Jamie Foxx La mia lotta per il bene e contro il razzismo
Ha girato il film dei suoi sogni, Jamie Foxx. Perché ancora oggi, anche negli Stati Uniti, il colore della pelle ha un peso
dell’omicidio di una ragazza. Oltre alla sua, ci sono storie come quelle di Herb Richardson (Rob Morgan), in attesa di finire sulla sedia elettrica per aver fatto saltare in aria una donna. Attorno al braccio della morte ruotano poi un procuratore distrettuale che si batte per la colpevolezza e la condanna di Walter e un’attivista locale (Larson). Battaglie legali e razzismo sono i grandi temi del film. Proprio mentre in questi giorni l’ex presidente Barack Obama richiama il “razzismo strutturale” e (senza menzionarlo) il caso di Ahmaud Arbery, il jogger nero ucciso in Georgia da un ex poliziotto e suo figlio. Credevano fosse un ladro.
«Me l’ha proposta Michael B. Jordan che conosco da quando ero ragazzino e di cui mi fido ciecamente. Michael ha gli occhi di uno che conquisterà il mondo. Ha la magia dentro. Mi ha detto: “Hai l’anima giusta per questa parte, vorrei che recitassi al mio fianco”. Mi sono documentato, ho letto il copione scritto da Destin Daniel Cretton e ho capito che queste storie, oggi più di ieri, vanno raccontate e divulgate. Una grande lezione di umiltà, un viaggio nel passato: vengo da Terrell, Texas, profondo Sud; la questione razziale io la porto scritta sulla pelle. Sono un black. Ancora oggi ho la sensazione di essere libero solo tra le pareti di casa. Non appena apro la porta, il mood cambia. Sento che potrebbe succedermi di tutto. Non importa se sei ricco, famoso, di successo. Sei nero. Punto».
«Mio padre. È stato in prigione. Ricordo il suo senso di solitudine e lo spaesamento di un uomo che cammina avanti e indietro e si domanda continuamente: “Perché io?”. Le minoranze, quella afroamericana in primo luogo, sono particolarmente colpite.
È un triste primato, quello americano. Me ne sono fatto un’idea visitando il famoso istituto di pena San Quintino».
«Se rispondo che l’ho violata, poi devo assumermene la responsabilità (ride). Gli artisti sono un po’ tutti fuorilegge, comunque». «Dal mio maestro. L’inimitabile Quincy Jones. Ricordo quel primo incontro: lui seduto in casa mia mentre racconta com’è lavorare assieme a Barbra Streisand. Ho ancora i brividi a ripensarci».
«Per il bene. Ammiro mia sorella, DeOndra Dixon. Ha la sindrome di Down, è una ballerina straordinaria.