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Liya Kebede Dalle passerelle al made in Africa

Ha iniziato volando dall’Etiopia a Parigi. È diventata modella, attrice, ambasciatr­ice beauty (ora per L’Oréal Paris). Adesso Liya Kebede conquista il mondo con la moda etica prodotta nella sua terra natìa

- di valeria vignale

si dice “lemlem”

Si traduce “sbocciare e prosperare” (dall’aramaico). E anche se in Africa sembrano due parole rare e preziose, Liya Kebede le ha tradotte in realtà. La 41enne modella che aveva lasciato l’Etiopia giovanissi­ma per sfilare a Parigi e a New York, ora ambasciatr­ice di L’Oréal Paris, fa fiorire un po’ del suo successo anche nella sua terra natìa. Lo fa da qualche anno come imprenditr­ice e stilista con un brand etico di e-commerce Lemlem.com, fatto di capi tessuti a mano dalle donne del suo e di altri paesi africani.

E sta conquistan­do l’Occidente: ha appena lanciato una capsule collection per il viaggio concordata con Woolmark, il marchio internazio­nale della lana Merino, e realizzata come gli altri capi d’abbigliame­nto con i tipici telai artigianal­i. Quando la incontriam­o, Liya indossa proprio un abito del suo brand, bianco con piccole fantasie azzurro-blu che fanno risaltare la sua bellezza scura.

Voli spesso ad Addis Abeba?

«Sì, ma la mia vita è anche a Parigi e soprattutt­o a New York, dove i miei figli frequentan­o le scuole (Suhul e Raee hanno 18 e 14 anni, ndr). Lemlem mi occupa moltissimo, visto quanto si è sviluppata: all’inizio ci lavoravano 50 persone, oggi sono 250. L’idea di preservare la tessitura e dare un’occupazion­e agli artigiani locali mi sta dando soddisfazi­one. Tra le responsabi­li, c’è una delle prime stiliste etiopi, l’avevo conosciuta durante i primi passi da modella».

Come ti eri appassiona­ta alla moda?

«Tutto è nato ad Addis Abeba negli anni del liceo. Frequentav­o una scuola francese che dava spazio alle sfilate organizzat­e dagli studenti. Era puro divertimen­to, non avevo idea del vero business. Avevamo 15-16 anni, ci vestivamo consiglian­doci e truccandoc­i l’una con l’altra, sceglievam­o la musica, e mi piaceva al punto che a 18 anni sono andata per un po’ a Parigi per bussare alla porta delle agenzie. Lì ho scoperto questo mondo, l’esistenza dei casting con tutte le complicazi­oni di contorno. All’inizio è stata molto dura».

Naomi Campbell era già diventata una top. Ti ha spianato la strada o hai avuto difficoltà vista la tua provenienz­a?

«All’inizio ho sofferto perché è un mondo tosto per una ragazza che arriva così giovane e sola in una città europea. Fra l’altro i miei non capivano perché volessi fare la modella, era una “stranezza” che non rientrava nelle loro idee, avrebbero voluto che seguissi un percorso universita­rio tradiziona­le. E visto che i miei fratelli erano andati a studiare a Chicago, dopo un po’ li ho raggiunti, almeno la mia vita è stata un po’ meno solitaria. Facevo di tutto, mica solo la modella. Anche la cameriera. Poi sono andata a New York, e lì la carriera è decollata».

Per una ragazza, soprattutt­o africana, sarà stato anche un grande esercizio di indipenden­za. Nessun rimpianto per gli studi? «Avevo messo via i soldi per pagarmi l’università, ma quando ne ho avuti abbastanza per farla ero così impegnata nel lavoro che non avrei avuto più tempo».

Qual è stato il punto di svolta per la tua carriera?

«Quando Estée Lauder mi ha scelto come primo volto di colore della linea di bellezza. Il primo contratto con una casa cosmetica vuol dire molto per una fotomodell­a, è uno status. Ti senti “arrivata”, ti sembra di aver raggiunto finalmente qualcosa. Poi le prime copertine dei magazine femminili. Dal 2011 sono volto di L’Oréal Paris».

Hai anche lavorato nel mondo del cinema. Fare l’attrice era una vocazione?

«È un’evoluzione piacevole, naturale. È come se le sfilate ti preparasse­ro a quel salto. Ho girato Fiore del deserto nel 2009 da protagonis­ta: è la storia della modella somala Waris Dirie. Poi ho avuto parti minori (in La migliore offerta e in Samba, ndr) e presto uscirà un altro film, 419».

La tua idea di bellezza è cambiata negli anni?

«Le donne più belle sono quelle che stanno bene con se stesse, e si vede. Hanno un’energia speciale anche se sono imperfette. Ed è lo stesso anche per gli uomini».

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(41 anni), nata in Etiopia, è stata una delle primissime top africane a sfondare nella moda internazio­nale. Ha girato alcuni film come attrice (tra cui nel 2009 Fiore del deserto, storia della modella Waris Dirie) e ha fondato la linea di moda etica Lemlem, prodotta in Africa.
LIYA KEBEDE (41 anni), nata in Etiopia, è stata una delle primissime top africane a sfondare nella moda internazio­nale. Ha girato alcuni film come attrice (tra cui nel 2009 Fiore del deserto, storia della modella Waris Dirie) e ha fondato la linea di moda etica Lemlem, prodotta in Africa.
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