I trent’enni, che disastro!
È che proprio i trentenni non esistono più, come gli gnomi, il dodo e gli eschimesi. I trentenni sono una categoria superata, a cui ci si attacca per nostalgia, come il posto fisso». Così parlò uno dei fumettisti “contro” più interessanti degli ultimi anni: Zerocalcare, al secolo Michele Rech. Ci creda o no, però, coi trent’anni ci deve fare i conti perché li ha compiuti da un po’: 34, per la precisione. Non solo. Per i paradossi del destino, ha pure un posto fisso, per così dire: le case editrici se lo contendono e il suo libro più famoso, oggi, è arrivato al cinema.
LA STRISCIA, IL FILM, LA MOSTRA
La profezia dell’armadillo, pubblicato sei anni fa, arriva nelle sale il 13 settembre dopo l’anteprima alla Mostra del cinema di Venezia, dove ha raccolto gli applausi della stampa italiana e straniera. La storia è - o almeno si direbbe - autobiografica. Zero (Simone Liberati, una faccia da tenere d’occhio) trent’anni non li ha ancora compiuti e non sa che fare nella vita, a parte disegnare “strisce” tra un lavoretto e l’altro. Nel suo mondo ci sono l’animale del titolo (Valerio Aprea), voce della sua coscienza, l’amico Secco (Pietro Castellitto, figlio di Sergio e Margaret Mazzantini), una madre (Laura Morante) che prova ancora a fare la chioccia e una notizia che cambia tutto: la morte di Camille, il suo primo amore, che lo mette di fronte al fatto di essere diventato grande sul serio. «Il film, come il fumetto originale, è ambientato nel quartiere di Rebibbia, nella cosiddetta Tiburtina Valley», spiega il regista Emanuele Scaringi, anche lui esordiente sul grande schermo. «È un pezzo di Roma inusuale, dove si mescolano le classi sociali e le nuove generazioni sperano in un futuro diverso». È l’universo alternativo di Zerocalcare in purezza. Che ritroveremo al museo Extra MAXXI di Roma nella prima grande mostra personale a lui dedicata, in programma dal 10 novembre: illustrazioni, tavole originali, loghi, magliette, poster e anche un’installazione site specific creata per l’evento.
TRA IRONIA E IMPEGNO
All’inizio nelle strisce c’è stata, dicevamo, la sua vita. Dopo La profezia dell’armadillo, la sua “opera prima”, Michele ha proseguito nel suo affresco personale e collettivo, sospeso tra acuta sociologia e divertente autocritica: Ogni maledetto lunedì su due (2013), Dodici (2013), Dimentica il mio
nome (2014), tutti editi da Bao Publishing. «Voglio raccontare il disagio di una generazione tagliata fuori da tutto», ha detto a proposito dei suoi lavori. Diventato grande, pure lo scenario delle sue tavole si è fatto adulto. I reportage “disegnati” per il settimanale Internazionale sono diventati il volume Kobane Calling (2015), che racconta il suo viaggio al confine tra Siria e Turchia: un vero esame di maturità. L’ultimo lavoro si intitola Macerie pri
me (uscito in due parti tra il 2017 e il 2018), sul fallimento dei nati negli anni Ottanta. «Siamo un cumulo di macerie», li (e si) definisce l’autore, nonostante le 800.000 copie vendute che oggi può vantare. E che però non cambiano di una virgola lo Zerocalcare-pensiero, manifesto di una generazione precaria, arrabbiata e disillusa.