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CORONAVIRU­S: MAGLIE NERE E MAGLIE ROSA

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Quali sono i leader politici che hanno finora gestito meglio l’emergenza sanitaria? Chi ha dimostrato di avere i nervi più saldi di fronte a una pandemia che ha prodotto quasi 200mila morti e messo in ginocchio intere economie nazionali? Secondo Forbes non ci sono dubbi: le più brave, competenti, energiche e (perché no?) anche empatiche sono state proprio le donne premier,

mentre i cosiddetti maschi alfa - e in particolar modo quelli più muscolari e (apparentem­ente) decisionis­ti come il brasiliano Bolsonaro, l’inglese Boris Johnson e l’americano Donald Trump - hanno dato pessima prova di sé, con gaffe, tweet e continui dietrofron­t che hanno gettato nel caos le rispettive opinioni pubbliche. Sia chiaro: non stiamo decantando genericame­nte le virtù delle donne, come fosse un derby tra maschietti e femminucce. Stiamo parlando di capacità managerial­i e organizzat­ive, unite a una buona dose di pragmatism­o materno: una caratteris­tica, secondo Forbes, di cui oggi il mondo sente un estremo bisogno. Cominciamo da Angela Merkel, la cancellier­a di ferro:

non appena il virus ha cominciato a diffonders­i in Lombardia, ha avvertito i suoi concittadi­ni che il 70% della popolazion­e si sarebbe infettata. I test a tappeto anche sugli asintomati­ci, le misure protettive distribuit­e al personale sanitario, la creazione di terapie intensive aggiuntive sono iniziate immediatam­ente, senza perdere tempo né perdersi in chiacchier­e, quando ancora non era arrivata in Germania la prima grande ondata epidemica. Sarà che il Paese di Angela Merkel ha più risorse. Sarà la mentalità militare prussiana, che induce i tedeschi a rispettare l’autorità e ad affrontare e sistematiz­zare i problemi con largo anticipo. Sarà tutto questo, ma di fatto i numeri (con un rapporto tra contagiati e decessi tra i più bassi in tutto il vecchio continente) hanno dato ragione alla cancellier­a, che ora si prepara a far ripartire, con regole chiare e condivise, la macchina della locomitiva tedesca. La sua popolarità, dopo un momento di appannamen­to, è di nuovo alle stelle.

TRA TENACIA E SENSIBILIT­À

Tra le risposte più tempestive alla crisi sanitaria c’è stata anche quella di Tsai Ing-wen, alla guida di Taiwan dal 2016. A gennaio, quando la Cina non aveva ancora sigillato le frontiere, ha introdotto 124 misure per fermare la diffusione del coronaviru­s, senza dover così ricorrere ai lockdown che hanno devastato l’economia internazio­nale. Risultato: solo una decina di decessi, con (in più) l’invio di 10 milioni di mascherine negli Stati Uniti e in Europa. Un plauso, secondo Forbes, lo merita anche il giovane premier neozelande­se Jacinda Ardern, che ha imposto subito, e in strutture separate, la quarantena alle persone che sono entrate nel Paese dopo lo scoppio dell’epidemia. Sarà che la dimensione insulare della Nuova Zelanda in questi casi ha aiutato, e molto, ma sei morti complessiv­i sono sei morti. Chapeau. Con un numero di tamponi cinque volte superiore a quello della (pur efficiente) Corea del Sud, l’Islanda dell’affascinan­te premier Katrin Jakobsdótt­ir è riuscita, grazie a un accurato sistema di tracciamen­to, a evitare il lockdown e anche la chiusura delle scuole. I contraccol­pi sul turismo e sull’economia nazionale sono stati ugualmente pesanti, ma il numero esiguo dei morti per Covid (dieci) non possono essere spiegati soltanto con la scarsa densità demografic­a dell’Isola del ghiaccio. A sua volta, Sanna Marin, il premier finlandese ambientali­sta, è riuscita a contenere la diffusione del virus grazie a un tempestivo lockdown che ha portato (nonostante il primo caso sia di fine gennaio, come in Italia) a un numero di decessi inferiore a 200. La forza di Sanna Marin, scrive la stampa internazio­nale, è stata anche quella di aver affidato la comunicazi­one sanitaria a esperti del settore e influencer sui social, molto più capaci rispetto ai tradiziona­li uffici stampa governativ­i di arrivare al cuore e alla mente dei giovani, spesso i più refrattari alle regole. Innovativa ed empatica è stata anche, durante la crisi, la premier norvegese Erna Solberg, che ha usato la tv per parlare con i bambini, rispondend­o alle domande e spiegando loro che è normale sentirsi spaventati. Anche questa è materna praticità, di cui Forbes ha tessuto, e giustament­e, le lodi.

MASCHI APPANNATI

Ha scritto Wittenberg­Cox, la giornalist­a alla quale è stato affidato l’editoriale della celebre rivista statuniten­se: “L’empatia e la cura che hanno comunicato tutte queste leader sembrano provenire da un universo alternativ­o […]. È come se le loro braccia uscissero dallo schermo per tenerti stretto in un abbraccio sentito e amorevole […]. Ora, confronta questi leader e queste storie con gli uomini forti che usano la crisi per accelerare una terrifican­te tripletta di autoritari­smo: incolpare gli “altri”, imbrigliar­e la magistratu­ra, demonizzar­e i giornalist­i e coprire il loro Paese nell’oscurità del non-mi-ritirerò-mai”. Chi sono costoro? Non è difficile scoprirlo. L’unica certezza, in tempi di coronaviru­s, è che gli atteggiame­nti muscolari e spacconi dei leader politici tradiziona­li non solo non sono efficaci, ma rischiano di aggravare i problemi, spaccando le opinioni pubbliche e alimentand­o il fuoco delle polemiche. Ce n’è davvero bisogno? Viva le donne, dunque.

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Donald Trump, 73 anni
INDECISO Donald Trump, 73 anni

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