Chiude il circo, puoi vestirti “normale”
Contrordine ragazze. L’ondata influencer è scesa, l’eccesso non funziona più. Riacciuffate jeans e maglioni e tirate un sospiro di sollievo
che barba chi dà (sempre) spettacolo
Come lo definiamo? New new normal? Moda onesta? Basic-glam? Perché il vento è cambiato, a cominciare dallo street style. Addio blogger/influencer più travestite che vestite. Dopo dieci anni di overdressed, di giochi al rialzo su chi è più insolito, più instagrammabile, di front row-spettacolo alle sfilate, il circo smonta le tende. Era ora. Se le prime influencer (Leandra Medine, Susie Lau, Chiara Ferragni) rappresentavano uno stile personale, una novità, poco tempo dopo una folla di imitatrici ha alzato il tiro, vestendosi con il solo scopo di essere fotografate e diventare ricche grazie ai post sponsorizzati. Modello: le Kardashian, un capolavoro di massimizzazione della notorietà.
ALEXA, CATE E LE RAGAZZE EASY
Ma la moda è, come sempre, specchio della società ed è il momento di una svolta meno sfacciata, meno cerebrale, onesta, appunto. Dalle passerelle primaveraestate 2020 (un esempio per tutti: Etro, con i suoi pantaloni ampi stampati a colori + camicia), il messaggio arriva chiaro. Semplicità, autenticità, tanto jeans, pochi orpelli, rare stranezze. Anche le campagne pubblicitarie sono essenziali, quasi vintage, tutto il contrario del caravanserraglio che sembrava indispensabile per attirare l’attenzione. La tendenza onestà è già virale, dalla strada alle celeb. Alexa Chung, trendsetter nata, posta una foto in jeans e maglione con la didascalia: “Mi vesto così quasi tutti i giorni, mi spiace se ho fatto in modo che sembrasse il contrario”, ricevendo in risposta “È lo stesso per me” da Kate Bosworth. Katie Holmes e Hailey Baldwin escono in pantaloni di denim con l’orlo tagliato al vivo o rivoltato, sneaker e soprabito. Miroslava Duma, la zarina della moda, notissima per i suoi infiniti cambi d’abito in una sola giornata, riscopre la sobrietà. Emmanuelle Alt (Vogue Paris) si distingue da sempre per la sua “uniforme”: pantaloni neri e camicia bianca. Martina
Colombari, ex Miss Italia, posta una foto in jeans bleached a vita alta, con sotto una frase di Rita Levi Montalcini: “Una delle più grandi sfide è essere se stessi e non cercare di emulare gli altri”, seguita da hashtag #fiducia #verità #onestà #consapevolezza. Tori West, editor di Bricks Magazine, decide di condividere su Instagram anche le cose di cui non è particolarmente orgogliosa, “piuttosto che fingere il glamour associato alla moda”. E lancia Instagramtrasparency.
GLI INFLUENCER? MEGLIO MICRO
Insomma, la rincorsa a rappresentarsi e stupire è agli sgoccioli. La competenza vince sull’apparenza. E il New York Times annuncia a piena pagina la crisi dei big influencer: l’interesse dei follower è sceso dal 4 al 2,4 per cento per i post sponsorizzati mentre crescono i micro-influencer considerati più onesti e credibili. Nel web, nonostante l’immensità dello spazio, si avverte il sovraccarico. Come nella moda si avverte la necessità di rallentare. A cominciare dagli stilisti che almeno due volte l’anno devono farsi venire idee mirabolanti per il guardaroba. Il vulcanico Virgil Abloh (Off White e Louis Vuitton Uomo) e si è preso un sabbatico di tre mesi su consiglio del medico e ha ammesso: «Sono stanco». Non poteva più reggere il ritmo creativo, oltre a quello fisico (otto voli la settimana tra Parigi e New York). Dopo slow food avremo anche slow fashion? Sarebbe onesto.