Quando mi dicevano «tornatene a casa»
STELLA JEAN È UNA DELLE 8 SUPER GIRL DI CUI LAF RACCONTA LA STORIA. UNA STILISTA ZEPPA DI TENACIA, CUORE, TALENTO. IN BARBA ALLA STUPIDITÀ DELLA GENTE
LLe sue sfilate sono racconti, incantesimi, voli intercontinentali. Stella Jean, classe 1979, stilista innamorata dell’Africa e dei Caraibi, due figli e molti sogni, è una delle “magnifiche otto”, donne straordinarie che hanno meritato una monografia su laF. Brave. Storie di ragazze coraggiose, con uno staff tutto al femminile, va in onda da mercoledì 29 novembre alle 21.10 (tra le altre super girl, la più giovane direttrice d’orchestra d’Italia BeatriceVenezi, l’alpinista ed esploratrice Tamara Lunger, l’artista Alice Pasquini...). Per Stella è quasi un bilancio della sua vita. Allora, quando si è sentita “brava”? «Quando, al terzo tentativo, mi hanno ammesso al concorso di Vogue “Who is on next?” per giovani designer (era il 2011, ndr). Già mi bastava. Non ero nella rosa dei possibili vincitori, non mi aspettavo il premio e invece…». Poi l’ha chiamata Armani per sfilare nel suo Teatro. «Quando mi hanno telefonato ho pensato a uno scherzo. Siamo così diversi, mi sono detta, che cosa c’entro io con Armani? Hanno dovuto richiamarmi: volevano davvero me. Ero in macchina, in autostrada. Mi sono fermata, ho iniziato a saltare e urlare. La gente ha pensato a un incidente!». Da cosa nasce la sua moda? «Io sono così, esprimo la mia doppia anima. Mia madre è haitiana, mio padre italiano, sono nata a Roma. Ho portato il peso della diversità da sempre, quando ero piccola,e ancora oggi. La ragazza, promessa del basket, insultata sull’autobus giorni fa a Torino perché ha un padre di origini africane mi può capire. Sapeste quante volte mi hanno detto: “Tornatene a casa!”». E lei come ha reagito? «Appuntando spilli sui manichini per mixare le culture che ho dentro, trasformare la diversità in una ricchezza. È stata la mia risposta alla sofferenza. Per questo rispetto il terzo mondo, lo considero alla pari. Ho lavorato in Burkina Faso, Mali, Perù. Ho cercato di far conoscere Haiti dopo il terremoto. La consideravano una gigantesca bidonville, invece è una fucina di talenti, di sapienze artigiane». Dove trova gli spunti creativi? «Ovunque. Mando in passerella il mio mondo. Ho usato anche gli schizzi di mia figlia di 11 anni per le stampe. Sono lì, sulla stoffa, come i miei pensieri e il mio cuore».