TUTTI (O QUASI) PAZZI PER TIKTOK
Divertente, easy e veloce. Con qualche rischio per la sicurezza. Anatomia di un social che piace soprattutto ai teenager. Per il momento
I SEGRETI DEL SUCCESSO
Se pensate che Facebook abbia fatto il suo tempo, che Twitter sia un palcoscenico per opinionisti narcisi e frustrati e che Instagram, con tutta quella patina, trasmetta un po’ troppa ansia da esposizione, il social che fa per voi potrebbe essere TikTok. L’app del miliardario cinese Zhang Yiming è stata lanciata nel 2017 sulle ceneri di Musical.ly e sta facendo tremare l’impero di Mark Zuckerberg, diventando lo scorso anno l’applicazione più scaricata del mondo dopo WhatsApp. Il tutto grazie a un mix ben calibrato di ingredienti che la rendono molto appetibile: divertimento, intrattenimento e semplicità di utilizzo, grazie alla possibilità di condividere brevi video (dai 15 ai 60 secondi), con basi e filtri aggiornati, che spesso - tra meme, gif animate, sketch e playback - strappano più di un sorriso. Su TikTok non ci sono amici ma spettatori, e l’unica richiesta fatta all’utente - in un ambiente dove fake news e haters praticamente non esistono è quella di mettersi comodi e partecipare allo spettacolo. La fruizione è a prova di dummy e l’attenzione non è su quello che siete, ma su quello che fate, si tratti di una challenge con gli altri utenti, di una clip dove fate cantare Soldi in lip-sync al vostro labrador o di 30 secondi di Taxi Driver in cui doppiate allo specchio il grande De Niro. Per dirla con Marco Montemagno (su TikTok, 35.000 follower), massimo esperto di marketing digitale, «dopo tanti anni di immagini di successo, auto di lusso e donne bellissime sui social, TikTok è una boccata d’aria fresca». Più sporco rispetto a Instagram, ma meno finto, all’insegna
di un intrattenimento leggero e senza rischi apparenti.
SICUREZZA IN PERICOLO? Tutto bene, dunque? Non proprio, perché negli Stati Uniti, il social più amato dai teenager (che oggi ha un valore di 75 miliardi di dollari) è diventato una questione di Stato, con molti congressisti sul piede di guerra, anche per la presenza su TikTok di un super algoritmo tra i più mirati e invasivi al mondo. Come i dispositivi Huawei messi al bando dall’amministrazione Trump, anche TikTok è di proprietà di una società pechinese,
ByteDance, sotto il controllo (potenziale) del governo cinese. Che ne sarà dei dati degli utenti, spesso minorenni? Quale uso potrebbe farne la Repubblica popolare? Un caso paradigmatico è quello di Feroz Aziz, 17enne del New Jersey che, per aggirare la censura e denunciare la repressione nello Xinjiang, ha realizzato un video dove il suo j’accuse era nascosto in un finto tutorial sull’allungamento delle ciglia. «È questo l’internet che vogliamo?»: è la domanda retorica che ha fatto Mark Zuckerberg ai suoi dipendenti. Ma il patron di Facebook dimentica lo scandalo Cambridge Analytica, sta per lanciare su Instagram Reels, uno strumento di editing per video di 15 secondi del tutto simile a TikTok, e finge di dimenticare che voleva essere lui, qualche anno fa, ad acquistare Musical.ly. Il problema della protezione dei dati, sui server di un Paese autoritario come la Cina, viene però preso sul serio nei Paesi occidentali. Non a caso l’italiano Raffaele Volpi, presidente del Comitato per la sicurezza della Repubblica (Copasir), ha definito TikTok «un social nuovo, creato ad arte da uno Stato per controllare i giovani».
ATTENTI AGLI ORCHI
Altri rischi? Come per gli altri social: innanzittutto, la dipendenza, quasi ipnotica, che produce, più facile da sviluppare per la semplicità d’uso dell’app e - data l’assenza del parental control - per la massiccia presenza di minorenni (ai quali noi genitori mettiamo colpevolmente in mano lo smartphone pensando che sia una baby sitter).
Ma la questione più allarmante è legata alla possibilità che, come per gli altri social, l’app diventi terreno di caccia per imbroglioni e pedofili. I casi segnalati dai carabinieri e dagli istituti scolastici sono già numerosi. All’occhio, ragazzi.