Tu di che pasta sei?
Integrale e senza glutine, ok. Ma la più cool, oggi, è a base di legumi. Solo per foodie 3.0
variazioni su un tema appetitoso
Fusilli di lenticchie, sedanini di fagioli, caserecce di ceci, spaghetti di piselli. I formati sono quelli classici, ma cambia l’ingrediente doc, la farina, non più di semola di grano duro, ma di legumi. È l’approdo più audace della sperimentazione dei pastai, che rispondono così alle nuove esigenze del gusto. Secondo una ricerca di Whole Food Market sui food trend 2020, le paste alternative sono destinate a diffondersi sempre più, soppiantando la versione tradizionale, a base di grano duro (quello tenero è riservato alla pasta fresca). È sull’impiego esclusivo di grano duro infatti che si fonda la “legge di purezza”, che valuta la qualità della pasta secca, sia bianca sia integrale. Il consumo di quest’ultima - a proposito di cambiamenti - è passato in tre anni dal 36 al 75%: “merito” della dittatura delle diete, certo, ma anche del fatto che è molto più buona di 10 anni fa. Il fattore salute, comunque, ha influito sulla scelta sempre più comune della pasta senza glutine (di riso, mais, avena) il cui successo è stato ingenuamente certificato da Gwyneth Paltrow: da quando la mangia, dice, si sente “più leggera”. Classico effetto placebo, perché a essere privi di grassi sono i maccheroni tradizionali. Così, se in passato la pasta veniva scelta secondo il formato, che non prescindeva dal condimento (ad abbinare le penne col sugo di vongole o il ragù con i tubetti, si rischiava l’anatema dei palati integralisti), oggi non sono solo gli chef stellati a farsi interpreti di trend gastronomici arditi: il cibo è diventato una religione che lascia ampia libertà di culto ai suoi adepti, pronti a esplorare nuove frontiere nutritive. Ma al di là delle trasformazioni, la pasta resta un piatto tipico della nostra storia, non solo culinaria, come certifica Sophia Loren: «Tutto quello che vedete lo devo agli spaghetti». Ma non di ceci.