fare.Tu lo sai: vuoi realizzare gioielli e giocare con le qualità delle pietre. È un lavoro stupendo, in effetti. Ed è un lavoro, eccome, e sta a te farlo crescere. Soprattutt­o è il lavoro fatto a pennello per te, e questo si sente lontano un miglio. Comincia a tenere lo sguardo il più a lungo possibile su ciò che ami. Più lo tieni fisso sullo schifo, più rinforzi lo schifo. Quando siamo alle prese con un problema, un disturbo fisico, una situazione che non ci piace, una persona difficile, facilmente iniziamo a dargli così tanta attenzione da farlo diventare il nostro punto focale. E guardandol­o, e riguardand­olo, alimentiam­o il suo potere di magnetizza­rci. Non pensiamo più ad altro, non parliamo più d’altro e non facciamo altro che ripetere a noi stessi, e a chiunque, quanto siamo stufi di quella situazione. Lo schifo diventa il primo pensiero con cui ci alziamo e l’ultimo pensiero con cui andiamo a dormire. Non puoi cambiare la situazione in uno schiocco, ma senz’altro puoi iniziare da subito a darle meno potere. Non è quanto tempo passi in ufficio, ma come lo passi, a renderti così stanca: perché gli permetti di drenare le tue energie e sbiadire i tuoi sogni. Aspetto di vedere in giro le tue collane.

Mi manca da morire nonostante abbia fatto lo stronzo e nonostante non mi meriti... Come faccio a dimenticar­lo? Nuvoletta Nera ’93

Eccomi, Nuvoletta Nera. Mi hai mandato non so quanti messaggi, ma meno, credo, di quanti ne hai mandati allo stronzo. Messaggi in cui ripeti che gli uomini sono tutti bastardi, che le donne ci cascano perché amano essere trattate male, e che sei sola e triste.A volte ti firmi “Triste e Sola”. Se davvero ti interessa entrare in relazione con qualcuno, ti informo che stai sbagliando strada. Di solito, quando un metodo non dà i risultati sperati, è perché dobbiamo cambiare metodo. Se fai una dieta da fame e dopo due settimane ti accorgi di non aver perso un etto, significa che devi cambiare dieta. Questo approccio assillante, prepotente e lamentoso non funziona. Non funziona con me, figuriamoc­i se può funzionare con gli stronzi. Cosa vuoi che ti dica: “Poverina, sei triste e sola”? Sentirsi tristi e soli è una fase e dura il tempo che vuoi farla durare, e non un minuto di più. La responsabi­lità di come stai è solo tua. Se ti piacciono gli stronzi, è responsabi­lità tua. Incolpare gli stronzi di essere stronzi, o lasciare intendere che la tua serenità dipenda dal fatto che qualcuno risponda o meno ai tuoi messaggi, significa scaricare la responsabi­lità. Non va bene. Quella bambina triste e sola che tira la sottana della mamma per farle capire che è trascurata, è la tua bambina. Ascoltala, accarezzal­a, occupatene. È tua, non nostra. Perché qui ognuno di noi ha il suo bambino da crescere. E solo quando tutti i nostri bambini si sentiranno amati e protetti, dal di dentro, potranno fare qualcosa di bello insieme tra loro. Perciò forza e coraggio, tutti.T

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Pulsatilla scrittrice e sceneggiat­rice

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