Scende il buio, sale la paura: i ragazzi sono fuori
Di sera l’alcol scorre a fiumi e rischiano tutti: quelli che, dopo, si mettono al volante, ma pure chi cammina per la strada. Mentre i genitori dei più giovani sono a casa ad aspettare ....
un bollettino che mette i brividi
Felicitas Vetter non diventerà mai un medico. L’Audi di Stefan Lechner l’ha centrata in pieno. Non solo lei. È stata una strage: sette morti e undici feriti, tutti ragazzi tedeschi fra i 21 e i 23 anni in vacanza in valle Aurina, Alto Adige. Scesi dal pullman, stavano attraversando la strada per raggiungere il loro albergo. Stefan, 27 anni, non ricorda neppure di aver bevuto così tanto (il tasso alcolemico era 1,97, il limite di legge è 0,5) e in carcere ha tentato il suicidio. Sul ciglio della strada, ora brillano i lumini della memoria. Mentre a Roma, in Corso Francia, gli amici di Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, le sedicenni falciate dal Suv di Pietro Genovese nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, hanno dipinto per loro il murale con la scritta “Mano nella mano anche in cielo”. Continuano a incontrarsi lì, dove tutto è cominciato e finito in un attimo, a portare fiori e peluche. Forse il semaforo è passato improvvisamente dal verde al rosso, forse sarebbe bastata una frazione di secondo a salvarle, ma Pietro, vent’anni, aveva comunque troppo alcol nel sangue: 1,4. Non c’è tempo per la commozione: il bollettino degli incidenti continua. A Senigallia due amiche, Sonia ed Elisa, una parrucchiera e una maestra elementare, sono state travolte da un ubriaco mentre camminavano lungo il bordo della strada, appena uscite da una discoteca. Fiumi di alcol scorrono nella notte, tra birre, aperitivi, cocktail, balli e sballi nonostante le leggi più severe e le task force: sono tanti a guidare ubriachi. Madri e padri vivono con angoscia crescente le uscite serali dei figli. Anche perché nessuno è al sicuro: chi beve rischia di far del male agli altri, chi è sobrio può essere investito o accettare un passaggio da chi non lo è.
QUANDO IN TV BERE (TANTO) È COOL
Alcuni puntano il dito contro la cultura “alcolica” che passa dalla fiction: il vino di Olivia Pope (Scandal), la vodka di Annalise Keating (Le regole del delitto perfetto), le sbornie di Jessica Jones, i cocktail di Meredith Grey (che pure è un medico) in
Grey’s Anatomy hanno reso cool il bere. L’Aiart, Associazione italiana cittadini mediali, ha chiesto di aprire un confronto con Sky e tutti i canali che trasmettono serie “problematiche”.
In sostanza, cattivi esempi. Lo psichiatra
Giorgio Cerizza, che, come direttore del
Servizio di
Riabilitazione alcologica all’Ospedale Santa Marta di Rivolta d’Adda (Cremona) ha visto oltre diecimila casi, l’ha anche scritto: «Sono gli adulti a permettere che gli alcolici arrivino anche ai bambini della scuola media, a pubblicizzare bibite in lattina che aprono la porta alla dipendenza. È inutile, poi, gridare allo scandalo.
I ragazzi bevono quello che noi gli permettiamo di bere, di comprare al supermercato. Io faccio prevenzione alle elementari, bisogna cominciare presto ormai, e in quinta i bambini sanno di che cosa sto parlando. Bere è un comportamento che rende “grandi”, sicuri, onnipotenti». La scuola ha ancora qualche spazio di manovra. Un grande medico, Luigi Rainero Fassati, gira nei licei di Miano e provincia con le sue diapositive horror di fegati sfasciati dall’alcol anche tra i giovanissimi («Un terzo circa dei mie pazienti») e racconta storie di trapianti e vite perse per strada: «Alcuni li ho
salvati, altri non ce l’hanno fatta.
Non vale la pena di rischiare per qualche ora di euforia». Mal d’alcol, il suo libro, dovrebbe diventare una lettura obbligatoria per i ragazzi prima ancora di prendere la patente.
ALLE DONNE BASTA POCO
Proprio i più giovani, nella fascia 18-24 anni (dati Istat) si lasciano tentare dal binge drinking, “l’abbuffata alcolica”, cioè 4-6 bicchieri di seguito. Ma bere è social, dichiara il 17% (21,8% maschi e 11,7% femmine), è un rito, un’abitudine. Tra i 16 e 17 anni si tocca il picco di binge drinking. Ricorda Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’Ospedale San Raffaele di Milano: «Una ragazza dopo due bicchieri fa fatica a mantenere il controllo, è disinvolta, ride molto, non è in grado di dire no, è disponibile al sesso. La tossicità dell’alcol sul cervello femminile è doppia rispetto a quello maschile. Molte non lo sanno e prendono quel senso di leggerezza come un “aiutino”. Figuriamoci guidare…». L’ultima relazione del Ministero della Salute al Parlamento, lo scorso maggio è allarmante: abbiamo 8,6 milioni di consumatori (e un milione sono teenager), 68mila alcoldipendenti curati dalle strutture pubbliche, 4.575 incidenti stradali con l’ubriachezza come causa. Un’enormità.
AIUTARLI SI PUÒ?
Le leggi ci sono: a parte l’omicidio stradale (Stefan Lechner rischia 18 anni), più il tasso di alcol nel sangue è alto, più sono severe le sanzioni, anche penali. Si parte da multe che vanno dai 532 ai 2.127 euro e la sospensione della patente da tre a sei mesi per arrivare all’arresto. Se c’è stato un incidente, il giudice può sequestrare l’auto e in caso di condanna può confiscarla.
Se c’è una recidiva è prevista la revoca della patente. Questo, quando il guaio è fatto. Ma prima?
I genitori possono solo recitare la parte del grillo parlante e passare serate e notti ad angosciarsi?
La sociologa Franca Beccaria, autrice di Alcol e giovani - Riflettere prima dell’uso (Giunti) è per uno stile educativo «affettuoso ma autorevole», lo psicoterapeuta Giorgio Nardone consiglia più ragionamenti che divieti diretti «altrimenti è sicura ribellione». L’alcol è la risposta facile quando gli altri non ti ascoltano però ti vogliono brillante e divertente, spiega Luigi Rainero Frassati. Bevi un goccio e tutto svanisce. Svanisce, purtroppo anche la percezione del pericolo.