Vuoi essere grassa, magra o rispettata?
Oggi tocca alla cantante Adele. Ma il dibattito sul tema “corpo delle donne” è sempre acceso. E se fossero solo fatti nostri?
lasciatele in pace
Provate a cercare Adele su Google. Tra i primi risultati non troverete gli aggiornamenti sul suo nuovo album, né le date del prossimo tour. Ci sarà, invece, la notizia del suo dimagrimento, con commenti relativi: la (presunta) dieta che ha seguito, il numero preciso di chili persi, le debite fazioni sta meglio/sta peggio, le supposizioni sulla ritrovata felicità o su una malcelata malattia.
La vittima del body shaming di ieri si trova al centro della body-ossessione di oggi: davvero nessuno di noi ne è immune?
«Per prima cosa, nessun corpo deve mai essere oggetto di dibattito a prescindere: nessuno di noi può sapere quello che c’è dietro» dice Irene Facheris, esperta di gender studies col portale Bossy e autrice di Parità in pillole - Impara a combattere le piccole e grandi discriminazioni quotidiane, appena uscito in libreria per Rizzoli. «Per esempio, posso complimentarmi con qualcuno perché ha perso peso, perché culturalmente più magro equivale a più bello. Ma magari dietro a quella perdita di peso c’è una forma di depressione, e quella persona vorrebbe tanto avere qualche chilo in più. La cosa certa è che la nostra società è grassofobica: parlare di corpi non conformi al canone stabilito fa
sempre scalpore». Corpi delle donne, innanzitutto e come sempre. «In prima battuta, noi donne siamo ancora oggi vittime di un’oggettivizzazione che ci cataloga in base ai nostri corpi. La forma viene prima della totalità».
DIET CULTURE
Adele, in questo senso, è il simbolo più illustre di una conversazione che va avanti da tempo: la stampa anglosassone si è divisa, scomodando nutrizionisti e psicologi, ma senza trovare la “soluzione” alla questione. Forse perché una soluzione non c’è. «Il caso di Adele fa riflettere» osserva Facheris. «Soprattutto per la responsabilità che ha verso il suo pubblico.
Sia ben chiaro: è libera di perdere tutti i chili che vuole. Ma, nella posizione in cui si trova, non può non tenere conto della “diet culture” che permea la società contemporanea. Una figura così nota e seguita deve avere in mente le tante persone che si potrebbero sentire discriminate perché non seguono il suo stesso percorso di dimagrimento».
IO MI PIACCIO
A fronte di una Adele che, almeno al momento, non parla ufficialmente, c’è un numero sempre maggiore di testimonial pubbliche del “qualunque corpo è bello”. Lizzo, star divisa tra pop e rap e nome tra i più rappresentativi della nuova scena statunitense, mette in mostra su Instagram le sue forme XXL: gli scatti in bikini sulla spiaggia sono la risposta a tutti gli hater da tastiera. Ancora prima di lei, la collega Demi Lovato aveva condiviso sul suo profilo social un’immagine del suo lato B con la cellulite in evidenza.
«La loro lezione è forte e chiara: questo è il mio corpo, se ti dà fastidio il problema è solo tuo» commenta l’autrice di Parità in pillole. «Ed è anche la reazione diretta a una certa ipocrisia insita nel “curvy è bello”. La body positivity è un’altra cosa.
Io l’ho imparata da Chiara e Mara, le due ragazze dietro l’account
Instagram @belledifaccia. Sono le uniche in Italia ad affrontare il tema per quello che è. Body positivity non significa “sei bella con qualunque taglia”: quello è l’hashtag mainstream usato per vendere qualche vestito in più, anche se poi per i brand la taglia più grande resta la 48. La body positivity non c’entra nulla con la bellezza o la sessualizzazione del corpo: vuol dire rispetto per qualsiasi forma».
STO BENE, GRAZIE
Se la grassofobia nella nostra società vince, i corpi troppo magri non sono al riparo dai commenti. Nella vulgata, Kate Middleton e Letizia Ortiz saranno sempre le principesse scheletriche, Angelina Jolie la diva sempre sul punto di sgretolarsi.
«Il fingersi allarmati per la salute delle star è l’ultima spiaggia del body shaming» ironizza Facheris. «Anche in questo caso, c’è un problema di sessualizzazione: la donna troppo magra non è considerata sexy. Ma è ovvio che esiste un “thin privilege” (privilegio della magrezza, ndr):
sono le donne grasse ad essere discriminate nei colloqui di lavoro perché il loro peso è visto come conseguenza della pigrizia». PERCHÉ TI TRUCCHI? Il dibattito in corso porterà a un reale cambiamento? «Finché non vedrò una donna extralarge sulla copertina di un giornale, non potrò cantare nessuna vittoria», conclude Facheris. «Ma, prima di tutto, dobbiamo far evolvere la nostra idea di bellezza. Non mi metto in cattedra, io sono la prima che tutte le mattina si trucca e si piastra i capelli per corrispondere a un canone stabilito da chi ha il potere di farlo. E mi chiedo: perché lo faccio? Perché il mio primo obiettivo ogni giorno, la mia priorità, è vedermi più bella? È questo il passaggio da fare». E forse solo allora, grassi o magri, saremo tutti ciò che vogliamo essere per davvero.