Jennifer Lopez «Ho imparato a bastarmi»
Ha festeggiato i 50 anni e non conosce crisi di mezz’età. Perché, dice, ora sa quanto vale e chi se ne importa dei giudizi
i miei primi cinquant’anni
«La gente fa presto a dimenticarsi delle donne di una certa età, non crede? Eppure sento che il meglio per la mia vita e la mia carriera deve ancora venire». Così disse (con una certa fierezza) Jennifer Lynn Lopez, a Los Angeles per parlare del nuovo film Le ragazze di Wall Street - Business is Business, di cui è produttrice e protagonista con Constance Wu. Fuori trenta gradi e un sole a picco, si presenta al Four Seasons di Beverly Hills con un vestito Zimmermann in pelle color mogano completo di basco, che le copre ogni centimetro del corpo. Non sarà affatto così nel film diretto da Lorene Scafaria; ispirato a una storia vera, parla di un gruppo di spogliarelliste che nella New York post crisi economica del 2008 si presero gioco dei ricchi clienti di Wall Street, drogandoli e derubandoli fino all’osso. Con un magnetismo irresistibile, Jennifer Lopez interpreta Ramona, la stripper leader del gruppo: un ruolo intenso che ha già fatto nascere rumors (fortissimi!) su una possibile nomination agli Oscar.
A 50 anni appena festeggiati in pompa magna con il tour mondiale It’s my party, Jennifer Lopez sembra infatti vivere la sua era d’oro. Presto nei panni della boss colombiana Griselda Blanco nella serie drammatica The Godmother e popstar all’altare nel film Marry
Me, seminuda sulla copertina del nuovo singolo già in vetta alle classifiche latino-americane, Baila Conmigo, a febbraio la vedremo anche esibirsi all’evento più seguito d’America, lo show d’intervallo del Super Bowl, insieme a Shakira. L’enorme diamante a taglio smeraldo sull’anulare annuncia che il 2020 sarà anche l’anno del suo quarto “sì” («Mi piacerebbe sposarmi in chiesa, non l’ho mai fatto» spiega), stavolta con l’ex star del baseball Alex Rodriguez, alias A-Rod (i gemelli di 11 anni, Emme e Max, nascono invece dalla precedente unione con Marc Anthony). «Più vivo, più imparo, più il mio lavoro migliora» ammette l’ex ragazza del Bronx, Jenny from the Block. «E sai cosa? È proprio una bella sensazione».
Sei anche produttrice di Le ragazze di Wall Street: perché hai voluto raccontare questa storia? «Prima ancora di leggere lo script, che ho molto amato, mi è piaciuta l’idea di un film che avesse un team di sole donne: produttrici, editor, sceneggiatrici, attrici. Ma chi pensa che questo abbia dato leggerezza sbaglia: il film ha momenti piuttosto oscuri, personaggi fantastici, è ben scritto e ben girato. Sapevo che sarebbe stato un progetto speciale. Quanto a me, non vedevo l’ora di tuffarmi nel ruolo di Ramona, così forte e sfaccettato».
È complicato ballare la pole dance?
«È super difficile. È stata una delle più grandi sfide della mia vita, soprattutto in quei tempi ridotti. Ricordo il primo giorno di prove; sono arrivata entusiasta, con la mia bella tuta e la coreografa mi dice: “prima di tutto spogliati, resta in reggiseno e mutande”. Sono rimasta di stucco, poi ho capito: la tua pelle deve aderire bene al palo consentendo le mosse».
Com’è stato invece spogliarsi davanti alle telecamere?
«Io sono sempre a mio agio sul set, è il mio elemento. Ma il giorno in cui dovevamo girare la scena della pole dance, quando sono salita sul palco per esibirmi davanti a 300 comparse con indosso un filo interdentale per costume, ero
spaventata e nervosa, e ho pensato: cosa diavolo sto facendo?».
Neppure a inizio carriera ha dovuto scendere a compromessi?
«C’erano alcune ragazze con cui mi esercitavo nello studio del New Jersey che il fine settimana si esibivano in un uno strip club e mi incoraggiavano a fare lo stesso. Ma per fare una scelta simile bisogna superare certi “paletti” interni».
Il film mette in mostra le diversità, sia etniche che di femminilità... «Quello era un punto cruciale, dopotutto è da quando ho 20 anni che al cinema rappresento la comunità latino-americana. Oggi le cose stanno cambiando, la femminilità anche al cinema viene declinata in tanti modi diversi.
È un buon momento per noi donne, abbiamo meno paura di esporci e ci facciamo rispettare di più. Ma se mi chiede quanto tempo ci vorrà prima di raggiungere l’uguaglianza tra i sessi, non saprei cosa risponderle».
Il bilancio dei suoi primi 50 anni?
«È stato un viaggio, la meta è stata imparare a bastarmi. Ho sempre pensato che avrei trovato la felicità grazie a un’altra persona ma ora ho capito che non funziona così. La felicità è conoscere il proprio valore indipendentemente da cosa pensano gli altri. E io, oggi, credo di essere una buona persona».