Charlie Hunnam Non sempre mi sento libero
CHARLIE HUNNAM È NEI NOSTRI CINEMA CON IL REMAKE DEL CELEBRE PAPILLON, ICONA DI FORZA MASCHILE. «MA SE HO UNO SPIRITO DA LOTTATORE È PERCHÉ SONO CRESCIUTO NELL’OMBRA»
EEroe, avventuriero e ora galeotto in fuga. Charlie Hunnam, 38enne attore inglese protagonista del remake di
Papillon - film tratto dall’autobiografia di Henri “Papillon” Charrière, che nel 1973 fu interpretato dell’iconico Steve McQueen - ha incarnato al cinema il potere maschile allo stato puro
(King Arthur, Civiltà perduta). Ma se a prima vista, e dalla stretta di mano, mostra di averne il physique du rôle, a parlarci dà un’impressione più mutevole. Prima sfodera ragionamenti filosofico-esistenzialisti, poi parla da umile artista pieno di insicurezze e poi ancora si dice pronto ad affrontare coraggiosamente qualsiasi sfida. Prima di Papillon (ora nelle sale) ha avuto un po’ di delusioni professionali... «Già, gli ultimi tempi sono stati duris- simi perché i film che ho girato non hanno avuto successo al botteghino, cosa che ti porta subito a pensare che le tue azioni scenderanno. Io credo di essere cresciuto professionalmente grazie a queste esperienze, ma nel mondo del cinema bisogna sempre fare i conti con il mito e l’illusione del successo, che è una grande trappola».
Ha elaborato strategie per non caderci?
«Cerco solo di concentrarmi sul lavoro e dare il meglio di me, sempre».
A guardare i suoi ultimi film, sembra attratto dai ruoli fisicamente coinvolgenti. È così?
«Non sono quelli che cerco di più ma, se me li offrono, non mi tiro indietro. Purché si tratti di storie che raccontino un personaggio nel suo percorso emozionale e psicologico».
Per la forza motrice è la libertà. Anche per lei? Papillon
«Cerco di essere libero, ma non sempre riesco a sentirmi davvero così. È una cosa fluttuante. Spesso la vita quotidiana ti inchioda inevitabilmente ai suoi ritmi, alle responsabilità».
Nelle relazioni è dura trovare un equilibrio tra libertà e impegno...
«In questo sono fortunato: da molti anni ho una compagna con cui ho trovato una sintonia (la designer americana Morgana McNelis, ndr). Mi sostiene moltissimo. Lo hanno fatto anche i miei amici e i miei genitori: mio padre è scomparso, però resta una presenza forte nella mia vita. Ma le relazioni non bastano, credo che ognuno di noi debba essere capace di affrontare la solitudine e le difficoltà basandosi sulle sue sole forze».
Non è una visione pessimista?
«Dev’essere perché sono cresciuto a Newcastle, una città che dopo aver vissuto momenti di boom è caduta nella depressione economica. Ho visto industrie chiudere i cancelli e tante persone vivere sull’orlo della sopravvivenza. Da ragazzino sono rimasto segnato da quell’atmosfera, è stato come crescere nell’ombra ed essere eternamente in lotta per uscirne. Ancora oggi ho quella sensazione».
E invidia chi non ce l’ha?
«Ma no, è per questo che ho uno spirito da lottatore. Difatti, dopo il flop di un mio film, ho scritto una sceneggiatura. Quindi sono grato di essere come sono».