Fare figli è da supereroi
L’Italia è ufficialmente in recessione demografica: nascono sempre meno bambini (e chi è mamma capisce benissimo il perché). Un film con Mastandrea e Cortellesi ne parla, con ironia e lucidità
una sfida, ogni giorno
Il compleanno nel festificio della periferia romana. Le cene in maschera. Le chat di classe a notte fonda. Le lavagne con i post-it (chi porta chi a scuola, a danza, eccetera). I pianti notturni. La costosa pediatra-psicologa. La sfilata delle babysitter assurde: dalla super tatuata alla ciociara che sa cuocere soltanto l’uovo alla cocca. Nel film Figli (sceneggiato da Mattia Torre - scomparso la scorsa estate - e diretto inizialmente da lui e poi affidato a Giuseppe Bonito) Sara/Paola Cortellesi e Nicola/Valerio Mastandrea sono una coppia di oggi. Si amano. Combattono un corpo a corpo con la vita, decisi a restare uniti, ma il figlio numero due, Pietro, rischia di metterli ko. Che eroismo fare il bis! Quando comunicano la (bella) notizia a un amico, lui li guarda con aria compassionevole: «Mi dispiace, mi dispiace… Ve l’avevo detto di fermarvi a uno!». Figli è una riflessione profonda, dolente, attuale, sul peso e sulla scommessa di costruire una famiglia in un ecosistema ostile. Molti si riconosceranno. «Io mi sono ritrovata in tutto» ammette Paola Cortellesi, «e ho riso di me stessa». «Quando è nato mio figlio» dice Mastandrea, «mi è parso un bulldozer che buttava giù il palazzo nel quale avevo abitato per 38 anni». Alla base del film, c’è il monologo scritto da Mattia Torre I figli invecchiano, diventato virale con le sue crudeli verità: «Arrivano al mondo e mettono fine a quella stagione di aperitivi, feste e possibilità che ti sembravano il senso stesso della vita». Forse per questo se ne fanno così pochi? Cerchiamo di capire.
MAI COSÌ POCHI BEBÈ
L’Italia è ufficialmente in recessione demografica. Pochissime nascite: 464mila nel 2017 e 439mila nel 2018. «Un vero e proprio calo di cui si ha memoria soltanto tornando indietro di un secolo, al biennio 1917-1918, un’epoca segnata dalla Grande Guerra e dai drammatici effetti dell’epidemia dell’influenza spagnola» spiega il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo. Al momento siamo tra le nazioni con le culle più vuote del mondo,
fanalino di coda in Europa assieme alla Spagna. L’indice di fecondità, cioè il numero di figli per donna in età fertile, è un risicato 1,34. Per Eurostat, se non si inverte la tendenza, nel 2050 avremo appena 375mila neonati, e la famiglia italiana sarà ridefinita: tre quinti dei bambini non avranno fratelli, cugini, zie e zii, ma solo genitori, nonni e bisnonni. Abbiamo parecchi record che fanno riflettere. Per esempio, le prime gravidanze a 31 anni e 8 mesi (contro i 23 delle olandesi) e un 8% di mamme quarantenni. «Siamo passati dal timore di figli indesiderati al calo drastico della natalità» osserva Michela Rosati, psicologa e psicoterapeuta: «Un bambino viene rinviato dopo gli studi, la carriera, la casa. Per ragioni economiche, certo, ma anche per un’idea di onnipotenza governata dalla medicina: prima si moriva di parto, ora c’è chi a 25 anni si fa congelare gli ovuli». Eppure la volontà, almeno teorica, c’è: meno del 5% non include i figli nel proprio progetto di vita, l’altro 95% li vorrebbe. Ma la realtà è diversa. Una ricerca realizzata per Facile.it da mUp Research, fa i conti in tasca alle coppie: il primo bebè costa in media 7.000 euro, fra la gravidanza e la prima candelina. Negli scorsi 36 mesi, 210.000 neo genitori sono stati costretti a chiedere un prestito. È chiaro che a queste condizioni ci pensi due volte.
FAMIGLIE PICCOLE E SOLE
La sociologa Chiara Saraceno ha dedicato diversi libri ai cambiamenti che ci hanno stravolto la vita (come L’equivoco della famiglia), e in sintesi dice: all’aumento dell’occupazione femminile, alla riduzione della fecondità e alla polverizzazione dei nuclei familiari (nel film, i nonni rifiutano di dedicarsi al nuovo nipote) non corrispondono politiche di sostegno adeguate. In questo periodo è allo studio del governo la proposta di allungare il congedo di astensione obbligatoria dal lavoro per i neogenitori a sei mesi, di cui uno verrà utilizzato dai papà. Ma c’è moltissimo altro da fare per aiutarci a conciliare lavoro in casa e fuori e allontanare i rischi di povertà per chi osa andare oltre il figlio unico. Se nel Novecento i baby boomers hanno dato impulso alla crescita anche sul piano economico,
«la situazione di oggi potrebbe svolgere un effetto frenante» nota Blangiardo. «Viene da chiedersi se siamo - e saremo - un popolo che guarda avanti e investe sul futuro».
DI DOMAN NON C’È CERTEZZA
Ma potrebbe andare anche peggio. A ridurre l’impatto delle culle vuote, per ora, ci sono i migranti: abbiamo 991mila minorenni, figli di stranieri nati in Italia. Dietro i numeri della crisi e il groviglio di leggi, c’è quella che lo psichiatra Vittorino Andreoli chiama “età dell’incertezza” (Homo incertus è il suo ultimo libro, appena uscito per Rizzoli): non sai se il lavoro durerà, se la coppia durerà, se potrai dare ai figli cure mediche, istruzione, prospettive. La faccia di Nicola/ Mastandrea al momento di pagare l’esorbitante conto in farmacia è più eloquente di qualsiasi statistica.