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Pierfrance­sco Favino «I miei 50 anni?

Così belli che vorrei il bis»

- di valeria vignale

lo chiamano picchio

Forse solo qualche sorriso, di quelli appena accennati sugli angoli delle labbra, lascia immaginare il volto di Pierfrance­sco Favino dietro quello di Bettino Craxi in Hammamet, il film di Gianni Amelio appena uscito nelle sale. E non è soltanto merito del trucco – oltre 5 ore al giorno – se l’interpreta­zione dell’attore, che ha fatto rivivere anche il pentito di mafia Tommaso Buscetta ne Il traditore di Marco Bellocchio, è impression­ante. Sono i gesti, la camminata. I momenti di tenerezza con la figlia, l’altalena tra arroganza e sofferenza. Dell’ex leader socialista condannato per corruzione e finanziame­nto illecito al partito, morto nella sua villa tunisina nel 2000 mentre erano in corso altri quattro processi nati dalle inchieste di Mani Pulite, si racconta il lato più intimo: l’uomo sconfitto e logorato dalla perdita del potere più che l’altezzoso ex presidente del consiglio (dall’83 all’87). «Questo film mi ha segnato, e fatto riflettere, come padre e come figlio» dice il 50enne romano, tra i più versatili della nostra scena. Lui che si lascia chiamare da tutti Picchio (come facevano a casa le sue sorelle), che due anni fa a Sanremo ha saputo divertire e commuovere (con un monologo sui migranti), che riesce nei drammi tanto quanto nelle commedie.

Il 13 febbraio lo vedremo in Gli anni più belli di Gabriele Muccino, il regista che nel 2001 lo ha diretto in uno dei suoi primi successi cinematogr­afici, L’ultimo bacio.

In che senso Hammamet ti ha segnato come padre e come figlio? «Perché mi ha fatto pensare alla generazion­e di uomini come Craxi, che non esprimevan­o le loro emozioni: mostrare la fragilità non rientrava nel modello maschile di allora, era considerat­a una debolezza. Detto questo anche per me sarà difficile, tra un po’ di anni, veder rovesciare i ruoli tra me e le mie figlie (Greta e Lea, 14 e 7 anni, ndr). Difficile prepararsi a non essere più un sostegno, a essere guidato anziché guidare».

Tu esprimi le emozioni con loro?

«Sono molto fisico, ma sono anche uno che mette i paletti: non voglio fare “l’amico”, per intenderci. Le ascolto, perché il loro universo mi interessa. Cerco di intercetta­re i movimenti dell’animo... forse per deformazio­ne profession­ale».

O forse è il contrario, è questa sensibilit­à che ti ha portato a fare l’attore.

«Può darsi. Sta di fatto che il rapporto tra padre e figlia è quello che mi ha più toccato della sceneggiat­ura di Hammamet».

Se Greta e Lea volessero diventare attrici, le appoggeres­ti? Molti tuoi colleghi proteggono i figli da un mondo in cui è difficile emergere.

«La pensavo così anch’io finché Anna, che è figlia d’arte, mi ha fatto cambiare idea (la compagna di Favino è attrice, figlia di Gabriele Ferzetti, ndr). È stata lei ad aiutarmi a capire che avere la stessa passione, quando i bambini crescono, ti avvicina. La nostra più piccola, Lea, è stata coinvolta, un po’ per caso, nel film che sto anche producendo, Padre nostro di Claudio Noce. È restata con me due mesi. Penso sia bello che possano vedere da vicino il set anziché considerar­e il nostro mestiere solo quello che ci porta via da casa per settimane».

A proposito di condivider­e, su Instagram hai postato un diario personale di Hammamet, dal nervosismo della notte precedente alle riprese fino alle immagini della villa tunisina di Craxi. «Quando vado sul set porto sempre in valigia una piccola videocamer­a, a volte mi serve per provare e rivedere le battute del copione. Così mi è venuto in mente di condivider­e alcuni momenti sui social, per mostrare quanto lavoro c’è dietro le quinte di un film».

Comprese le levatacce per le 5 ore di seduta al trucco. Non hai mai pensato “chi me l’ha fatto fare”? «Aggiungi anche un’ora e mezza per toglierlo, il mascherone! L’ho fatto per 46 giorni e, confesso, alla fine facevo il countdown. Ora vedo che il video-diario è molto seguito e mi fa piacere (Favino ha quasi 700mila follower, ndr)».

Un’idea che sarà piaciuta anche al marketing del film.

«Ora ha anche una funzione promoziona­le, certo, ma tutto è nato spontaneam­ente quando non sapevo se avrei condiviso qualcosa con il pubblico. Un diario vero: c’è anche una telefonata ad Anna dal set tunisino».

Di recente hai postato anche foto del capodanno alle Maldive. Ami i social network?

«Amo condivider­e alcuni momenti della mia vita. E la vacanza me la sono meritata: era ora di avere un po’ di relax con la famiglia».

Hai compiuto da poco i 50 anni: che effetto fa?

«È stato un anno bellissimo, mi ha regalato due film di cui vado fiero. Per questo sarei pronto a ricompierl­i, i 50. A fare il bis. Sto bene nei miei anni (l’altro film, Gli anni più belli, è la storia di una lunga amicizia, ndr)».

Dei 15 chili in più che hai messo su per interpreta­re Craxi non è rimasto nulla. Merito della palestra o della pallavolo alle Maldive con Francesco Totti e Mauro Icardi?

«Sto giusto andando a fare il mio allenament­o. L’attività fisica è indispensa­bile. Mi piace correre e, sì, anche giocare a pallavolo!».

Ti vedremo a Sanremo?

«Non certo come conduttore, come due anni fa. Ma come ospite, se càpita, perché no?».

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(50 anni) è il volto di Bettino Craxi in Hammamet di Gianni Amelio, appena uscito al cinema.
Il 13 febbraio lo vedremo anche in Gli anni più belli di Gabriele Muccino.
PIERFRANCE­SCO FAVINO (50 anni) è il volto di Bettino Craxi in Hammamet di Gianni Amelio, appena uscito al cinema. Il 13 febbraio lo vedremo anche in Gli anni più belli di Gabriele Muccino.
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Con Gianni Amelio (74), regista di Hammamet
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In una scena di Gli anni più belli di Muccino

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