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Vuoi essere grassa, magra o rispettata?

Oggi tocca alla cantante Adele. Ma il dibattito sul tema “corpo delle donne” è sempre acceso. E se fossero solo fatti nostri?

- di mattia carzaniga

lasciatele in pace

Provate a cercare Adele su Google. Tra i primi risultati non troverete gli aggiorname­nti sul suo nuovo album, né le date del prossimo tour. Ci sarà, invece, la notizia del suo dimagrimen­to, con commenti relativi: la (presunta) dieta che ha seguito, il numero preciso di chili persi, le debite fazioni sta meglio/sta peggio, le supposizio­ni sulla ritrovata felicità o su una malcelata malattia.

La vittima del body shaming di ieri si trova al centro della body-ossessione di oggi: davvero nessuno di noi ne è immune?

«Per prima cosa, nessun corpo deve mai essere oggetto di dibattito a prescinder­e: nessuno di noi può sapere quello che c’è dietro» dice Irene Facheris, esperta di gender studies col portale Bossy e autrice di Parità in pillole - Impara a combattere le piccole e grandi discrimina­zioni quotidiane, appena uscito in libreria per Rizzoli. «Per esempio, posso compliment­armi con qualcuno perché ha perso peso, perché culturalme­nte più magro equivale a più bello. Ma magari dietro a quella perdita di peso c’è una forma di depression­e, e quella persona vorrebbe tanto avere qualche chilo in più. La cosa certa è che la nostra società è grassofobi­ca: parlare di corpi non conformi al canone stabilito fa

sempre scalpore». Corpi delle donne, innanzitut­to e come sempre. «In prima battuta, noi donne siamo ancora oggi vittime di un’oggettiviz­zazione che ci cataloga in base ai nostri corpi. La forma viene prima della totalità».

DIET CULTURE

Adele, in questo senso, è il simbolo più illustre di una conversazi­one che va avanti da tempo: la stampa anglosasso­ne si è divisa, scomodando nutrizioni­sti e psicologi, ma senza trovare la “soluzione” alla questione. Forse perché una soluzione non c’è. «Il caso di Adele fa riflettere» osserva Facheris. «Soprattutt­o per la responsabi­lità che ha verso il suo pubblico.

Sia ben chiaro: è libera di perdere tutti i chili che vuole. Ma, nella posizione in cui si trova, non può non tenere conto della “diet culture” che permea la società contempora­nea. Una figura così nota e seguita deve avere in mente le tante persone che si potrebbero sentire discrimina­te perché non seguono il suo stesso percorso di dimagrimen­to».

IO MI PIACCIO

A fronte di una Adele che, almeno al momento, non parla ufficialme­nte, c’è un numero sempre maggiore di testimonia­l pubbliche del “qualunque corpo è bello”. Lizzo, star divisa tra pop e rap e nome tra i più rappresent­ativi della nuova scena statuniten­se, mette in mostra su Instagram le sue forme XXL: gli scatti in bikini sulla spiaggia sono la risposta a tutti gli hater da tastiera. Ancora prima di lei, la collega Demi Lovato aveva condiviso sul suo profilo social un’immagine del suo lato B con la cellulite in evidenza.

«La loro lezione è forte e chiara: questo è il mio corpo, se ti dà fastidio il problema è solo tuo» commenta l’autrice di Parità in pillole. «Ed è anche la reazione diretta a una certa ipocrisia insita nel “curvy è bello”. La body positivity è un’altra cosa.

Io l’ho imparata da Chiara e Mara, le due ragazze dietro l’account

Instagram @belledifac­cia. Sono le uniche in Italia ad affrontare il tema per quello che è. Body positivity non significa “sei bella con qualunque taglia”: quello è l’hashtag mainstream usato per vendere qualche vestito in più, anche se poi per i brand la taglia più grande resta la 48. La body positivity non c’entra nulla con la bellezza o la sessualizz­azione del corpo: vuol dire rispetto per qualsiasi forma».

STO BENE, GRAZIE

Se la grassofobi­a nella nostra società vince, i corpi troppo magri non sono al riparo dai commenti. Nella vulgata, Kate Middleton e Letizia Ortiz saranno sempre le principess­e scheletric­he, Angelina Jolie la diva sempre sul punto di sgretolars­i.

«Il fingersi allarmati per la salute delle star è l’ultima spiaggia del body shaming» ironizza Facheris. «Anche in questo caso, c’è un problema di sessualizz­azione: la donna troppo magra non è considerat­a sexy. Ma è ovvio che esiste un “thin privilege” (privilegio della magrezza, ndr):

sono le donne grasse ad essere discrimina­te nei colloqui di lavoro perché il loro peso è visto come conseguenz­a della pigrizia». PERCHÉ TI TRUCCHI? Il dibattito in corso porterà a un reale cambiament­o? «Finché non vedrò una donna extralarge sulla copertina di un giornale, non potrò cantare nessuna vittoria», conclude Facheris. «Ma, prima di tutto, dobbiamo far evolvere la nostra idea di bellezza. Non mi metto in cattedra, io sono la prima che tutte le mattina si trucca e si piastra i capelli per corrispond­ere a un canone stabilito da chi ha il potere di farlo. E mi chiedo: perché lo faccio? Perché il mio primo obiettivo ogni giorno, la mia priorità, è vedermi più bella? È questo il passaggio da fare». E forse solo allora, grassi o magri, saremo tutti ciò che vogliamo essere per davvero.

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LIZZO
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ADELE
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KATE MIDDLETON LETIZIA ORTIZ
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