Matteo Perin Nell’armadio di John ci sono io
MATTEO PERIN CREA IL LOOK DEL DIVO DI PULP FICTION: ABITI DA RED CARPET, MIX & MATCH DA GIORNO, E I GESSATI DEL FILM SU JOHN GOTTI. COME SI SONO CONOSCIUTI? È UNA STORIA DA CINEMA
Ovunque vada, John Travolta si porta un pezzo di lui. Ne ha l’armadio pieno. Matteo Perin è lo stilista che da oltre quattro anni crea e firma il look dell’attore di Pulp Fiction, dal red carpet del Festival di Cannes alla vacanza a Capri, dalla serata del Super Bowl al guardaroba del suo prossimo film. Per mettersi nei panni di Gotti - Il primo padrino (nei cinema il 20 settembre), Travolta ha voluto l’aiuto di questo 35enne veronese che disegna e commissiona ad artigiani italiani capi personalizzati per imprenditori e celebrità. E ha, lui stesso, una storia da film.
Quando ha conosciuto l’attore?
«Nel 2013, una sorpresa assoluta. Un cliente mi chiama e, tipo agente segreto, mi dice: “Vieni domani all’Hotel Danieli di Venezia. Non posso dire altro, fidati”. Quando mi presenta John resto di sasso. Loro due non si conoscevano, ma la sera prima, a un evento, l’attore gli aveva chiesto da chi fosse vestito. Era colpito dalla sartorialità ma anche da piccoli dettagli. Dopo l’incontro mi ha invitato a Los Angeles e ho creato i primi abiti».
Che look vuole John Travolta?
«Glamour ma figo. È un’icona ma ha 64 anni, non può fare il trentenne. Vuole sentirsi a suo agio, il vestito deve dare sicurezza. Ora gli disegno tutto il guardaroba. Gli preparo i mix & match ogni due mesi col calendario di lavoro e vacanze. Mi ha chiesto anche le sneakers, le valigie, gli accessori per il suo aereo. E siamo amici. Entrare nella vita delle persone mi permette di dare il meglio».
Di cosa parlate?
«È come per qualsiasi amicizia. Parli di quello che succede, di sport, dei film che gira. Mi ha coinvolto quando ha interpretato John Gotti perché il mafioso portava abiti sartoriali, il doppiopetto. Ma il gessato che ho fatto a John è un po’ più stretto, gli sta meglio».
E cosa fate insieme?
«Usciamo a cena, anche prendendo il suo aereo, e se il pilota è lui mi ci siedo accanto. Una volta, da Miami, siamo andati a cena a New York. Siamo volati a Minneapolis, al Super Bowl. Ma poi torno sempre in provincia diVerona, da moglie e figli, e nel mondo normale».
Però lei non ha una storia così normale.
«Sono un curioso, mai fermo. A 14 anni, finite le medie, ho convinto mia madre a mandarmi a Los Angeles da amici. Ci sono rimasto fino ai 20. Dipingevo jeans per strada, sull’Hollywood Boulevard. E me li compravano. Anche attori che allora neppure sapevo chi fossero».