Adam Driver «Sono bravo, ma molto fortunato»
Infila ruoli bellissimi e molto diversi tra loro. E adesso, grazie a una feroce litigata, mette una seria ipoteca sul prossimo Oscar
TUTTI LO VOGLIONO
Al Festival del cinema di Venezia, per l’anteprima di Storia di un matrimonio, Adam Driver aveva tenuto il broncio tutto il tempo. Svicolando dai fan che lo aspettavano, occhi bassi e labbra serrate. Per fortuna, quando lo incontriamo a Londra è più di buonumore e si lascia scappare persino un paio di risate. Trentasei anni appena compiuti, arruolato nei marine subito dopo l’11 settembre («Girare un film, in fondo, qualche aspetto in comune con una missione militare ce l’ha»), Driver è l’attore con cui tutti i registi vogliono lavorare, che si tratti di una saga fantascientifica, di un film di denuncia o di un dramma familiare. Nel giro di poche settimane sarà il protagonista di tre progetti diversamente importanti. In questi giorni è in sala con The Report (18, 19 e 20 novembre, dal 29 novembre su Amazon Prime) in cui è un uomo che indaga sui metodi che la CIA ha adottato dopo l’11 settembre. Il 18 dicembre è in Star Wars: Episodio IX, mentre Storia di un matrimonio, nel quale divide la scena con Scarlett Johansson, è disponibile su Netflix dal 6 dicembre. Nel film, che racconta la storia di un divorzio, c’è la lunga scena di una lite, di quelle in cui ci si rinfaccia tutto fino a rimanere svuotati, che, da sola, potrebbe valergli una seconda nomination agli Oscar, a un anno di distanza da quella per BlacKkKlansman di Spike Lee.
Molti prevedono una tua candidatura. Che effetto ti fa?
«Cerco di pensarci il meno possibile. Non ha senso utilizzare energie per una cosa che sfugge completamente al tuo controllo».
Com’è stato girare una scena così intensa?
«Ricordo la stanchezza. Scarlett e io eravamo distrutti dalla fatica. L’abbiamo provata per due settimane e il giorno prima delle riprese abbiamo stabilito
esattamente i movimenti e il momento preciso in cui farli. Le riprese sono durate due giorni. Ogni volta che il regista ci interrompeva, riprendevamo tutto dall’inizio perché non puoi uscire e rientrare in una situazione emotiva del genere. Solo quando abbiamo finito ci è parso di poter tornare a respirare».
Hai subito trovato un’intesa con Scarlett?
«È stato fondamentale poter collaborare con un’attrice come lei. Con un’altra che non fosse altrettanto preparata e disponibile sarebbe molto più difficile. Siamo diventati amici grazie al film».
Dopo il diploma alla Juilliard a New York hai iniziato con il teatro. Quest’anno con Burn This, hai avuto una candidatura ai Tony Award. Ami molto il palcoscenico...
«Certo, e ci tornerò ancora. Sono le mie radici. A teatro mi capita di portare in scena lo stesso spettacolo otto volte a settimana per due mesi di fila. Eppure, alla fine, vorrei ricominciare da capo. Perché solo a quel punto mi sembra di aver capito fino in fondo il mio personaggio. Con Storia di un matrimonio mi è successa un po’ la stessa cosa. Quando una sceneggiatura è scritta meravigliosamente come in questo caso, ti porta a immaginare continuamente nuove possibilità».
Hai lavorato con i migliori registi in circolazione: da Clint Eastwood a Martin Scorsese, da J. J. Abrams a Steven Spielberg...
«Mi sembra sensato voler collaborare con persone che ammiri. Ma non posso dire che sia merito mio, ci sono così tante circostanze che sfuggono al nostro controllo. Mi è capitato di essere disponibile al momento giusto, oppure mi è successo di fare un provino in una fase della vita in cui ero particolarmente in forma fisicamente e funzionavo per
la parte. Così come è stato un caso che uno dei miei primissimi ruoli sia stato in You Don’t Know Jack, diretto da Barry Levinson, con Al Pacino».
Noah Baumbach, il regista di Storia di un matrimonio, ha raccontato che la sceneggiatura è frutto di lunghe conversazioni con te anche su argomenti personali. Quanto c’è della tua vita nel film?
«Non sono in grado di stabilire una percentuale esatta. Penso ci sia parte della mia personalità e l’esperienza del divorzio dei miei genitori che si sono lasciati quando ero un bambino. Le coppie in genere cercano di fare il meglio per proteggere i figli, ma immancabilmente falliscono tutti».
Stai girando con Marion Cotillard Annette, il tuo primo musical. Ti sentiremo cantare?
«Si tratta di un’opera rock scritta dalla band Sparks. Sono sei anni che abbiamo in mente questo progetto. Canterò, certamente. È un film davvero particolare, non ha niente a che fare con me e con tutto quello che ho fatto fino a oggi. Vuoi la verità? Non posso credere che qualcuno mi stia pagando per fare una cosa così divertente».