Ellen Page. Avrei dovuto fare prima coming out
Vista da vicino Ellen Page, canadese, 1 metro e 55 di altezza, sembra tale e quale alla liceale del film Juno, con cui fu nominata all’Oscar dieci anni fa. E invece è una donna cresciuta: è appena intervenuta con forza nel dibattito sulle molestie sessuali che come un terremoto sta sconquassando Hollywood. Non solo: ha denunciato come omofobo e violento il regista Brett Ratner che nel 2006, sul set di
X-Men - Conflitto finale, rivolse a un’attrice un invito realmente brutale: «Dovresti scoparti Ellen, così si rende conto di essere gay». Ci sono testimoni. «Col senno di poi, vorrei aver avuto la forza di fare coming out molto prima del 2014» riflette Ellen rifiutando il caffè e chiedendo invece un tè, «il lavoro di un attore è cercare la verità, che è sempre rivoluzionaria, e invece stavo nascondendo, forse anche a me stessa, di essere gay, quasi fosse una colpa». Nel film in sala da qualche giorno, Flatliners Linea mortale, è una studentessa così ossessionata dall’aldilà da farsi fermare il cuore per 60 secondi. È un tema che la affascina? «Intellettualmente, ma non praticamente. Non avrei mai potuto fare il dottore e neanche l’infermiera. Servono una dedizione, e anche un’intelligenza, che non ho». Lo scorso febbraio ha compiuto 30 anni. Con che umore? «Sereno.A me piace invecchiare. Non che mi senta particolarmente matura e saggia, però adesso cerco di far diminuire le cose che mi stressano». Effetti collaterali di questo compleanno tondo? «Nessuno crede alla mia età, anche perché non mi trucco e non metto tacchi. Nei locali mi chiedono ancora i documenti». Se non fosse riuscita a sfondare come attrice che cos’avrebbe fatto? «Quello che ho cominciato a fare ora, la produttrice. Ho presentato al Festival di Toronto Mercy, un film sulla pena di morte, ma anche sull’amore fra due donne diversissime, io e Kate Mara, che qui siamo anche produttrici esecutive: lo definiamo il nostro La vita di Adele. Mi piace trovare complici, come lo è stata Julianne Moore in Freeheld: Amore, giustizia, uguaglianza, storia vera di una poliziotta che si ammala di cancro e sfida le leggi vigenti per lasciare la sua pensione alla donna con cui vive. Presto proverò a fare anche la regista». Si può essere artisti e anche attivisti politici? «Non mi interessa fare prediche, quello che conta per me è mostrare situazioni che giudico interessanti, poi lascio che ognuno le valuti e si faccia un’opinione sua. È nato così anche il travel show Gaycation sul canaleViceland, in cui ho documentato le minoranze Lgbt del mondo. Io per prima ho imparato quanto profondamente la gente soffra quando non può essere se stessa vivendo la propria sessualità, e di quanto se ne infischino i politici». Ha qualche rimpianto? «Non essere andata al college, perché già lavoravo. Però mi sono istruita da sola, leggendo di sicuro più saggi che romanzi». Una cosa inaspettata che le è capitata? «Qualche tempo fa sono diventata “mamma” senza dover aspettare 9 mesi. Lui è un cane, un trovatello: si chiama Patters, quando l’ho preso con me aveva 14 settimane». T