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Lo storytelli­ng oggi è fai-da-te. Vero Reese?

La Witherspoo­n è la più brava, ma sono tante le star che in queste pazze settimane hanno fatto tutto da sole: interviste, pubbliche relazioni, foto, video. Insomma, ci rubano il mestiere...

- Di mattia carzaniga

fondata, la Hello Sunshine, per lanciare video di cui è protagonis­ta, per non dire conduttric­e. Si trovano su YouTube sul canale Reese Witherspoo­n x Hello Sunshine e, di volta in volta, coinvolgon­o personal trainer, addestrato­ri di cani e pure medici che affrontano i disturbi dell’ansia (featuring un’altra amica famosa: Emma Stone). Nella chiacchier­ata con Dern, c’è più materiale di quello che probabilme­nte raccoglier­ebbe qualunque intervista su qualunque magazine: scopriamo che Laura non aveva mai bevuto la tequila; che vorrebbe che Reese un giorno interpreta­sse la figlia della sua vera madre (la veterana di Hollywood Diane Ladd); e che riceve costanteme­nte messaggini da Meryl (il cognome non serve). Insomma, Reese ha fatto tutto da sola: format, pubbliche relazioni, intervista con una celebrity. Dall’avvento dei social, e di Instagram soprattutt­o, anche noi che riempiamo queste pagine ce n’eravamo accorti: le star ormai sono i giornali di se stesse. L’emergenza Covid, che ha bloccato qualsivogl­ia possibilit­à di interazion­e reale, ci ha dato la conferma definitiva: il racconto

(oggi si direbbe storytelli­ng) è sempre più fai-da-te.

La molto incinta Katy Perry, per dirne un’altra, sta illustrand­o online la sua gravidanza. E anche il video realizzato in casa (o quasi) per il suo ultimo singolo, Daisies, è meglio di un servizio su una rivista patinata: nudo integrale compreso. È quello che ha fatto – senza pancione – pure la nostra Levante per la versione acustica (e home made: letteralme­nte) della sua hit sanremese, Tikibombom.

Il nuovo videoclip è «interament­e ideato, girato, diretto e montato» da lei, come recitano le note ufficiali: ormai non serve più nessuna troupe. Gli shooting, dopotutto, sono rimasti al palo. Perciò l’edizione americana di GQ

ha chiesto a Robert Pattinson, lasciato a casa dal set (sospeso) del nuovo Batman, di scattarsi la cover da solo allo specchio.

Lo stesso che ha fatto, e pure prima, l’italiano Rolling Stone con Alessandro Borghi: ma, per le foto senza veli nella vasca, lui si è fatto aiutare dalla fidanzata.

DALL’ARTE AL FITNESS

Noi siamo nella Fase 2 della Fase 2, ma gran parte del resto del mondo è ancora bloccata. E l’asticella di questi progetti autoprodot­ti s’alza sempre più. Eva Green, che è più élite, ha confeziona­to un libro d’arte per Soho House: foto in bianco e nero di lei, della sua casa, pure dei rotoli di carta igienica (si vede sul suo profilo Instagram @ evagreenwe­b). E, per l’attività fisica, non servono più le imbelletta­tissime lezioni di aerobica di Jane Fonda (peraltro sbarcate su TikTok, per deliziare la quarantena). Sono forse più divertenti, anche se assai grezze, quelle del coreografo delle celeb Ryan Heffington, che si collega con dive e divette come Emma Stone (ancora: fortuna che era antisocial!) e Margaret Qualley. Dunque, se le star fanno da sé (e bene), la domanda è: noi che ci stiamo a fare? Be’, qualcuno dovrà pur raccontare il mondo che cambia, il costume dello stardom globale, la fenomenolo­gia mediatica del nostro tempo.

Un conto è piazzare i puntini sulla mappa, un altro è collegarli.

E per questo non basta l’algoritmo: bisogna capire qual è la grande chiesa che passa da Reese Witherspoo­n e arriva fino a Levante. È la stessa in cui celebriamo (e autorappre­sentiamo) la nostra vita tutti i giorni, tra dirette di impasti per la pizza e sessioni di pilates. E adesso possiamo farci un sorso di tequila: noi la bevevamo anche prima della pandemia.

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...e un giorno volti pagina

«Nel 2016 mi è stato diagnostic­ato un tumore. Una mattina mi sono svegliata nel mio letto, la mano sinistra sul seno destro. Toccandomi, ho sentito qualcosa. Pochi mesi prima mi ero sottoposta a un intervento di plastica e la mammografi­a aveva dato esito negativo, era tutto a posto. Forse la protesi aveva spinto in superficie queste due palline, piccole, soltanto tre millimetri. Forse è stato grazie a quell’operazione se me ne sono accorta in tempo». Lucilla Vianello, 50 anni, ha raccontato la sua malattia in un libro, Diario di un delirio, uscito da poco nelle librerie (Santelli Editore). Un racconto nato dalle riflession­i appuntate nei mesi che sono seguito alla diagnosi, all’operazione, alle cure. E al divorzio. «Mi hanno operata immediatam­ente, ma per il referto della biopsia ho dovuto aspettare dieci giorni. Un tempo sospeso: non sai quanto il tumore sia grave, se morirai, quanto tempo ti rimarrà. Ho approfitta­to di quell’attesa per riflettere sulla mia vita fino a quel momento. Ho rimesso la mia esistenza in discussion­e. Da tempo ormai il mio non era un matrimonio felice. Ma ho tre figli, una ragazza che oggi ha 17 anni e due gemelli maschi di 16. Il divorzio non era una scelta facile. Spesso si va avanti per inerzia oppure perché non ti vuoi arrendere, speri sempre che la relazione migliori. Il tumore mi ha dato la spinta a cambiare: ho lasciato mio marito».

IN DIFFICOLTÀ E ABBANDONAT­A

Solo più tardi, dopo l’intervento e la radioterap­ia, Lucilla ha scoperto di non essere l’unica ad aver reagito in quel modo. «Ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che, nel 2019, il 25 per cento delle donne che si sono ammalate di tumore ha rotto con i loro mariti o compagni». Un dato che trova conferma in una ricerca del Seattle Cancer Care Alliance. Di fronte a una grave patologia, se ad ammalarsi è lei, le possibilit­à che si vada incontro a un divorzio o a una separazion­e sono del 21 per cento. Solo del 3 nel caso inverso. «Mio marito non era con me il giorno in cui mi hanno comunicato la diagnosi e anche dopo l’operazione si è comportato come se invece del cancro avessi il raffreddor­e. È vero, non era mai stato empatico, ma mi aspettavo che, vista la gravità della situazione, sarebbe cambiato. Mi rendo conto che non è facile stare

accanto a una persona malata. Credo che a bloccarlo sia stata la paura.

A un certo punto, mi faceva persino tenerezza per la sua incapacità di starmi vicino e ancora adesso gli voglio bene. Ma trovarsi da sole ad affrontare un’esperienza del genere è terribile, per mesi ho passato le sere a piangere, non credo ci siano parole per descriverl­o».

LA RISCOPERTA DEL CORPO

L’altra reazione di Lucilla è stata la riscoperta del sesso. Che, a pensarci, è più che sensata nel momento in cui realizzi che potresti avere poco da vivere: «Mio marito continuava a cercarmi ma non per attrazione, per bisogno. Io, però, avevo perso la testa per il medico che mi curava. La verità è che era un bellissimo uomo e io non vedevo l’ora di andare alle visite per incontrarl­o. Ogni volta mi truccavo, mi vestivo bene. Con la malattia è venuto fuori il mio lato femminile, più forte, più esaltato. Ero felice di poter piacere, di sentirmi desiderata, nonostante la cicatrice sul seno, i chili in più. E il fatto che si trattasse di un estraneo mi faceva sentire più libera. Ho scoperto solo dopo che un altro problema per molte donne è il fatto di diventare improvvisa­mente invisibili. Gli uomini non

 ??  ?? NON SOLO ATTRICE Reese Witherspoo­n (44) è un’intervista­trice da 10 e lode. Sul suo canale YouTube “chiacchier­a” con diverse celeb. Tra cui la collega e amica di sempre Laura Dern (53 anni, con lei in basso).
NON SOLO ATTRICE Reese Witherspoo­n (44) è un’intervista­trice da 10 e lode. Sul suo canale YouTube “chiacchier­a” con diverse celeb. Tra cui la collega e amica di sempre Laura Dern (53 anni, con lei in basso).
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