La guerra spiegata a mia figlia
A febbraio esce nelle sale il film For Sama, dolorosa testimonianza su quello che sta succedendo in Siria. L’autrice è una donna che, malgrado la devastazione, decide di diventare madre
dalla speranza all’incubo
Del conflitto in Siria non si vede la fine. Ma per assistere al suo inizio e al suo tragico decorso c’è il docufilm For Sama della giornalista Waad al-Kateab che, per 5 anni, ha ripreso la vita nella sua città, Aleppo. Un video diario, dove la voce narrante di Waad racconta alla neonata figlia Sama l’escalation della guerra. Tutto inizia nel 2012, quando gli universitari scendono in piazza per protestare contro il dittatore Bashar al-Assad. E Waad, che è una studentessa 21enne, è lì con il suo cellulare a riprendere le speranze dei giovani di abbattere il regine. La repressione dell’esercito non si fa attendere e i ribelli si trovano nella morsa dell’assedio. Ma la vita continua a dispetto della guerra e Waad s’innamora del giovane medico Hamza. I due si sposano sotto i bombardamenti e poco dopo Waad scopre d’essere incinta. Visto che l’esercito ha distrutto quasi tutti gli ospedali della città, Hamza e un gruppo di amici medici allestiscono, in un palazzo abbandonato, una clinica dove soccorrere i civili. Il 1° gennaio 2016 nasce Sama, e la famiglia si trasferisce a vivere in una stanza dell’ospedale, perché i feriti continuano ad arrivare a ogni ora del giorno e della notte: Hamza non ha più tempo di tornare a casa e Waad alterna la sua nuova attività di mamma a quella di giornalista.
Per le corsie, filma i corpi martoriati coperti di fuliggine e di sangue: tra questi, tanti bambini. For Sama (distribuito da Wanted Cinema) sarà nelle sale italiane da febbraio. Nel frattempo, continua a vincere premi: ultimi in ordine di tempo quelli dei British Independent Film Awards dove si è portato a casa Miglior film e Miglior regia
(alla quale ha collaborato il documentarista inglese Edward Watts). Quando chiedono a Waad perché ha fatto questo film, lei risponde: «For Sama racconta cosa è successo alla mia famiglia. Ma la nostra esperienza non è insolita: è quella che stanno vivendo ancora oggi, ogni giorno, centinaia di migliaia di siriani».